Antivirali e plasma dei pazienti le terapie sperimentate nei casi più gravi. Ma ora serve un protocollo di cure domiciliari per evitare l'evoluzione della malattia
Curare efficacemente Covid-19, la malattia che si sviluppa in seguito all'infezione da Sars-Cov-2, si è rivelato subito un'impresa. La ragione è semplice: sino a 3 mesi fa non sapevamo dell'esistenza di questo virus. E' per questa ragione che al momento ad essere utilizzati sono alcuni "vecchi" antivirali e il plasma delle persone guarite. Nell'attesa di risultati più solidi sul loro utilizzo c'è la necessità sempre più pressante -in vista di una eventuale seconda ondata- di individuare un protocollo di cura che i medici di base potranno somministrare a casa prima che l'infezione da coronavirus evolva richiedendo un ricovero.
L'INSUCCESSO DEI FARMACI ANTI-HIV
Innanzitutto una premessa: quando parliamo di farmaci per Covid-19 ci riferiamo a quelli somministrati in via del tutto sperimentale nei pazienti ricoverati con sintomi importanti. "Ad inizio epidemia -spiega Giuseppe Remuzzi, Direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri- contro Covid-19 si è pensato di utilizzare degli antivirali (Lopinavir e Ritonavir) già in uso contro HIV. Purtroppo però, dopo le prime somministrazioni, uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine ha dimostrato che nello stadio avanzato della malattia, cioè quando servirebbero, questi farmaci non funzionano".
GLI ANTIVIRALI IN SPERIMENTAZIONE
Per questa ragione il mondo della ricerca ha provato ad utilizzare un farmaco, Remdesivir, messo a punto con scarso successo per l'Ebola ma efficace, in modello animale, contro il virus causa della SARS e della MERS. Virus "abbastanza" simili a Sars-Cov-2. Utilizzato in via compassionevole su un paziente statunitense, i sintomi sono migliorati nel giro di due giorni. Un risultato che ha indotto gli scienziati ad estenderne l'utilizzo ad altri pazienti. "In uno studio che ha coinvolto 53 pazienti negli Stati Uniti e in altre parti del mondo, 33 hanno avuto un miglioramento in termini di richiesta di ossigeno e 17 di questi 33 che avevano un ventilatore hanno potuto abbandonare la ventilazione meccanica. Un dato Un dato importante ma attenzione a trarre conclusioni definitive" spiega Remuzzi.
Non a caso, notizia di poche ore fa, una sperimentazione più ampia del farmaco non avrebbe portato ai risultati sperati. Ma il condizionale è d'obbbligo vista l'assenza di dati ancora pubblicati (al 24 aprile). Secono l'azienda produttrice, Gilead, "Lo studio è stato interrotto in anticipo per la scarsa partecipazione, è stato sottodimensionato impedendo conclusioni statisticamente significative. Per questo i risultati appaiano inconcludenti, sebbene i dati e i trend suggeriscano potenziali benefici con il remdesivir per i pazienti, soprattutto per quelli curati all'inizio della malattia".
PLASMA DEI GUARITI
Nell'attesa di chiarire l'effiacia dell'unico antivirale al momento disponibile, un'altra strada è rappresentata dall'utilizzo del plasma dei pazienti guariti. In queste persone infatti si sviluppano anticorpi contro il nuovo coronavirus che possono servire a chi è malato per combattere l'infezione. Già in passato, nei casi di influenza A (H1N1) la somministrazione di una soluzione arricchita di immunoglobuline si è dimostrata utile nel ridurre la mortalità. "L'efficacia di questa terapia, già impiegata in passato con Ebola, con la Sars e la Mers, è stata provata anche da uno studio in Cina, per ora su 10 pazienti, pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS" spiega Remuzzi. Attualmente -come raccontato nei giorni scorsi in un nostro articolo- in alcune città del nord Italia, come Mantova, Padova, Lodi e Pavia sono partite delle sperimentazioni, che mostrano primi risultati di successo in pazienti gravi.
ANTICORPI PRODOTTI IN LABORATORIO
Il vero problema di questo approccio però è relativo alla disponibilità di sacche di plasma. Per questa ragione una delle possibili soluzioni è rappresentata dalla creazione in laboratorio di questi anticorpi. "In vari laboratori accademici e dell’industria nel mondo -spiega l'esperto- sono infatti in fase di sviluppo anticorpi monoclonali umani diretti contro la proteina Spike, una delle componenti del virus SARS-CoV-2. Anche per terapie basate su questi anticorpi sarà tuttavia necessario procedere in modo rigoroso nella valutazione clinica della loro sicurezza, tollerabilità ed efficaci in pazienti affetti da Covid-19".
CURE A DOMICILIO
Ma se quanto raccontato sino ad ora riguarda terapie da utilizzare nei casi più gravi, l'altra grande sfida medica è quella di evitare che la malattia in fase iniziale evolva e richieda ospedalizzazione. "Noi riteniamo che in realtà il virus vada combattuto casa per casa e debba essere fermato prima che arrivi a danneggiare i polmoni in modo grave o addirittura irreversibile" spiega Remuzzi. Che aggiunge: "Quello che vorremmo proporre è un protocollo di cure molto semplici ma presumibilmente efficaci da proporre al medico di medicina generale che derivano in parte dalle evidenza della letteratura e in parte dall’esperienza che i medici in queste settimane, in prima linea, hanno “sperimentato sul campo”. Questo protocollo sarà mandato a breve ad una rivista on-line e data l’urgenza chiederemo una pre-pubblicazione prima che abbia passato il vaglio dei Reviewers. Siamo convinti che questo approccio abbia dei limiti ma le condizioni di emergenza in cui ci troviamo non consentono di aspettare il vaglio dei Reviewers di qualunque rivista internazionale che ci sarà certamente più avanti" conclude Remuzzi.
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Daniele Banfi
Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.