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Alimentazione
Redazione
pubblicato il 16-10-2013

Attenti all'altra celiachia



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E’ chiamata sensibilità al glutine non celiaca e chi ne soffre, pur non essendo celiaco, per migliorare le proprie condizioni deve seguire una dieta che preveda l’eliminazione del glutine. Nuovi studi confermano l’ipotesi

Attenti all'altra celiachia

In molti, nel gergo comune, l’hanno già definita l’altra celiachia. In realtà, della sensibilità al glutine non celiaca, diversi aspetti sono ancora sconosciuti: a partire dai marker diagnostici e istologici. Di certo, però, c’è che molti degli affetti segnalano una remissione dei sintomi una volta eliminato il glutine dalla dieta. Cioè: sottoponendosi alla stessa alimentazione seguita dai celiaci, i miglioramenti risultano evidenti. Con la differenza che, fino a quando questa condizione non sarà ritenuta patologica, chi ne soffre non avrà diritto all’esenzione per l’acquisto dei prodotti senza glutine in farmacia o nei supermercati.

MALATTIA O NO? – Quasi tutti i medici, a partire da quelli degli Stati Uniti, convergono sull’opinione che, quella che fino a pochi anni fa era considerata una condizione psicologica, sia invece una reale malattia. È un dato di fatto che molte persone, celiaci esclusi, segnalino una migliore condizione fisica una volta eliminato il glutine dalla dieta. I soggetti che descrivono sintomi riconducibili, per esclusione, alla sensibilità al glutine non celiaca, lamentano: mal di stomaco, mal di testa, sensazione di affaticamento e depressione. Oggi si sa che la condizione è dovuta a una risposta dell’immunità innata che riconosce il glutine come un “nemico”.

LA RICERCA – Molti dei casi diagnosticati di sindrome del colon irritabile, potrebbero essere invece ricondotti alla sensibilità al glutine non celiaca. L’argomento è ritenuto molto interessante dalla comunità scientifica, impegnata a individuare i marker diagnostici della malattia. Nell’ultima indagine in doppio cieco, condotta su oltre 250 pazienti non celiaci né allergici al grano, gli studiosi hanno verificato la presenza o meno della sintomatologia in base alla presenza di farina di frumento nella dieta. «Per il momento bisogna affidarsi a una diagnosi di esclusione, ma ci sono alcuni segni che potrebbero presto diventare importanti marcatori diagnostici: l’anemia, la perdita di peso, gli episodi di allergia alimentare durante l’infanzia», spiega Antonio Carroccio, direttore dell’unità operativa di medicina degli Ospedali Riuniti di Sciacca e prima firma della pubblicazione.

I NUMERI - Una recente indagine prospettica coordinata dall’Associazione italiana Celiachia e dalla Fondazione Celiachia ha registrato una netta prevalenza del disturbo nelle donne (rapporto 6:1), con un’età media di 55 anni e con assenza di segnalazioni in età pediatrica. Alcuni dati preliminari raccolti nel centro per la diagnosi e follow-up della celiachia del policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna hanno rilevato un’incidenza più alta della sensibilità al glutine non celiaca rispetto alla tradizionale celiachia. Ma soltanto l’eventuale scoperta dei biomarker potrà permettere di escludere il glutine dalla dieta senza rischiare di incorrere in un effetto placebo.

Fabio Di Todaro
@fabioditodaro


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