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Oncologia

Tumore al seno e linfedema: i benefici del sollevamento pesi

L’esercizio fisico, in particolare l’allenamento con i pesi, è sicuro e vantaggioso per le donne con linfedema dopo il tumore al seno. Un nuovo studio pubblicato su JAMA Network Open potrebbe cambiare le regole della riabilitazione

Oggi, grazie ai progressi della diagnosi precoce e delle terapie, il numero di donne che sopravvive a un tumore al seno è in costante aumento. Questo rende fondamentale migliorare la qualità della vita nel lungo termine, affrontando anche le complicanze croniche come il linfedema.

Il linfedema, ossia il gonfiore cronico del braccio causato da un accumulo di liquidi linfatici, è una delle complicanze più temute dopo il trattamento del tumore al seno. È causato da un'alterazione del drenaggio linfatico, spesso legata alla rimozione o al danneggiamento dei linfonodi durante la chirurgia o la radioterapia. Può manifestarsi anche a distanza di mesi o anni dalla fine dei trattamenti, e se non gestito correttamente può diventare irreversibile. Colpisce fino al 25% delle donne sottoposte a svuotamento ascellare e può compromettere la qualità della vita, limitando movimenti e causando dolore.

Per anni si è erroneamente creduto che sollevare pesi potesse causare un peggioramento del quadro clinico dei pazienti con tumore al seno, incluso il linfedema. Una recente ricerca condotta presso l’Allegheny Health Network negli Stati Uniti, però, suggerisce che questo approccio potrebbe essere superato, sottolineando il ruolo fondamentale che oggi l’esercizio fisico ricopre nei pazienti oncologici. 

LO STUDIO: FORZA E SICUREZZA

 Il dottor Shamsesfandabadi e il suo team ha seguito 115 donne sopravvissute al tumore al seno, con un’età media di 54 anni (range 24-71). L’83% aveva subito una biopsia del linfonodo sentinella, mentre il 12% era stata sottoposta a dissezione linfonodale ascellare, condizione che aumenta significativamente il rischio di linfedema.

Tutte le partecipanti hanno preso parte a un programma di allenamento fisico della durata di tre mesi, con tre sedute settimanali. Il protocollo prevedeva esercizi contro resistenza multiarticolari come squat, trazioni con TRX, sollevamenti con bilanciere, flessioni e stacchi con barra esagonale, strutturati per aumentare progressivamente la forza e la massa muscolare degli arti superiori.

I risultati sono stati sorprendenti: nessuna donna ha riportato un peggioramento soggettivo o clinico del linfedema. Al contrario, la massa magra nel braccio colpito è aumentata significativamente. Anche l'indice di edema (rapporto tra acqua extracellulare e acqua totale) è migliorato, scendendo da 0,385 a 0,383 (P < 0,001), segno di un riequilibrio dei liquidi nei tessuti.

Anche in sottogruppi ad alto rischio, come le donne sottoposte a dissezione ascellare, si sono osservati miglioramenti o almeno la stabilità del quadro clinico. Nel complesso, i risultati suggeriscono che l’esercizio fisico personalizzato e controllato non solo è sicuro, ma può avere un effetto terapeutico nel controllo del linfedema.

UN CAMBIO DI PARADIGMA

Questi dati sfidano un vecchio dogma secondo cui le donne con linfedema dovrebbero evitare di usare il braccio colpito. Un programma ben strutturato di esercizio, invece, può aiutare a ridurre il gonfiore e migliorare la funzionalità.

L’ipotesi fisiologica è che la contrazione dei muscoli durante l’esercizio favorisca il ritorno della linfa verso il centro del corpo, aiutando il drenaggio e limitando l’accumulo di liquidi. Inoltre, l’esercizio fisico non solo stimola l’incremento della massa magra e la forza muscolare, ma è in grado di indurre cambiamenti fisiologici sul metabolismo, sul sistema immunitario, e sulla infiammazione. Tutto ciò comporta un’aumentata qualità della vita e una riduzione nel rischio comorbidità. Anche le più recenti linee guida internazionali iniziano a riconoscere l'importanza dell’esercizio nella prevenzione e gestione del linfedema, screditando il precedente approccio basato sul riposo e sulla cautela.

VERSO UNA NUOVA RIABILITAZIONE

Lo studio, tra i più ampi finora condotti su questo tema, apre la strada a una nuova visione della riabilitazione oncologica: non più riposo e limitazioni, ma esercizio, forza e autonomia fisica.

Gli autori sottolineano però che è fondamentale affidarsi a programmi personalizzati e supervisionati da professionisti esperti in riabilitazione oncologica. Per massimizzare i benefici ed evitare rischi, è fondamentale che l’esercizio sia integrato in un percorso riabilitativo interdisciplinare, che coinvolga oncologi, fisiatri, fisioterapisti e specialisti in linfologia.

Per le donne che hanno affrontato il tumore al seno e convivono con il linfedema, dunque, l’allenamento con i pesi può rappresentare un nuovo alleato, non un rischio.

L'ESERCIZIO FISICO COME TRATTAMENTO

Oltre ai benefici già citati, evidenze sempre più solide dimostrano che l’esercizio fisico regolare può ridurre in modo significativo la mortalità nei pazienti oncologici. Questo rappresenta un vero punto di svolta nella gestione globale del tumore, aprendo nuove prospettive terapeutiche.

Come spiega il dottor Bettariga - Exercise Medicine Research Institute, Edith Cowan University, Australia - «il sistema muscoloscheletrico è oggi riconosciuto come un organo endocrino a tutti gli effetti: in risposta all’esercizio, rilascia molecole chiamate miochine, che svolgono un’azione benefica su diversi organi e tessuti». Queste sostanze, prosegue, «non solo modulano la risposta infiammatoria e potenziano le difese immunitarie, ma secondo studi recenti sono anche in grado di interferire con la crescita e la diffusione delle cellule tumorali».

Per questo, conclude Bettariga, «l’esercizio fisico non dovrebbe più essere visto come un semplice complemento alla cura, ma come una componente attiva del trattamento oncologico, in grado di contribuire al miglioramento della sopravvivenza e della qualità della vita dei pazienti».

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