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Angelica Giambelluca
pubblicato il 31-01-2022

Covid-19: il punto sulle terapie domiciliari



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Come si curano a domicilio i pazienti Covid-19? SIMG e SIMIT chiariscono: “Occorre attenersi alle linee guida, no a sperimentazioni fai da te”

Covid-19: il punto sulle terapie domiciliari

Sulle cure domiciliari per la COVID-19, il dibattito non si è mai fermato. Ma nemmeno si è mai fermata la scienza, che fin dalla comparsa di SARS-CoV-2 si è data da fare per trovare cure che potessero mitigare gli effetti della malattia in chi fosse paucisintomatico. Si è cercato di capire quali farmaci, già autorizzati per altre indicazioni terapeutiche, potessero essere utilizzati per contrastare i sintomi di questa infezione e al contempo la ricerca è andata avanti per trovare nuovi ed efficaci antivirali.

 

ALLA RICERCA DI CURE DOMICILIARI (DAVVERO) EFFICACI

Per produrre nuove cure, così come per i vaccini, servono prove, sperimentazioni. Evidenze. Che non sono aneddoti, esperienze personali dei medici, casi singoli di successo che possono applicarsi alla popolazione mondiale senza sperimentazioni fatte secondo i protocolli standardizzabili. Le cure che ad oggi sono proposte per i pazienti a domicilio si basano sulle migliori evidenze possibili che si sono potute ricavare in questi due anni. Le evidenze raccontano che l’ivermectina non serve, così come l’idrossiclorochina non è efficace. I cocktail vitaminici non hanno dimostrato di poter curare da soli i sintomi, e usare un antibiotico come l’azitromicina per curare un’infezione virale è un errore che i medici non dovrebbero mai commettere. Usare quindi farmaci già esistenti per la COVID-19 si può fare solo se esistono evidenze sufficienti per giustificare queste scelte. Evidenze non che il farmaco funzioni in generale (se è stato approvato, evidentemente funziona per l’indicazione terapeutica per cui è autorizzato al commercio) ma che serva per la sintomatologia della COVID-19.

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LE TERAPIE A DOMICILIO INDICATE DA AIFA

AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, da tempo redige un documento che aggiorna periodicamente sulle terapie domiciliari possibili, secondo i sintomi e altri parametri. Sul sito dell'Agenzia (link in calce all'articolo) trovate tutte le informazioni sulle cure per la COVID-19 e in fondo c’è il link al documento più aggiornato per le cure domiciliari, in questo caso l’ultimo aggiornamento è del 12 gennaio 2022. Ma la confusione è talmente generale che alcune società scientifiche, come la SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) e la SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) sono scese in campo per sgombrare, se possibile, ogni dubbio. «In questo scenario - spiegano in una nota le due società scientifiche - non può essere dimenticato che nella società moderna e civile esistono delle regole che devono essere rispettate. Nel campo della medicina, le regole prescrittive sono dettate dagli enti regolatori (in Italia, AIFA) e si basano sulla verifica di evidenze scientifiche derivanti a loro volta dalla valutazione e confronto ripetuto dei risultati di studi clinici controllati. Ne conseguono raccomandazioni ed indicazioni diffuse dalle linee-guida». SIMG e SIMIT affermano che l’appropriatezza prescrittiva non si limita solo all’utilizzo di un farmaco in conformità con le indicazioni registrate, ma anche al dosaggio ed ai tempi di somministrazione, considerando non per ultimi gli aspetti amministrativi e normativi. L’improvvisazione e l’utilizzo inappropriato di un farmaco può in alcuni casi comportare il rischio di eventi avversi anche gravi ed esporre ad effetti collaterali importanti. Per cui al medico corre l’obbligo etico e deontologico di prescrivere farmaci off-label (al di fuori delle indicazioni registrate e del contesto clinico specifico) solo nell’ambito di studi clinici controllati e dietro firma di consenso informato da parte del ricevente.

 

LE PRINCIPALI RACCOMANDAZIONI

Cosa raccomanda AIFA per le diverse situazioni? Ecco un breve riassunto:

  • per i pazienti asintomatici (che non presentano sintomi) AIFA raccomanda un attento monitoraggio
  • per chi ha qualche sintomo lieve e non è a rischio di peggioramento, si possono usare antipiretici, antinfiammatori, antitussigeni, decongestionanti nasali
  • per valutare se un paziente è a rischio di sviluppare una rapida evoluzione della malattia esistono degli strumenti, come il saturimetro (che misura il livello di ossigeno nel sangue) oppure scale come il MEWS, soprattutto con l’applicazione di indici affidabili presenti nei software della medicina generale – HS-CoVI(Vulnerability Index)d– che tengono conto della presenza di una serie di fattori che possono influire negativamente sull’evoluzione della malattia. A questo calcolo deve essere aggiunto lo stato vaccinale del malato (dosi, tipo di vaccino, distanza temporale dall’ultima somministrazione);
  • in presenza di rischio elevato in un malato fragile/vulnerabile, il medico curante è tenuto oggi ad avviare quanto prima i contatti con i centri specialistici di riferimento per la prescrizione/somministrazione di anticorpi monoclonali specifici e/o di antivirali ad azione diretta anti-SARS-CoV-2.

Questi rimedi terapeutici rappresentano ad oggi le sole cure specifiche domiciliari per i pazienti con COVID-19 di grado lieve-moderato.

«Il medico che non si adegua a queste linee-guida – spiegano le due società scientifiche - commette un grave atto di negligenza e può essere incolpato, come ribadito dalla legge Gelli-Bianco (L. 24/2017) sulla responsabilità sanitaria, che prevede l’obbligo per gli operatori sanitari di seguire le raccomandazioni indicate dalle linee-guida o, in assenza di queste, di attenersi alle buone pratiche clinico-assistenziali.”

 

ANTIVIRALI E ANTICORPI MONOCLONALI

AIFA ha aggiornato recentemente il documento aggiungendo due farmaci antivirali (remdesivir e molnupiravir) per il trattamento di soggetti adulti con COVID-19 che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono a maggior rischio di progressione verso forme severe di COVID-19. Per ricevere questi trattamenti, il paziente non deve essere ospedalizzato a causa di COVID-19, deve presentare una forma di grado lieve-moderato e almeno uno fra i seguenti fattori di rischio associati all'evoluzione in malattia severa:

  • Patologia oncologica/oncoematologica in fase attiva
  • Insufficienza renale cronica
  • Broncopneumopatia severa
  • Immunodeficienza primaria o acquisita
  • Obesità
  • Malattia cardiovascolare grave
  • Diabete mellito non compensato.

Il trattamento con remdesivir è fatto per via endovenosa e deve essere iniziato il prima possibile dopo la diagnosi di COVID-19 ed entro 7 giorni dalla comparsa dei sintomi. Per molnupiravir, somministrato per bocca, le regole sono ancora più restrittive: non oltre 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Un terzo antivirale, paxlovid, è stato appena approvato dall'Agenzia europea del farmaco (EMA).

Gli anticorpi monoclonali disponibili in Italia sono: l‘associazione casirivimab/imdevimab,l’associazione bamlanivimab/etesevimab e il sotrovimab. Questa terapia può essere somministrata solo in ambulatorio ed è pertanto indicata per pazienti a domicilio, con sintomi di grado lieve-moderato e che sono ad alto rischio di COVID-19 severa.

 

CORTICOSTEROIDI

L’uso dei corticosteroidi è raccomandato nei soggetti ospedalizzati con malattia COVID-19 grave che necessitano di ossigeno. Non serve utilizzarli nei primi giorni della malattia, anzi nuove evidenze scientifiche dimostrano che potrebbe avere un impatto negativo sulla risposta immunitaria sviluppata. L’uso dei corticosteroidi a domicilio può essere considerato solo nei pazienti che presentano fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia e qualora non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere. In molti soggetti con malattie croniche l’utilizzo del cortisone può determinare importanti eventi avversi che rischiano di complicare il decorso della malattia virale. Ad esempio, nei soggetti diabetici positivi, l’uso del cortisone può gravemente destabilizzare il controllo glicemico.

 

EPARINE

L’uso delle eparine è raccomandato nella profilassi degli eventi trombo-embolici nel paziente con infezione respiratoria acuta e ridotta mobilità. L’utilizzo routinario delle eparine non è raccomandato nei soggetti non ospedalizzati e non allettati a causa dell’episodio infettivo, in quanto non esistono evidenze di un benefico clinico in questi pazienti e in questa fase della malattia.

 

LE CURE "ALTERNATIVE"

«Purtroppo, esistono alcuni gruppi di medici che propongono cure di cui non si ha una prova scientifica di efficacia – ricorda Ignazio Grattagliano (SIMG) – miscele di polivitaminici, antibiotici usati in modo empirico (senza la certezza che sia presente un’infezione batterica, ma in via del tutto precauzionale, ndr), cortisonici somministrati fin da subito. La medicina si basa sulle evidenze e il medico è tenuto a prescrivere cure secondo scienza e coscienza. Il medico non può sperimentare da solo o suggerire cure secondo la sua opinione personale. Ci vogliono evidenze e le cure per la Covid che hanno mostrato evidenze sono quelle descritte nel documento che AIFA aggiorna quotidianamente, riprese anche dalla circolare ministeriale del 26 aprile 2021».

 

"IN SCIENZA E COSCIENZA"

Lo scorso gennaio il TAR del Lazio aveva emesso una sentenza con cui accoglieva il ricorso proposto da alcuni medici contro la circolare del Ministero della Salute del 26 aprile 2021 dove si raccomandavano le cure domiciliari più appropriate e si escludeva l’uso di determinati farmaci. Secondo il Tar del Lazio il «contenuto della nota ministeriale, imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale. Per tali ragioni il ricorso deve essere accolto». Pochi giorni dopo il Consiglio di Stato ha sospeso questa sentenza, ribaltando le argomentazioni del tribunale amministrativo: «Il documento (la circolare ministeriale, ndr) contiene, spesso con testuali affermazioni, “raccomandazioni” e non “prescrizioni”, cioè indica comportamenti che secondo la vasta letteratura scientifica ivi allegata in bibliografia, sembrano rappresentare le migliori pratiche, pur con l’ammissione della continua evoluzione in atto. Di conseguenza, non emerge alcun vincolo circa l’esercizio del diritto-dovere del MMG di scegliere in scienza e coscienza la terapia migliore, laddove i dati contenuti nella circolare sono semmai parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello anche internazionale».

 

LE CRITICHE ALLA "VIGILE ATTESA"

Sulla “vigile attesa” raccomandata dalla circolare si sono scatenati i maggiori malumori: «Una scelta infelice di parole – ammette Grattagliano - a cui noi preferiamo “attento monitoraggio”, però sul resto concordiamo con i contenuti della circolare ministeriale, alla cui stesura avevamo anche collaborato». Se è vero che la circolare raccomanda, ciò però non significa che lascia ampia libertà di manovra ai medici: «I colleghi non possono sperimentare sul campo, - ribadisce Grattagliano - occorre usare le terapie che si sono mostrate più efficaci. L’abuso di antibiotici per curare la COVID, ad esempio, mi lascia davvero basito. Il diritto alla cura significa avere accesso al trattamento più efficace ed appropriato, no a qualsiasi farmaco in commercio, usato senza discernimento. Noi cerchiamo di fare formazione per migliorare la gestione dei pazienti a domicilio, ma il punto non è solo questo».

 

LE CURE NON SONO ACCESSIBILI A TUTTI

Il punto, infatti, è che finché si parla di farmaci sintomatici (paracetamolo, ibuprofene, etc..) la situazione è gestibile dal singolo medico, ma quando il paziente è a rischio di sviluppare una forma severa e quindi può necessitare la somministrazione di anticorpi monoclonali o di antivirali, l’accesso a queste cure non dipende solo dalla celerità con cui il medico indirizza il paziente al centro, ma anche dalla disponibilità dei centri e dalla presenza di queste cure, peraltro costose, su tutto il territorio nazionale. «Non c’è un accesso omogeneo, questo bisogna dirlo - continua il rappresentane SIMG - ogni Regione si è organizzata in modo diverso e a mio avviso esistono delle situazioni locali in cui l’accesso a questi trattamenti efficaci non è sempre garantito in tempi rapidi».

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Angelica Giambelluca

Giornalista professionista dal 2009, scrive di medicina e sanità per diverse testate nazionali. Si occupa anche di comunicazione in ambito medico e sanitario. Dirige un portale dedicato al mondo dei pazienti, www.medoramagazine.it.


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