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Alimentazione
Donatella Barus
pubblicato il 12-04-2018

Obesi e colpevoli? Stigma, pregiudizio e salute



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Lo stigma verso le persone con obesità è diffuso e tollerato

Obesi e colpevoli? Stigma, pregiudizio e salute

Con l’obesità abbiamo un problema. E non è solo quello dei chili di troppo da evitare. Le persone obese sono oggetto di stigma, ovvero di un giudizio negativo costante, pervasivo e ampiamente tollerato, che rende difficile la loro vita e peggiora anche più o meno direttamente la loro salute. Perchè accade? Cosa si può fare per migliorare l'atteggiamento verso l'obesità senza per questo dimenticarne la gravità sul piano della salute? 

PER I "GRASSI" NESSUNA PIETÀ

Li abbiamo in mente un po’ tutti: gli ultimi esempi messi in piazza da social network e giornali parlano di giovani ballerine mortificate in tv perché “in sovrappeso e non idonee”, di sarcasmo tanto feroce quanto becero per la morte di una ragazzina sotto un treno, forse un suicidio, forse legato al suo peso (“Non sapevo che farsi mettere sotto da un treno fosse un metodo rapido di dimagrimento», «Questo dimostra che i ciccioni preferiscono morire piuttosto che dimagrire»). Un caso limite di imbecillità da social, ma la realtà più ordinaria ci dice che di tutte le malattie, di tutte le difformità fisiche ce n’è una che nella stragrande maggioranza dei casi non riscuote solidarietà o compassione: l’obesità.

L'OBESITÀ IN ITALIA

L'obesità e il sovrappeso sono collegati a molte malattie, fra cui il diabete, le malattie cardiovascolari, alcuni tumori. Il peso è dunque anche una questione importante di salute. E i numeri non possono che destare preoccupazioni legittime: secondo i dati dell'Istituto Superiore di Sanità in Italia, nel 2015, più di un terzo degli adulti era in sovrappeso, mentre uno su dieci era obeso. Più diffuso il problema al sud, fra gli over 65 e più fra gli uomini rispetto alle donne.

 

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I DATI

Vediamo qualche fatto. In Europa, stando a quanto riportato dall’Organizzazione mondiale della Sanità, poco meno del 20% delle persone con obesità hanno sperimentato sulla loro pelle lo stigma e il pregiudizio. Se si considerano i grandi obesi, la quota sale al 40%. E questo dato sembra comune in tutti i paesi occidentali. Da chi arriva il giudizio negativo? Da tutti, praticamente, non solo i compagni di scuola bulli o il collega spiritoso, ma anche dagli insegnanti, dai medici, dagli operatori dell’informazione, persino da amici e familiari.

Alcune delle indagini più interessanti condotte su come la società veda le persone obese sono stati condotto dal Rudd Center for Food Policy and Obesity. Ad esempio hanno misurato che a scuola i bambini più grassi hanno molte più chance di essere bullizzati, gli adulti in oltre la metà dei casi vengono stigmatizzati dai colleghi e persino che il 70 per cento dei pazienti si sentono giudicati male anche dal loro medico. Più fragili sono le donne, che sono anche più spesso colpite da disturbi del comportamento alimentare.

LA COLPA

Ma da dove viene questa aggressività nei confronti di donne e uomini troppo grassi? Un punto fondamentale è un’idea semplicistica (e poco realistica) di cosa sia l’obesità e delle sue cause. In altre parole: “se sei grasso è colpa tua”. Accade in parte anche per altre patologie derivate da comportamenti, come il tabagismo o l'alcolismo. Ma l'atteggiamento verso l'obesità non concede attenuanti. Si crede che la soluzione sia relativamente semplice (mangiare meno e muoversi), che chi non ci riesce è poco determinato, poco capace oppure irrimediabilmente epicureo e dedito agli stravizi. Tutti questi stereotipi sovente sono rafforzati dai mezzi di comunicazione, con articoli e fotografie di persone che si abbuffano, rotolini di ciccia in primo piano e così via.

INFORMAZIONE E SOCIAL MEDIA

In generale, commenta ancora il rapporto OMS, i media enfatizzano le responsabilità del singolo individuo. Un’indagine dell’University College di Cork, ha esaminato gli articoli comparsi su sei grandi testate irlandesi. Ne è emersa una generale rappresentazione caricaturale di uomini inconsapevoli e disinteressati alla salute, donne uniche interessate alla salute della famiglia e, altro lato della medaglia, le colpevoli da biasimare per l’obesità dei bambini. E i social media? Come sempre, sono degli acceleratori di opinioni e tendenze. Da un lato Facebook, Twitter e Instagram brulicano di post infarciti di “fatshaming”, la moda di biasimare le persone obese anche con toni aggressivi o offensivi, dall’altro si fanno amplificatori dell’intenzione opposta, veri e propri movimenti che promuovono l’accettazione del corpo con i chili di troppo e che attraversano il mondo della moda e dello spettacolo. Dalle modelle “curvy” sulle riviste al successo di hashtag come #fatspiration #healtheverysize in risposta a decenni di modelli di bellezza ultrasottile.

A queste tendenze non sono estranei interessi di tipo commerciale, sia nella mercato del dimagrimento e del fitness, sia nella diffusione di modelli estetici in cui si possa riconoscere anche la quota – crescente e in molti paesi maggioritaria – dei consumatori in sovrappeso.

LE CONSEGUENZE

Quali sono gli effetti dello stigma sempre più diffuso contro gli obesi? Aggiunge sofferenza a situazioni non facili sul piano fisico, emotivo e relazionale, e finisce per aggravare le diseguaglianze in tema di salute Le persone esposte al giudizio negativo sul loro corpo sono più di frequente colpite da depressione, ansia, disordini alimentari, scarsa autostima e pensieri suicidi. Tendono a evitare di praticare attività fisica e di sottoporsi a controlli medici o esami. Un recente studio della Drexel University di Philadelphia ha confermato che le donne con un BMI (indice di massa corporea) più alto cercano assistenza medica meno di quanto facciano le magre. Il tutto si traduce, alla fine, in condizioni di salute peggiori e maggiori rischi di ammalarsi, anche per condizioni che non sono direttamente legate all’obesità. Fra gli attori fondamentali ci sono proprio i medici. Un documento compilato nel 2017 da esperti statunitensi e pubblicato sulla rivista Pediatrics esorta i pediatri a formarsi e creare ambienti di cura non discriminanti, osservando: “Gli operatori sanitari continuano a cercare strategie efficaci e risorse per affrontare l’epidemia di obesità, ma spesso mostrano anche comportamenti discriminatori e stigmatizzanti”. Solo migliorando il modo di rapportarsi a pazienti obesi, grandi o piccini che siano, è possibile fare qualcosa di utile per migliorare anche la loro salute.

COLPEVOLIZZARE = MOTIVARE? NO

Ma colpevolizzare chi pesa troppo serve a farlo dimagrire? Se fosse così probabilmente oggi la popolazione mondiale sarebbe in peso forma. Diversi studi confermano il contrario, ovvero che più sono percepiti lo stigma e il giudizio negativo, più aumenta il consumo calorico.

 

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Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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