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Trapianto di rene: come ridurre il rischio di rigetto?

Uno studio identifica nella proteina SIRP-alpha un nuovo fattore di incompatibilità che potrebbe aiutare a prevenire il rigetto

Il 20% delle persone che riceve un trapianto di rene sperimenta un episodio di rigetto entro il primo anno dall’intervento. Ciò significa il fallimento del trapianto. Un nuovo studio pubblicato su Science Translational Medicine potrebbe però presto migliorare la situazione: a causare il fenomeno, pur tra persone apparentemente compatibili, sarebbe la proteina SIRP-alpha posta sulla superficie delle cellule del sistema immunitario. Identificare questo tipo di incompatibilità potrebbe aprire la strada a strategie di prevenzione più personalizzate, riducendo così il numero di rigetti.

QUANDO SERVE IL TRAPIANTO DI RENE?

Il trapianto di rene rappresenta la soluzione principale per le persone con insufficienza renale terminale, condizione in cui i reni non sono più in grado di filtrare correttamente le scorie e mantenere l’equilibrio idrico e salino dell’organismo. In questa fase l’unica alternativa è la dialisi, un trattamento salvavita che però comporta sedute frequenti e limitazioni significative nella vita quotidiana. Il trapianto, quando possibile, offre una migliore qualità di vita e una sopravvivenza più lunga rispetto alla dialisi, permettendo al paziente di recuperare una maggiore autonomia e ridurre il rischio di complicanze cardiovascolari e metaboliche.

L'INSIDIA DEL RIGETTO

Una delle principali sfide nel campo dei trapianti d'organo è rappresentato dall'individuazione di un donatore compatibile. Il sistema immunitario infatti può riconoscere come estraneo l'organo ricevuto e attaccarlo. Una situazione nota con il nome di "rigetto". Per evitarlo è fondamentale ridurre al minimo le differenze biologiche tra donatore e ricevente, così da diminuire la probabilità che il sistema immunitario attacchi il nuovo organo.

IDENTIFICARE UN DONATORE COMPATIBILE

Il parametro principale per valutare questa compatibilità è l’analisi degli antigeni leucocitari umani (HLA), proteine presenti sulla superficie delle cellule che funzionano come una sorta di “carta d’identità” immunologica. Se il sistema immunitario del ricevente riconosce gli HLA del donatore come estranei, può attivarsi e causare il rigetto. Negli anni, il controllo di questo fattore ha permesso di ridurre in modo significativo i rigetti acuti, ma non di eliminarli. Le persone trapiantate devono sempre assumere farmaci antirigetto. Ciononostante, anche con la compatibilità corretta, nel caso del rene un trapianto su 5 fallisce entro il primo anno.

IL RUOLO DELLA PROTEINA SIRP

Il nuovo lavoro, pubblicato su Science Translational Medicine, ha individuato nella proteina SIRP-alpha un possibile fattore chiave di incompatibilità. Questa molecola si trova sulla superficie delle cellule del sistema immunitario e si lega alla proteina CD47, regolando il segnale di attivazione delle cellule stesse. Esistono forme di SIRP-alpha ad alta o bassa affinità: quando donatore e ricevente hanno la stessa affinità, il segnale resta bilanciato; se invece le affinità non coincidono, il sistema immunitario si attiva innescando una risposta che può portare a danni al trapianto fino al rigetto.

I RISULTATI DELLO STUDIO

Per verificare l’impatto di questa incompatibilità, i ricercatori hanno prima condotto esperimenti su modelli animali, osservando un aumento del rigetto quando i due soggetti avevano SIRP-alpha diversi. In seguito hanno analizzato due gruppi di pazienti sottoposti a trapianto di rene da donatore vivente: la prima con 455 coppie all’Università di Pittsburgh, la seconda con 258 coppie alla Northwestern University. In entrambe, la presenza di un mismatch (incompatibilità) SIRP-alpha era associata a un aumento del rischio di rigetto, in particolare quando il donatore aveva un recettore ad alta affinità e il ricevente uno a bassa affinità: in questo caso, il rischio di rigetto tra i 5 e i 12 mesi dopo l’intervento risultava triplicato rispetto alle coppie compatibili.

LE IMPLICAZIONI DELLA SCOPERTA

Nonostante l'ottimo risultato l’esecuzione sistematica del test per SIRP-alpha prima del trapianto non è oggi praticabile: la disponibilità di organi è limitata e i tempi per l’assegnazione sono stretti, quindi non è possibile aggiungere nuovi criteri di selezione che ridurrebbero ulteriormente le possibilità di trapianto. L’informazione potrebbe però essere usata dopo l’intervento per modulare le terapie immunosoppressive: intensificandole nei pazienti ad alto rischio e riducendo i farmaci più gravati da effetti collaterali nei pazienti a basso rischio. Serviranno comunque studi più ampi per confermare questi dati e tradurli in protocolli clinici.

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