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Ginecologia
Donatella Barus
pubblicato il 24-01-2020

Resistenza agli antibiotici: la ricerca è in ritardo



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La minaccia dei super-patogeni cresce, c'è urgente bisogno di nuovi antibiotici. Ma Big Pharma arretra e la ricerca non sta al passo. L'analisi dell'OMS e le strategie contro la farmaco-resistenza

Resistenza agli antibiotici: la ricerca è in ritardo

La resistenza agli antibiotici è una delle maggiori preoccupazioni attuali in sanità pubblica: aumentano le infezioni contro cui non funzionano gli antimicrobici attualmente in uso. E non si vedono molti farmaci efficaci all’orizzonte. Ecco perché l’Organizzazione mondiale della sanità, presentando due rapporti sullo sviluppo di nuovi antibiotici, lancia (nuovamente, e a gran voce) un appello affinché governi e industria trovino un modo per sostenere la ricerca e la produzione di medicinali innovativi.

 

L'ANTIBIOTICO-RESISTENZA

Si stimano circa 33.000 vittime l’anno soltanto in Europa per la resistenza agli antibiotici. Di queste, 10.000 in Italia, che è la nazione che ora sta pagando il prezzo più alto. Lo scenario è talmente grigio che alcuni esperti parlano dell’arrivo di un’era post-antibiotica, in cui infezioni prima dimenticate o risolvibili diventano invece incurabili, un’epoca in cui procedure mediche che diamo per scontate da settant’anni diventano rischiose o improponibili. È il caso di operazioni chirurgiche, di trapianti e di chemioterapia (che riduce le difese immunitarie e necessita di terapie protettive per evitare infezioni letali), solo per fare alcuni esempi.

 

LA RICERCA E IL "DISCOVERY VOID"

Gli sforzi per rallentare la farmacoresistenza sono tanti, a livello globale: si cerca di ridurre l’uso indiscriminato di antibiotici, sia in medicina sia negli allevamenti. Si invita a mettere in atto misure fondamentali per proteggersi dalle infezioni, comprese le vaccinazioni, e si cercano valide alternative. Ma, ricorda ora l’OMS, il declino degli investimenti da parte delle aziende e la carenza di innovazione sono una zavorra pesantissima per qualunque prospettiva di miglioramento. Se non si muovono Big Pharma e i decisori in politica sanitaria è illusorio pensare a risultati concreti. Nel 2011 un’analisi pubblicata sulla rivista della Società americana di microbiologia parlava di “discovery void”, un vuoto di scoperte che perdurava dal 1987, senza brevetti o scoperte significative. Un vuoto mai visto dagli anni ’40 in avanti, attraverso il “boom” degli anni ’50. E oggi?

 

NUOVI FARMACI POCO INNOVATIVI

Il quadro attuale della ricerca farmaceutica e dello sviluppo di nuovi farmaci antimicrobici è tratteggiato da due nuovi rapporti: Antibacterial agents in clinical development – an analysis of the antibacterial clinical development pipeline e Antibacterial agents in preclinical development). I documenti sono stati redatti da Sarah Paulin and Peter Beyer della Divisione resistenza antimicrobica dell’OMS. Dalle pagine fitte di dati e di considerazioni emergono indicazioni importanti. Oggi i prodotti in fase di sviluppo sono 60, 50 antibiotici e 10 farmaci biologici. Secondo gli analisti dell’OMS questi nuovi farmaci portano «scarsi benefici rispetto ai trattamenti esistenti» e solo pochi di essi sono mirati contro gli agenti patogeni più pericolosi. Nel 2017, infatti, l’OMS aveva pubblicato una lista di dodici agenti patogeni prioritari, quelli cioè particolarmente nocivi perché sempre più resistenti alle terapie, su cui dunque era bene concentrare gli sforzi per produrre nuove cure. Dei 60 nuovi antibiotici in via di sviluppo 32 sono attivi contro almeno uno dei patogeni nella “black-list”, ma con pochi miglioramenti rispetto ai farmaci esistenti. Solo due servono contro i batteri Gram-negativi (ad esempio la Klebsiella pneumoniae e l’Escherichia coli) che rappresentano in tutto il mondo una minaccia crescente alla salute delle persone, specie quelle più fragili, perché si diffondono rapidamente e producono forme resistenti alle terapie. Appena tre sono i nuovi farmaci in sviluppo contro le infezioni dai batteri Klebsiella NDM-1, resistenti anche agli antibiotici più efficaci (ricorderete il batterio “New Delhi” di cui si è parlato durante l’estate 2018 per una serie di casi gravi in Toscana). Bene invece, perché in buona parte soddisfano i criteri di innovatività dell’OMS, i nuovi medicinali che arriveranno per la tubercolosi e per le infezioni da Clostridium difficile.

Qualche promessa in più in termini di innovazione sembrano custodirla i farmaci attualmente in fase preclinica (non ancora testati su esseri umani). Sono 252 quelli che agiscono contro i batteri più pericolosi, ma si ipotizza che i primi prodotti disponibili arriveranno non prima di un decennio. Gli autori rilevano anche che la gran parte della ricerca e dello sviluppo dei nuovi antibiotici è in mano a aziende medio piccole e che Big Pharma resta sostanzialmente latitante.

 

I NUOVI ARRIVI

Dal 2017 sono stati approvati per il mercato otto nuovi antibiotici. Due ritenuti “innovativi” dall’OMS. In questi anni, fra l’altro, è stato immesso sul mercato un nuovo farmaco per la tubercolosi, il pretomanid, che è stato sviluppato interamente da una organizzazione non-profit, la Global Antibiotic Research and Development Partnership (GARDP), che collabora con partner pubblici e privati di oltre 20 paesi e punta a portare a compimento 5 nuovi trattamenti entro il 2025. Il GARDP si finanzia grazie a un gruppo si sponsor fra cui la Bill & Melissa Gate Foundation, Medici senza Frontiere, diversi Ministeri ed enti pubblici europei (Germania, Svezia, Olanda, Lussemburgo, Principato di Monaco) e il Research Council sudafricano. Partecipano sul piano scientifico centri di ricerca in tutto il mondo, fra cui la Joint Programming Initiative on Antimicrobial Resistance (JPIAMR) dell’Unione europea e la Fondazione Penta che ha sede a Padova.

 

CAMBIARE I MODELLI DI SVILUPPO

Diversi Paesi stanno mettendo in atto strategie per incentivare la ricerca e lo sviluppo di nuovi antimicrobici, semplificando le dinamiche di immissione in commercio. Ad esempio negli USA sono stati rivisti i sistemi di rimborso negli ospedali, nel Regno Unito e in Svezia si testano modelli pilota di acquisizione e pagamento. Tutto bene, purchè – sottolineano gli esperti OMS – questi sforzi si concentrino sui prodotti più utili e innovativi. Molto molto chiaro il discorso di Hanan Balkhy, assistente del Direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità con delega alla resistenza agli antimicrobici: «È importante focalizzare gli investimenti pubblici e privati sullo sviluppo di terapie efficaci contro batteri super-resistenti, perché siamo a corto di opzioni. E dobbiamo assicurarci che, una volta che avremo queste nuove cure, le stesse siano disponibili a chiunque ne abbia bisogno».

Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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