Secondo un gruppo di ricercatori, con un contributo in denaro aumenterebbe il numero di organi disponibili e le prospettive di vita per i pazienti

Donare un rene per diecimila dollari canadesi, poco più di settemila euro? A lanciare la proposta è stato un gruppo di ricercatori canadesi, in uno studio pubblicato sul Clinical journal of the American Society of Nephrology. Etica a parte - la vendita degli organi è vietata quasi ovunque, salvo in alcuni Stati come l’Iraq, la Cina e la Turchia -, gli specialisti hanno affrontato il tema in maniera provocatoria ma interessante, infatti il dibattito è montato in pochi giorni in tutto il mondo.
LA PROPOSTA - Pagare, attraverso il sistema sanitario nazionale, può incentivare la donazione da vivente, rappresentare un risparmio rispetto alla dialisi e garantire una più lunga aspettativa di vita. Numeri esigui, in realtà, ma sufficienti a instillare il quesito: e si prevedesse un contributo per invogliare chi è sano a salvare la vita di un paziente che, con un solo rene, non ha alternative al trapianto? Fattibilità, politiche sanitarie, etica e reazione dell’opinione pubblica sono gli ostacoli più duri da superare. «La realtà è che non ci sono organi a sufficienza – spiega Braden Manns, professore associato di nefrologia all’Università di Calgary e prima firma dell’articolo -. Dobbiamo trovare una soluzione per fronteggiare il numero crescente di pazienti per cui non esiste alternativa al trapianto». Può bastare un aumento del 5% del numero di donatori, sommato a un risparmio di 340 dollari per individuo, a sdoganare una pratica agli antipodi dei principi etici della medicina e di molte religioni? «Anche se ci fosse un sostanziale vantaggio economico, non potrei mai estrarre un rene da una persona pagata per l’operazione - sostiene Paolo Rigotti, responsabile del centro trapianti rene e pancreas all’ospedale civile di Padova -. Così sarebbero i più deboli a sacrificarsi: oggi settemila euro possono fare la differenza, anche per un cittadino italiano».
LO STOP - L’ultima condanna è arrivata un anno fa da Benedetto XVI. «La proposta mi lascia fortemente perplesso - afferma Art Caplan, direttore della divisione di medicina etica all’Università di New York -. I numeri dimostrati sono piuttosto bassi, se messi al cospetto del muro d’opposizione che oggi blocca qualsiasi mercato degli organi. E poi: ne guadagnerebbe soltanto la compravendita dei reni, mentre i trapianti di fegato, pancreas, cuore o polmoni non trarrebbero benefici da questa svolta». Un incentivo simile potrebbe indurre chi ha un organo malato a liberarsene, contribuendo in questo modo a ridurre i tassi di riuscita dell’intervento. Considerando che il ricevente è una persona in cui è stata indotta una immunodepressione, anche una tubercolosi contratta molti anni prima dal donatore può risultare fatale nell’organismo del nuovo ospite.
SENZA ALTERNATIVA - Chi è costretto al trapianto d’organo? Sono diverse le patologie che possono consigliare il ricorso al rene di un’altra persona. Nei bambini: malattie congenite quali la spina bifida, la sindrome emolitico-uremica, le malattie ostruttive, le glomerulonefriti e le insufficienze renali croniche. Negli adulti, oltre alle glomerulonefriti: il rene policistico, le nefroangiosclerosi da ipertensione e diabete, le forme tumorali bilaterali. I tempi di ripresa sono abbastanza brevi: due settimane per il donatore vivente, un mese per il paziente salvato.
Fabio Di Todaro
@fabioditodaro