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L'esperto risponde
Daniele Banfi
pubblicato il 06-04-2020

Coronavirus: l'importanza del contact-tracing digitale



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Nella lotta al coronavirus il tempo è tutto. Isolare i positivi, tracciare e testare i contatti stretti è di fondamentale importanza per interrompere la corsa del virus. La tecnologia può velocizzare questo percorso

Coronavirus: l'importanza del contact-tracing digitale

Per spezzare la catena di contagio del Coronavirus, le indicazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sono chiare: individuareisolare le persone positive, ricostruirne i contatti stretti, testare queste persone e, se positive, isolarle e trattarle a loro volta. Un percorso laborioso la cui efficacia dipende dalla velocità con cui il processo avviene. Ecco perché in questi giorni sta assumendo sempre più importanza il ruolo del contact-tracing digitale. Un modello a cui la nostra nazione - con grave ritardo - comincia a lavorare come testimonia la recente creazione della Task Force per il tracciamento digitale.

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SPEZZARE LA CATENA DI CONTAGIO 

Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, il lock-down che sta coinvolgendo tutta l'Italia sta cominciando a dare i suoi primi frutti. Una misura resasi necessaria per evitare che il numero di casi seguisse una crescita esponenziale mettendo in ginocchio - come è accaduto in Lombardia - il sistema sanitario dell'intera nazione. Ora però che si incomincia a intravvedere la discesa nel numero di casi, si fa sempre più pressante la necessità di gestire le nuove infezioni dei mesi a venire. Passato lo tsunami di casi, sarà fondamentale controllare la circolazione del virus, almeno sino a quando non sarà disponibile un vaccino.

Per farlo, come spiegato in precedenza, occorre predisporre un sistema di monitoraggio rapido ed efficiente che spenga sul nascere i nuovi focolai. Sistema che, senza l'ausilio della tecnologia, risulta essere molto laborioso e poco efficace. Questo perché la ricostruzione della catena di contagio è influenzata dai ricordi degli individui positivi e implica un lavoro di ricostruzione manuale che può durare molti più giorni di quelli che impiega il virus a trasmettersi. In sostanza una lotta impari: il virus corre più veloce di chi gli dà la caccia.

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CORRERE ALLA VELOCITA' DEL VIRUS 

Per correre alla velocità del Coronavirus, non si può più prescindere dall'utilizzo del contact-tracing digitale, ovvero la ricostruzione dei contatti per via tecnologica. L'efficacia è tutta spiegata in uno studio pubblicato la scorsa settimana su Science dal gruppo di ricerca del dottor Luca Ferretti dell'Università di Oxford. Il fulcro di tutto è una «app» da installare sul proprio smartphone capace di ricostruire istantaneamente i contatti avuti dai contagiati negli ultimi giorni, segnalare a tutti la presenza di contagiati nelle vicinanze e avvisare chi è entrato in contatto con dei contagiati, affinché si sottoponga a tampone e si autoisoli. Un sistema capace di azzerare il tempo di ricostruzione dei contatti per poter correre così alla stessa velocità del virus.

RICOSTRUIRE GLI INCROCI PERICOLOSI

«Queste app - spiega Alfonso Fuggetta, professore di informatica a  Politecnico di Milano, CEO di Cefriel e componente della Task Force ministeriale - non rappresentano una novità assoluta ma sono già state sviluppate da tempo. Tali strumenti hanno la caratteristica di individuare la posizione della persona integrando dati provenienti dal GPS, dalle reti Wi-fi e mobile e dalla tecnologia Bluetooth. L'altra caratteristica fondamentale su cui si fondano è lo sviluppo di un algoritmo di "matching" per stabilire eventuali "incroci pericolosi" e dare l'allarme, ovvero per capire quando una persona è entrata in contatto stretto con un'altra poi risultata positiva al virus». 

Il vantaggio di questo approccio - un esempio, raccontato nei giorni scorsi, è quello della Corea del Sud - è presto detto. Ciò che viene fatto manualmente basandosi sui ricordi della persona positiva (pensiamo all'enorme margine di errore) ora può essere automatizzato nel tempo 0. «Il contact-tracing digitale non si pone in antitesi con quanto viene fatto attualmente. Questo approccio ha la caratteristica di segnalare a tutti la presenza di contagiati nelle vicinanze e avvisare chi è entrato in contatto con dei contagiati affinché si sottoponga a tampone e si autoisoli. Esattamente la stessa procedura dell'OMS. La differenza è nel tempo di esecuzione», spiega Fuggetta.

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IL CONTACT-TRACING FUNZIONA SE LA STRATEGIA E' INTEGRATA

Attenzione però a cadere nell'errore che la battaglia al coronavirus sia solo una questione tecnologica. «Le app sono uno strumento a supporto della strategia indicata dall'OMS. Da sole, senza una necessaria integrazione con i test diagnostici e il trattamento dei positivi, non possono risolvere il problema», conclude Fuggetta. Ed è proprio in questa direzione che l'Italia è chiamata a un salto di qualità organizzativo: come ci ha ricordato Pierluigi Lopalco in un'intervista rilasciataci la scorsa settimana, «nei prossimi mesi sarà fondamentale effettuare una forte sorveglianza sanitaria che individui immediatamente i nuovi casi in modo da controllare e spegnere il focolaio sul nascere». Tradotto: test rapidi, contact-tracing e isolamento in strutture in grado di garantirne l'efficacia.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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