Una sola dose, in chi non ha mai avuto la malattia, non basta. Il ciclo deve essere portato a termine. Contro la variante delta la sola protezione indotta da infezione naturale non basta
C'è un solo modo per tenere a bada il virus ed in particolare la variante delta: vaccinarsi e farlo completando il ciclo. Solo in questo modo si ha una protezione contro la variante virale che maggiormente si sta diffondendo nel mondo. Questo vale anche per chi ha avuto una precedente infezione da Sars-Cov-2. La sola infezione per via naturale non basta a scongiurare il contagio da variante delta. Sono questi, in estrema sintesi, i messaggi principali emersi da due studi da poco pubblicati dalle riviste New England Journal of Medicine e Nature.
VARIANTE DELTA, AUMENTA LA CONTAGIOSITA'
Tra le varianti che in passato hanno destato maggiori preoccupazioni c'è stata la variante alfa, isolata in Inghilterra nel mese di dicembre e diffusasi nel mondo intero nel giro di pochi mesi. A differenza di altre varianti, quella alfa si è diffusa ed è divenuta predominante grazie alla sua elevata contagiosità, di circa il 60% superiore rispetto a Sars-Cov-2 isolato in origine. Una caratteristica, quella della maggior contagiosità, che si è tradotta in un numero elevatissimo di contagi, ricoveri e decessi nei mesi invernali del 2021. Presto però questa variante sarà un lontano ricordo. In queste settimane a prendere il suo posto ci ha pensato la variante Delta, isolata in India, responsabile del nuovo incremento di casi in tutta Europa. Secondo gli studi epidemiologici effettuati proprio in Inghilterra, la variante delta sembrerebbe essere più contagiosa della alfa almeno del 40-50%. Un virus dunque che si sta evolvendo verso una contagiosità massima.
I VACCINI FUNZIONANO
Ma a preoccupare maggiormente i ricercatori non è tanto la maggiore contagiosità della variante delta quanto la sua presunta capacità di non essere riconosciuta dagli anticorpi generati o da una precedente esposizione al virus o dalla vaccinazione. Fortunatamente gli studi a riguardo cominciano ad arrivare e le notizie sono confortanti. Al di là dei dati ottenuti "sul campo", dove i vaccini si stanno dimostrando utili nell'evitare ospedalizzazioni e morti a dispetto della crescita dei nuovi casi, due studi da poco pubblicati hanno indagato la capacità degli anticorpi di neutralizzare la variante delta.
Nel primo, pubblicato sul New England Journal of Medicine, gli autori hanno indagato la capacità neutralizzante -contro due forme di variante delta- degli anticorpi presenti nel sangue dei vaccinati con vaccini a mRNA e di chi aveva avuto in passato un'infezione da Sars-Cov-2. Dalle analisi è emersa una riduzione della capacità neutralizzante in entrambe i gruppi. Riduzione di 6,8 volte per la variante B.1.617.1 e di 2,9 volte per la variante B.1.617.2. Ciononostante una buona percentuale di sieri provenienti da ex-malati e in tutti i campioni analizzati provenienti da vaccinati, l'attività neutralizzante rilevabile è stata sempre al di sopra della soglia di rilevazione contro entrambe le varianti e fino a 3 mesi dopo l'infezione o dopo la seconda dose di vaccino. Pertanto, hanno concluso gli autori, "l'immunità protettiva conferita dai vaccini mRNA è molto probabilmente conservata contro le variante delta".
...ANCHE ASTRAZENECA
Lo studio da poco pubblicato su Nature aggiunge un ulteriore tassello alla conoscenza. In questo caso i ricercatori dell'Institut Pasteur di Parigi hanno valutato la capacità neutralizzante degli anticorpi sia negli ex-malati sia nelle persone vaccinate con le due tipologie di vaccini oggi in commercio (Pfizer-BioNTech a mRNA, AstraZeneca a vettore virale). Dalle analisi è emerso che, seppur ridotta, la capacità neutralizzante si è preservata con entrambe i vaccini somministrati in due dosi. Capacità invece ridotta enormemente con una sola dose. Stessa cosa per chi aveva avuto la malattia in precedenza: la capacità neutralizzante degli anticorpi da infezione naturale è risultata insufficiente. Risultati importanti, in linea sia con quanto pubblicato sul New England Journal of Medicine sia con l'osservazione di quanto sta accadendo in Inghilterra, che confermano la necessità -per chi non è mai entrato in contatto con il virus- di sottoporsi a ciclo di vaccinazione completo. Per chi invece ha già avuto la malattia, il risultato indica la necessità di sottoporsi ad una dose (che funge da seconda) di vaccino per evitare una reinfezione.
Quanto raccontato in questo articolo non comprende però un'altra importante caratteristica della risposta immunitaria: la capacità di rispondere ad un virus da parte del sistema immunitario non è solo questione di anticorpi neutralizzanti. Cellule B della memoria e cellule T rappresentano altri importanti fattori nella risposta al virus. La protezione contro Sars-Cov-2 passa anche da queste componenti del sistema immunitario.
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Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.