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La storia di Louis Pasteur

A duecento anni dalla nascita di Pasteur, un dettagliato racconto delle principali scoperte ad opera dello scienziato francese

La storia di Louis Pasteur

Duecento anni fa -il 27 dicembre 1822- a Dole, nella regione della Borgogna-Franca Contea in Francia, nacque Louis Pasteur. Universalmente considerato il padre della moderna microbiologia, ossia quella branca della biologia che studia la struttura e le funzioni dei microrganismi, cioè di tutti quegli organismi viventi (unicellulari, pluricellulari o acellulari) non visibili a occhio nudo, siano essi batteri, virus, funghi, lieviti, alghe o protozoi. «Ma definirlo “solamente” il padre della microbiologia è persino riduttivo», spiega Duccio Cavalieri, Professore Ordinario di Microbiologia presso l’Università di Firenze, «Pasteur è stato uno scienziato straordinario, forse il più grande microbiologo di tutti i tempi. Un uomo che, con un’agilità incredibile, passava dalle ricerche in ambito agrario a quelle nel settore strettamente medico. E’ stato un filosofo, un cultore della scienza teorica e applicata. Uno studioso affascinate perché dominato da un’intuizione che arrivava prima della razionalità e con essa faceva i conti in maniera magistrale, contrazioni incluse, tipiche dello “scienziato vero” che intuisce, dubita, sperimentale e osa». Pasteur trascorse infatti la propria esistenza realizzando scoperte fondamentali per la storia della medicina e per la scienza che vanno dalla fermentazione dei batteri alla genesi delle malattie infettive; da come combatterle attraverso i i vaccini a come rendere sterili i cibi grazie al processo di pastorizzazione che proprio a lui deve il nome.

UN SALTO QUANTICO NEL MODO DI PERCEPIRE LA REALTÀ

Nato quando la scienza era permeata di superstizioni e credo religiosi che cercavano di spiegare l’origine della vita, prima di morire nel 1895, Pasteur lasciò ai suoi allievi una sorta di monito: «Vi prego di interessarvi attivamente a quegli spazi sacri chiamati laboratori. Chiedete che ve ne siano molti altri e che siano belli perché sono i templi del futuro, della vera ricchezza e del benessere. È qui che l’umanità crescerà, si rafforzerà e si migliorerà. Qui l’umanità imparerà a interpretare l’opera nella natura come progresso e armonia individuale, mentre le opere dell’uomo portano troppo spesso alla barbarie, al fanatismo e alla distruzione». Fu dunque il suo un approccio straordinariamente innovativo, oltre che antesignano di tempi futuri, a medio e lungo termine. «Un'altra sua altra affermazione, ossia quella stranota “Non esiste la scienza applicata, esistono solo le applicazioni della scienza, che stanno alla scienza come i frutti stanno all’albero che li porta”», prosegue Cavalieri, «ci dà un’idea molto precisa della sua percezione ante litteram dell’importanza del valore della ricerca e della conoscenza, alla base di tutte le successive possibili applicazioni concrete. E’ un’intuizione che dovrebbe guidarci oggigiorno e dovrebbe essere pure alla base delle scelte politiche, oltre che scientifiche in senso stretto».

I FERMENTI, CIOÈ I LIEVITI, I BATTERI ANAEROBI E LA PASTORIZZAZIONE

Pasteur iniziò, quando era ancora studente, a studiare l’acido tartarico, contenuto nel mosto d’uva. Intuì alcune sue particolari proprietà ottiche e strutturali scoprendo così l’asimmetria molecolare che è uno dei caratteri distintivi di molte molecole degli organismi viventi. Dopo questi primi studi, una distilleria gli chiese di eliminare le impurità presenti nel vino. Fu questa l’occasione per Pasteur di osservare per primo l’origine della formazione di alcol nel vino e nella birra, dovuta allo sviluppo di cellule molto particolari che Pasteur chiamò fermenti. Si tratta, più precisamente, di quelli che noi conosciamo come lieviti. L’osservazione diretta della crescita di questi microrganismi portò lo scienziato a fare un ulteriore importantissimo passo: negare l’origine spontanea della vita e formulare la teoria dell’origine germinale dell’esistenza. Il che significa che la vita nasce da una cellula già esistente, riproducendosi poi in un numero immenso di cellule. Pasteur si accorse, nel contempo che i fermenti potevano riprodursi anche in assenza di ossigeno, portando alla liberazione di anidride carbonica e alla produzione di alcol etilico. La scoperta di vita senza ossigeno riguardò numerosi altri microrganismi in grado di determinare anche malattie estremamente pericolose come, ad esempio, la setticemia e la cancrena. Pasteur definì questi batteri, anaerobi. I batteri aerobi erano invece quelli che richiedono ossigeno per sopravvivere. «Intanto Pasteur», spiega Cavalieri, «proseguiva con le sue sperimentazioni sul mosto e fece una nuova scoperta. Si accorse che, a volte, capitava che la fermentazione si bloccasse perché esistevano alcuni batteri capaci di inibire la crescita dei lieviti del vino. Quando, invece, tutto procedeva per il meglio, era grazie ai lieviti che producono etanolo, innescando così una guerra chimica contro i batteri. Se nel 1837 Cagnard Latour associò il lievito alle fermentazioni, fu grazie e Louis Pasteur nel 1857 che il lievito diventò il protagonista assoluto della fermentazione alcolica.». Pasteur osservò inoltre che, a differenza dei lieviti, questi batteri morivano scaldando il mosto a 55 °C per alcuni minuti. Questa tecnica, chiamata pastorizzazione, o pasteurizzazione, viene usata attualmente per conservare per alcuni giorni alimenti, come il latte, senza sottoporli al più aggressivo processo di sterilizzazione. «Riguardo i batteri, inoltre», spiega Cavalieri, «Pasteur, grazie al suo incredibile intuito, comprese che non tutti sono da eliminare, ma che esistono batteri “buoni” e batteri “cattivi” e che è fondamentale eliminare i patogeni in eccesso. Anche questo un guizzo dell’intuito che sarà alla base dei successivi studi nell’ambito del microbioma, pure a distanza di decenni e decenni».

LA SFIDA DELLE MALATTIE INFETTIVE

Premesso che una delle principali cause di morte nella storia umana e degli animali è legata alla presenza delle malattie infettive, Pasteur se ne occupò e anche parecchio e pure con risvolti, di nuovi, esclatanti. Iniziò dallo studio delle malattie che colpivano gli animali. E non a caso, anche per ragioni strettamente economiche. Nella seconda metà dell’Ottocento in Europa, infatti, insieme all’industria del vino, la produzione della seta, grazie ai bachi, costituiva una delle maggiori attività produttive. La crescita dei bachi da seta, però, era spesso ostacolata da malattie improvvise e che, facilmente, si trasmettevano da una filanda all’altra. Pasteur identificò alcuni ceppi di batteri che infettavano le uova dei bachi da seta ed erano la causa evidente di queste devastanti epidemie che mettano in ginocchio la produzione della seta. Ma come eliminare questi batteri? Pasteur scoprì tre differenti modalità: 1) mediante il passaggio dei liquidi contenenti i batteri attraverso filtri molto fini, 2) attraverso l’ebollizione a 100 °C, 3) utilizzando sostanze per loro tossiche. Le scoperte di Pasteur furono l’incipit di una metodologia fondamentale per diminuire esponenzialmente le morti in sala operatori. Il chirurgo inglese, Joseph Lister, mise infatti a punto metodi per ottenere l’asepsi (la perfetta sterilizzazione) del materiale chirurgico.

IMMUNITÀ E VACCINI

Le ricerche di Pasteur sulle malattie degli animali cambiarono il corso della storia della medicina perché posero le basi degli studi sul sistema immunitario, cioè sui meccanismi di interazione tra le difese del nostro organismo e gli agenti esterni. Fu proprio grazie a queste ricerche che si arrivò alla scoperta e definizione del concetto di vaccinazione. Complice fu l’infezione del colera nei polli. Per errore, un suo allievo ne contagiò alcuni con una coltura di batteri conservati male e quindi meno attivi. Ma Pasteur verificò che, non solo questi polli non si erano infettati, ma quando lo scienziato fece di tutto per contagiarli con una coltura fresca di batteri, i polli erano diventati resistenti (immuni) all’infezione. Pasteur concluse così che il contatto dell’organismo con microrganismi meno vitali generasse una resistenza e, qualora l’organismo sopravvivesse a una prima infezione, tale difesa sarete diventata permanente. Era evidente che per ottenere resistenza (immunità) alle infezioni, fosse necessario diminuire la capacità infettiva dei batteri e inoculare quei batteri inattivi negli organismi da proteggere. Questo metodo, definito da Pasteur stesso vaccinazione, fu utilizzato subito e con successo per vincere l’antrace (una grave infezione acuta causata dal batterio Bacillus anthracis) nelle mucche. Fu poi la volta del tetano (grave malattia infettiva acuta non contagiosa causata dal batterio Clostridium tetani), tramite l’inoculazione del batterio “attutito” in persone sane. E, a seguire, la vaccinazione contro il virus della rabbia virus che può causare nell’uomo una grave malattia infettiva, ma in natura è soprattutto diffuso tra cani, gatti, volpi, roditori selvatici, nei quali è mortale. Il suo allievo Èmile Roux aveva osservato che infezioni ripetute del tessuto nervoso del coniglio con questo virus ne attenuavano la virulenza. Pasteur riuscì addirittura a salvare la vita di un bambino che era stato morso da un cane rabbioso. A ricordo di quella scoperta Pasteur fondò un istituto di ricerca nel 1888 a Parigi per lo studio e la cura delle malattie infettive. Lo diresse fino alla morte, avvenuta nel 1885. L’Istituto Pasteur a Parigi è tuttora un punto di riferimento mondiale della ricerca biologica e una sorta di “cattedrale” per lo studio di vecchie e nuove malattie infettive.



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