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Daniele Banfi
pubblicato il 16-05-2022

Vaccino spray: il futuro della lotta a Covid-19



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La somministrazione del vaccino sotto forma di spray potrebbe ridurre drasticamente la circolazione del virus. Già 8 quelli in fase di sperimentazione nell'uomo

Vaccino spray: il futuro della lotta a Covid-19

Il futuro della lotta a Covid-19 è nei vaccini spray. Potendo somministrarli a livello delle mucose, in primis quella nasale -la porta di ingresso del virus-, la produzione di anticorpi IgA potrebbe migliorare siginficativamente la risposta a Sars-Cov-2. Tradotto: i vaccini non solo sarebbero in grado di proteggere da malattia grave ma anche dalla trasmissione. Ad oggi sono già 8 quelli in fase sperimentale nell'uomo. Una strategia che se si confermasse valida potrebbe tagliare le gambe al virus riducendo la circolazione virale diminuendo sensibilmente le probabilità di sviluppare nuove varianti.

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

IL PROBLEMA DELLA TRASMISSIONE

Purtroppo però, a differenza dei dati provenienti dai primi mesi di vaccinazione, nel tempo è apparso chiaro che nel tempo l'immunità indotta dalla vaccinazione diminuiva sensibilimente nella sua capacità di evitare il contagio. La cosiddetta immunità sterilizzante, ovvero la capacità del sistema immunitario di bloccare l'infezione sul nascere ed evitare la trasmissione ad un altro individuo, con gli attuali vaccini non raggiunge livelli soddisfacenti. Il motivo dipende essenzialmente dalle componenti del sistema immunitario che vengono stimolate. Con gli attuali vaccini a mRNA gli anticorpi che vengono maggiormente prodotti sono le IgG, responsabili del riconoscimento e dell'eliminazione del virus a livello sistemico. Ma per raggiungere l'immunità sterilizzante questi non bastano. Occorre stimolare in maniera specifica la produzione di anticorpi a livello della mucosa nasale, porta di ingresso del virus. 

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STIMOLARE LA PRODUZIONE DI ANTICORPI NELLE MUCOSE

A livello di naso, bocca e gola, gli anticorpi maggiormente presenti sono le IgA. Ecco perché poterne stimolare selettivamente la produzione rappresenta la strategia principe per neutralizzare il virus sul nascere ed impedire che la persona possa fungere da veicolo di contagio. Le premesse perché cio accada ci sono tutte: lo scorso anno gli scienziati dell'Università di Oxford hanno testato su animale il vaccino Vaxzevria (AstraZeneca) in due diverse formulazioni, ovvero per iniezione e spray nasale. I risultati, pubblicati su Science Traslational Medicine, hanno mostrato come gli animali trattati con lo spray avevano una produzione di anticorpi maggiore. Non solo, una volta infettati la carica virale è risultata minore rispetto ai vaccinati con l'iniezione.

LE DIFFICOLTÀ

Sulla carta, dunque, le possibilità di ottenere un'immunità sterilizzante ci sono tutte. Ma lo sviluppo di vaccini nasali è tutt'altro che semplice. Le componenti devono superare lo strato di muco e andare da attivare la risposta immunitaria. Un doppio step che negli anni, per altri vaccini, si è dimostrato difficile rispetto alla classica iniezione. Per questa ragione diverse pharma si stanno concentrando nello sviluppo di nuovi vaccini utili a superare queste barriere. Tra le strategie più battute c'è la creazione di vaccini a virus attenuato, ovvero vaccini privati della capacità da parte del virus di causare la malattia. Una strategia utile per mostrare al sistema immunitario il virus nella sua interezza e non la sola proteina spike.

LE SPERIMENTAZIONI IN ATTO

Ad oggi l'approccio con la vaccinazione spray è già in fase di sperimentazione nell'uomo. Su 8 potenziali candidati, 3 sono già nella fase III (l'ultima) di sperimentazione. Ma la ricerca non è affatto ferma: recentemente uno studio dei ricercatori della Yale University ha testato in animale la strategia "Prime and Spike", ovvero la combinazione della vaccinazione a mRNA con la vaccinazione spray. L'idea di fondo è semplice: stimolare inizialmente una potente risposta immunitaria per poi migliorarla attraverso un booster spray capace di indirizzare la produzione di IgA a livello delle mucose. Dalle analisi è emerso che la strategia utilizzata è stata in grado di ridurre le probabilità di sviluppo di forme severe di Covid-19 e, allo stesso tempo, di ridurre la quantità di virus a livello delle mucose. Non solo, gli animali quando esposti a proteine spike di Sars-Cov-1 (responsabile della SARS), hanno prodotto un ampio spettro di anticorpi. Un risultato che dimostra come questa combinazione possa potenzialmente generare una risposta utile a  difendersi da nuovi ceppi o varianti di coronavirus.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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