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Fumo
Fabio Di Todaro
pubblicato il 20-07-2018

Fibrillazione atriale: cuore in «tilt» se si fumano troppe sigarette



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Al crescere del numero di sigarette fumate, aumenta la probabilità di sviluppare la più frequente aritmia cardiaca

Fibrillazione atriale: cuore in «tilt» se si fumano troppe sigarette

Più si fuma, maggiore è il rischio di avere un cuore che batte troppo forte. O, comunque, in maniera irregolare. La fibrillazione atriale, il più frequente disturbo del ritmo cardiaco, oltre che un fattore di rischio per l'ictus cerebrale, è una condizione più frequente tra i fumatori. E il rischio di svilupparla cresce all'aumentare del numero di sigarette accese ogni giorno. È questo il dato che emerge da una metanalisi pubblicata sull'European Journal of Preventive Cardiology, che ha visto coinvolti quasi settecentomila adulti precedentemente arruolati in 29 studi condotti in diverse parti del mondo. 

IL FUMO FA PIU' DANNI
DELL'INQUINAMENTO ATMOSFERICO?

PIU' SI FUMA, MENO FUNZIONA BENE IL CUORE

Dall'analisi effettuata a posteriori, è emersa una relazione lineare tra il fumo di sigaretta e la fibrillazione atriale. Più si fuma, cioè, meno regolare è il battito cardiaco. Gli autori dello studio hanno stilato anche una «graduatoria»: tra cinque e trenta sigarette al giorno, la probabilità di sviluppare la fibrillazione atriale aumenta tra il 9 e il 45 per cento. Oltre al numero di sigarette accese, conta anche il tempo: più è quello trascorso fumando, maggiore è il rischio di danneggiare la componente elettrica del proprio cuore. I risultati confermano i benefici legati alla rinuncia al fumo. O, per chi ha già iniziato, allo smettere di fumare

 

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RISCHI CARDIACI PIU' ALTI PER CHI FUMA

Le linee guida europee sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari raccomandano di evitare il tabacco in qualsiasi forma: sigarette, sigari, pipe, cilum e sigarette elettroniche. Il fumo è infatti la causa principale di infarto e di malattie coronariche in uomini e donne e si associa al trenta per cento delle morti causate da malattie coronariche, a un aumentato rischio di morte improvvisa e di mortalità perioperatoria in pazienti con bypass coronarico. Eppure molti fumatori colpiti da un evento cardiovascolare acuto, ricominciano a fumare nel giro di qualche mese. «Dati recenti riportano che oltre la metà dei fumatori dimessi dopo aver avuto una sindrome coronarica acuta riprende a fumare, spesso già nelle prime tre settimane dopo la dimissione - afferma Michele Gulizia, direttore della divisione di cardiologia dell’ospedale Garibaldi-Nesima di Catania -. I fumatori mostrano un rischio di nuovi eventi acuti nel primo anno di tre volte superiore rispetto a coloro che abbandonano l'abitudine. E in chi riprende nei primi dieci giorni dalla dimissione, il rischio è quintuplicato».

Ictus: prevenirlo con la diagnosi precoce di fibrillazione atriale

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05-12-2017
FIBRILLAZIONE ATRIALE E ICTUS CEREBRALE

La fibrillazione atriale è la condizione più comune che porta a un battito cardiaco irregolare: 33,5 milioni le persone che ne soffrono nel mondo, quasi seicentomila soltanto in Italia, di cui buona parte inconsapevoli (si stima che quattro pazienti su dieci non ricevano cure adeguate). L’aritmia, generata nelle camere atriali del cuore e responsabile dell’irregolarità del battito cardiaco, è più diffusa tra gli uomini. Battito irregolare, palpitazioni, variazioni della pressione sanguigna e affaticamento sono «spie» importanti. Condizioni che generano preoccupazione, «anche se in realtà la fibrillazione atriale deve fare paura non perché accelera il battito, ma per il rischio di sviluppare ictus da embolie: in genere molto grave e invalidante», dichiara Stefano Favale, direttore dell’unità di cardiologia al policlinico di Bari. «Una volta fatta la diagnosi di fibrillazione atriale, il passaggio successivo consiste nello stabilire una terapia anticoagulante per ridurre il rischio d’ictus e nell’identificare le cause predisponenti che spesso necessitano di cure specifiche». 

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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