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Se una ragazza non mangia per paura di soffocarsi

La storia di Roberta descrive l'ARFID, un nuovo disturbo del comportamento alimentare diffuso anche tra i ragazzi che appare più complesso rispetto all'anoressia

Se una ragazza non mangia per paura di soffocarsi

Ho visto di recente Roberta, una ragazza quindicenne che, dopo il grande spavento per un boccone andato di traverso, ha cominciato a preoccuparsi molto per il cibo. La mamma, più preoccupata della figlia, raccontava «che ha iniziato a fissarsi sulla pasta, perché era di pastasciutta il boccone che l’ha quasi soffocata. Ma da lì la fissa è andata avanti, prima sui cibi da masticare tanto, come la carne non macinata; oggi è fissata su quasi tutto e mi mangia giusto quelle 3 o 4 cose».  

Il mio primo pensiero è andato ad una delle cosiddette “nuove diagnosi” di Disturbo Alimentare descritte nel DSM-5, l’enciclopedia dei disturbi mentali di cui abbiamo già parlato nei primi post: il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’Assunzione di Cibo, meglio conosciuto come ARFID, ovvero Avoidant/RestrictiveFoodIntakeDisorder. Cosa succede nell’ARFID? I ragazzi o le ragazze - diversamente dall’anoressia in cui sono quasi tutte femmine, nell’ARFID sono metà maschi e metà femmine - sono seriamente sottopeso, faticano a crescere, dipendono da supplementi nutrizionali per poter tirare avanti e, soprattutto, hanno un modo di mangiare, selettivo ed apparentemente “capriccioso”, che interferisce moltissimo con la loro vita sociale e scolastica. Quindi un malessere ben più ampio e complesso dei bambini “capricciosi e schizzinosi” a tavola, che fanno disperare le mamme ma che crescono comunque in salute.

Cosa differenzia l’ARFID dall’Anoressia Nervosa? Il fatto che i giovani pazienti non rifiutano il cibo sulla base di una preoccupazione per il peso o per il corpo, ma sulla base di altri pensieri o preoccupazioni (tra le più frequenti: la paura delle conseguenze fisiche del mangiare; la paura di soffocare o di avere un’indigestione; la paura delle caratteristiche sensoriali del cibo, come un certo sapore, colore, o più spesso, di una certa consistenza; o, infine, una più generica mancanza di interesse per il cibo). Nel caso di Roberta, affetta da una forma iniziale di ARFID da paura di soffocamento, la cura deve essere sia nutrizionale sia psicologica: bisogna aiutare la ragazza a crescere di peso e, contemporaneamente, bisogna aiutare la ragazza ed i familiari a gestire l’ansia e le emozioni negative che un rifiuto del cibo suscita sempre con grande potenza. 

Il mio secondo pensiero è andato alla frase «Mi mangia 3 o 4 cose». Chissà perché molte mamme dicono “mi mangia” e non “mangia”, come se il mangiare dei figli fosse per loro un fatto personale. In effetti molte madri sentono il rifiuto del cibo dei figli come un rifiuto del loro ruolo di mamma e, dall’altra parte, molti figli fanno fatica a tradurre in parole i sentimenti di rabbia, disappunto o delusione e “trasportano” questi sentimenti sul rifiuto del cibo. In conclusione, un consiglio per le mamme: se i vostri figli rifiutano il cibo al punto di dimagrire moltissimo e di non crescere più, rivolgetevi ad un’equipe specializzata in disturbi alimentari dell’adolescente, esattamente come fareste per un sospetto di anoressia nervosa. Se invece i vostri figli crescono bene ma vi fanno impazzire con «questo non lo voglio, quello non mi piace più, quest’altro lo mangerei ma con sopra quella cosa verde non lo voglio più», non prendetela come un fatto personale e cercate di domandare ai vostri figli «che cos’è che non gli va giù». Se pensiamo alle metafore del linguaggio comune, tante espressioni di rabbia hanno ha che fare con le funzioni nutritive e digestive: come se la pancia cercasse di dire «mi stai sullo stomaco», «quella cosa che hai detto non mi va giù» o, addirittura, «mi fai vomitare».

Stefano Erzegovesi
@erzegos 



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