Zuccheri aggiunti in etichetta per migliorare la salute
Inserire in etichetta il quantitativo di zuccheri aggiunti a un alimento potrebbe determinare una riduzione di quasi un milione di decessi in meno di vent'anni
Per ora è soltanto un'ipotesi, ma non è escluso che nel tempo diventi un'opportunità con cui far fronte all'eccesso ponderale. La lotta ai chili di troppo - e alle malattie che da questi possono derivare: prima di tutto diabete, malattie cardiovascolari e tumori - potrebbe trovare un alleato nelle etichette alimentari. A patto, però, che su queste campeggino anche le informazioni relative al contenuto di zuccheri aggiunti. Questi, se assunti in eccesso, possono peggiorare la qualità della dieta e favorire l'insorgenza dell'aumento di peso. Un consumatore consapevole, invece, avrebbe modo di scartare gli alimenti più scadenti. E costringerebbe le aziende a migliorare i profili nutrizionali dei propri alimenti.
A COSA SERVONO CARBOIDRATI E ZUCCHERI?
ZUCCHERI AGGIUNTI IN ETICHETTA NEGLI STATI UNITI
Questa almeno è l'idea della Food and Drug Administration, l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, che ha avviato un restyling delle etichette dei prodotti confezionati e dei piatti pronti negli Stati Uniti. Diverse le scadenze fissate per le aziende, a seconda del proprio fatturato. Ci sarà tempo fino al 2020 per quelle con un giro d'affari superiore a 10 milioni di dollari, un anno in più (2021) per tutte le altre. Le prime stime, a ogni modo, dicono che un prodotto confezionato su dieci disponibile sul mercato statunitense mostra già la nuova etichetta. Alle aziende è richiesto di indicare, al di sotto della quantità di carboidrati totali, quella di zuccheri aggiunti. Si tratta di molecole addizionate - dunque non presenti naturalmente: in bibite gassate, succhi di frutta, cereali da colazione - al fine di essere subito assorbite dall'organismo e fornire energia in un tempo brevissimo. L'effetto è considerato piacevole per molti consumatori: sia per il palato (gli zuccheri semplici aumentano la sapidità degli alimenti a cui sono aggiunti) sia per il metabolismo (si «sazia» il desiderio inconscio di avere energia disponibile a breve termine).
Al contempo, però, questa assunzione di nutrienti non necessari pone a rischio la nostra salute. Alla base ci sarebbe l’aumento di peso, ritenuto un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (prima causa di morte nel nostro Paese), per il diabete e per diversi tumori. Da qui l'appello dell'agenzia per la salute delle Nazioni Unite, che ha chiesto a tutti gli Stati membri di impegnarsi affinché l’assunzione giornaliera di zuccheri semplici rimanga al di sotto del dieci per cento dell’intake energetico totale. In valore assoluto, si parla all'incirca di 50 grammi al giorno, pari a 12 cucchiaini da caffè (ma ce ne sono dieci soltanto nella lattina di una bevanda gassata). Ma con un un apporto ulteriormente dimezzato, ci potrebbero essere pure benefici per la salute e per le casse dello Stato, come conferma un primo modello usato per stimare l'impatto che la nuova etichetta statunitense potrebbe avere sulla salute pubblica.
UN MILIONE (QUASI) DI MORTI IN MENO ENTRO IL 2037
In uno studio pubblicato sulla rivista Circulation, i ricercatori della Tufts University (Boston) hanno tracciato un'ipotesi dell'impatto che le nuove regole fissate dalla Food and Drug Administration potranno avere sugli alimenti confezionati (la raccomandazione non riguarda gli zuccheri presenti nella frutta fresca, nei vegetali e nel latte). La previsione funge da indicazione per tutti gli altri Paesi, che dovrebbero prendere esempio dagli Stati Uniti se «perseguendo questa politica di etichettatura degli alimenti, si potranno evitare quasi un milione di decessi, da qui al 2037», hanno messo nero su bianco gli autori dello studio. Nello specifico: 600mila che sarebbero determinati dalle complicanze del diabete, oltre 350mila legati alle malattie cardiovascolari. Benefici rilevabili anche in termini di economia sanitaria, con un risparmio sia per le spese sanitarie dirette (31 miliardi di dollari) sia in termini di costi sociali (62 miliardi). Tutto ciò merito di un taglio dell'apporto di zuccheri compreso tra il 6 e il 9 per cento, garantito da una maggiore consapevolezza dei consumatori e da un complessivo miglioramento dell'offerta tra gli scaffali dei supermercati.
«Lo studio fornisce una traccia importante, ma serve che le persone sviluppino un maggiore senso critico nei confronti delle etichette alimentari - afferma l'endocrinologa Rekha Kumar, direttore medico dell'American Board of Obesity Medicine -. Al contempo bisogna lavorare per far crescere la consapevolezza della correlazione che c'è tra l'eccessivo consumo di zuccheri e la salute cardiovascolare. Senza questi presupposti, l'aggiunta di una informazione in più non cambierà di molto le scelte dei consumatori». Secondo Elena Dogliotti, biologa nutrizionista e supervisore scientifico di Fondazione Umberto Veronesi, «la situazione dell'Italia non è comunque paragonabile a quella dei Paesi ai primi posti per obesità e consumo di cibo spazzatura. I dati registrano una diminuzione del venti per cento dei consumi delle bibite zuccherate negli ultimi dieci anni. Da noi c'è già una maggiore attenzione per i prodotti che hanno più informazioni in etichetta. In quest'ottica la proposta statunitense può avere una utilità, a patto di portare avanti di pari passo una campagna di educazione e sensibilizzazione a vari livelli per rendere il consumatore sempre più consapevole delle proprie scelte».
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Quali grassi prediligere? L'olio d'oliva, sia a crudo sia per le cotture, è il più indicato per condire i piatti e prevenire l'insorgenza del diabete di tipo 2. Ma anche in questo occorre attenersi alle indicazioni della piramide della dieta mediterranea, che raccomanda un consiglio massimo giornaliero di 30-40 millilitri (3-4 cucchiai)
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Dire addio alla sedentarietà Per prevenire il diabete di tipo 2, è importante ritagliarsi ogni giorno un intervallo di tempo per l'attività fisica. I diabetologi italiani consigliano di camminare per almeno trenta minuti al giorno