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L'esperto risponde
Fabio Di Todaro
pubblicato il 02-03-2020

Coronavirus: un «flop» la quarantena della Diamond Princess



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Facendo sbarcare i passeggeri il 4 febbraio, giorno di inizio della quarantena, il numero dei contagi sarebbe stato dieci volte inferiore

Coronavirus: un «flop» la quarantena della Diamond Princess

Un effetto contrario a quello atteso. La quarantena in cui è stata posta la Diamond Princess - fermata nel porto di Yokohama lo scorso 5 febbraio, con 3.700 persone a bordo - non è bastata a contenere l'infezione. Nel tempo trascorso assieme a bordo della nave da crociera, il numero delle persone contagiate è aumentato in maniera considerevole. L'ipotesi è che il dato degli infetti sia cresciuto fino a dieci volte «obbligando» i passeggeri a non abbandonare la nave. 

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La bocciatura della strategia adottata a bordo della nave da crociera giunge nel giorno dello sbarco dell'ultima persona, il comandante italiano Gennaro Arma. In uno studio pubblicato sul Journal of Travel Medicine, attraverso un modello statistico, un gruppo di ricercatori della Umea University (Svezia) ha dimostrato che «se la nave fosse stata immediatamente evacuata all'arrivo a Yokohama, il numero dei contagiati sarebbe stato pari all'incirca a 70». In totale, invece, a entrare in contatto con il virus sono state 705 persone. «Un tasso quattro volte superiore a quello osservato nello stesso periodo nelle aree più colpite della Cina», afferma l'epidemiologo Joacim Rocklöv, prima firma dello studio. Cinque i decessi registrati tra i passeggeri della Diamond Princess.


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IL CASO DIAMOND PRINCESS

Mentre si trovava nelle acque territoriali giapponesi, la nave da crociera Diamond Princess è stata messa in quarantena il 4 febbraio, sette giorni dopo che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l'emergenza sanitaria globale. Una decisione consigliata dalla rilevazione del contagio in un ottantenne sbarcato a Hong Kong, 24 ore prima. I passeggeri sono rimasti isolati a bordo della nave nel porto di Yokohama fino al 27 febbraio. Giorno dopo giorno, però, il numero degli infetti è cresciuto. Al punto che la Diamond Princess è diventata il secondo focolaio al mondo - prima del sorpasso da parte dell'Italia - per diffusione del Coronavirus dopo la Cina. Un andamento che ha spinto le autorità a prolungare l'isolamento oltre il 19 febbraio, giorno inizialmente previsto per l'inizio dello sbarco (considerando le due settimane di incubazione del Coronavirus). Ma la misura non ha sortito gli effetti sperati.

PERCHE' LA QUARANTENA NON HA FUNZIONATO? 

Sulla carta, i passeggeri sintomatici avrebbero dovuto essere isolati dagli altri. Ma la profilassi, a bordo di una nave grande anche se con spazi comunque affollati, non è stata parimenti efficace. Se non si può escludere che alcune persone fossero infette anche prima del 4 febbraio, la vicinanza tra le persone è stata riconosciuta come la possibile (e principale) causa del rapido aumento dei contagi. Un ruolo secondario potrebbe averlo giocato anche l'impianto di condizionamento della nave. «Quello che andava fatto era trattare ogni singolo caso in funzione dell’esposizione al virus», è quanto assserito nei giorni scorsi da Walter Ricciardi, membro del consiglio esecutivo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e consulente del Governo italiano per l'epidemia. «La quarantena doveva avvenire in luoghi separati».


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COSA SAREBBE STATO OPPORTUNO FARE?

In linea teorica, infatti, l'ipotesi di fondo era corretta, come dimostra un'altra elaborazione compiuta dagli stessi ricercatori, che ha permesso di quantificare in 2.920 i contagi che si sarebbero registrati se non fosse stata adottata alcuna azione a bordo della Diamond Princess. Detto ciò, «in un ambiente circoscritto e affollato, il rischio di contagio a opera di un virus a trasmissione respiratoria è più alto», prosegue Rocklöv. Così la nave da crociera oggi celebre in tutto il mondo - in cui i membri dell'equipaggio hanno continuato a dormire e a consumare i pasti in condivisione - è diventata la «culla» ideale per la diffusione del Coronavirus.


Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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