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Alimentazione
Donatella Barus
pubblicato il 20-12-2012

Il mal di testa che fa andare male a scuola



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Anche i piccoli soffrono di cefalee ed emicrania, disturbi che nei casi più seri compromettono la vita quotidiana e il rendimento scolastico. L'esperto: "Sonno e pasti regolari, e non trattateli da malati"

Il mal di testa che fa andare male a scuola

Non è un’esclusiva dei “grandi”. Il mal di testa colpisce sin dalla più tenera età e può condizionare pesantemente la quotidianità dei bambini, esponendoli a problemi comportamentali, deficit d’attenzione, ansia, depressione e rendendo loro difficile la vita a scuola. Questo evidenzia uno dei più grandi studi condotti sul tema, che ha coinvolto migliaia di bambini ed è stato oggetto di due recenti pubblicazioni scientifiche.

LO STUDIO - L’indagine sulla qualità di vita dei bambini che soffrono di cefalgia è stata condotta da Marco Arruda, direttore del Glia Institute di San Paolo, Brasile, con Marcelo Bigal, dell’Albert Einstein College of Medicine di New York. Una prima analisi ha riguardato 1.856 bambini brasiliani fra i 5 e gli 11 anni. Come riportato sulla rivista Cephalalgia, i bambini con mal di testa hanno più probabilità di disturbi comportamentali (valutati tramite una scala apposita per misurare i sintomi emozionali, la Child Behaviour Checklist), soprattutto quelli con emicrania (dal 3% nella prima infanzia al 20 % dei più grandicelli, secondo gli autori). Una seconda analisi, apparsa su Neurology, si è concentrata sui risultati scolastici. Ben 5.671 bambini di 87 città in Brasile sono stati coinvolti con i loro insegnanti e i loro genitori. Nove su 100 avevano avuto episodi di emicrania, cronici (almeno 15 giorni al mese) per lo 0,6% e probabili ma non del tutto riconosciuti nel 17,6%. I problemi scolastici erano molto più frequenti fra i piccoli emicranici rispetto alla media (30% in più) e la loro gravità è apparsa proporzionale alla frequenza e all’intensità degli attacchi.

IL DOLORE INFANTILE - «In Italia mancano dati»  commenta Massimiliano Valeriani, direttore del centro cefalee e dolore in età pediatrica all'ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.  «Sappiamo però che la cefalea ricorrente è diffusa fra i bambini, fino al 15% ne soffre. Molto dipende dalla frequenza e dalla ricorrenza, in rari casi vi è una modificazione radicale della qualità di vita, ma ci sono bimbi – pochi per fortuna – che non riescono a andare a scuola o fare sport».

COME CAPIRLO - «Mamma, mi fa male la testa». A volte il dubbio è che sia una scusa. E nei più piccoli, che ancora non parlano? «Dai 3-4 anni un bimbo si spiega in maniera chiara con le parole. Nel bimbo più piccolo la sofferenza va interpretata – spiega Valeriani -. Un bimbo di 1-2 anni con attacco emicranico ha un comportamento evidente, diventa pallido, si lamenta, è astenico, tende ad addormentarsi. Spesso accusa altri malesseri come mal di pancia, vertigini, dolori agli arti, i famosi “dolori di crescita”, magari scambiati per altro, come il mal d’auto». Come capirne l’entità? «Non chiedere al bambino se ha mal di testa. La risposta è quasi sempre sì. Fino ai 7-8 anni è importante che sia sempre il bambino a lamentare il malessere e se può a descriverlo».

DAL MEDICO – «Il riferimento iniziale è il pediatra – raccomanda Massimiliano Valeriani -, è lui che ha la visione giusta per consigliare eventuali ulteriori approfondimenti. Il medico cerca di capire se si è di fronte a una cefalea all’esordio (mai avuta prima) oppure a episodi lievi che diventano più lunghi e intensi». Le cose da non fare: «Il fai da te, sia per le terapie, sia per la diagnosi. Purtroppo le cefalee sono un terreno fertile per le leggende e i luoghi comuni. Inutili esame della acuità visiva, l’elettroencefalogramma, inutile e dannosa una radiografia dei seni nasali, la visita dal dentista o dall’osteopata deve essere richiesta da un medico esperto di cefalee».

NANNA A ORARI REGOLARI - Che fare, a parte i farmaci? «Per l’emicrania è importante un ritmo privo di squilibri, a cominciare dall’igiene del sonno: è importante che i piccoli dormano ogni giorno lo stesso quantitativo di ore, non necessariamente tanto, ma lo stesso tempo; evitare l’esposizione a eccessi, come rumore o calore esagerati. Il tutto tenendo presente che il bambino emicranico non è un bambino malato!». Infine, suggerisce l’esperto, molta cautela nel puntare il dito contro certi alimenti: «Il legame cibo-mal di testa è spesso sopravvalutato, ed è più influente negli adulti che nei bambini. Il meccanismo con cui un alimento può scatenare l’attacco non è immunomediato, inutili quindi i test allergologici, inutile togliere alimenti, ma verificare piuttosto se c’è correlazione stretta fra alimento e dolore, nel tempo e con l’aiuto di un esperto. Nel mio studio arrivano bambini con liste di alimenti proibiti, che magari, oltre al mal di testa, sono pure intristiti perché gli han tolto la cioccolata!».

Donatella Barus

Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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