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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 26-04-2019

Infiammazione «trait d'union» tra mal di cuore e depressione



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Il nesso tra le due malattie è noto da tempo. Ora un ampio studio indica l’infiammazione come terreno condiviso. E la psichiatria va verso l’immunologia

Infiammazione «trait d'union» tra mal di cuore e depressione

Che tra la depressione e le malattie cardiovascolari ci sia un legame, si sa da tempo. Ignoto, però, è ancora il collegamento. Quali meccanismi uniscono i due disturbi? La causa potrebbe essere nel troppo stress, responsabile di un aumento dei livelli di infiammazione che potrebbe fungere da «innesco» per le due condizioni. La «comorbidità» - ovvero la compresenza dei due problemi di salute - risulta particolarmente deleteria. Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte. E la depressione è la prima causa di disabilità a livello mondiale. Quest'ultima sembra «chiamare» l’insorgere dei disturbi di cuore. Vige inoltre un effetto proporzionale: più grave è la depressione e più è probabile sviluppare disfunzioni cardiovascolari o morirne.

QUAL E' IL RAPPORTO
TRA INFIAMMAZIONE E DEPRESSIONE? 

I RISCHI SI POTENZIANO A VICENDA

Già mezzo secolo addietro era stato evidenziato che il 40 per cento dei pazienti colpiti da un infarto del miocardio soffriva di depressione. Vari accertamenti successivi avevano escluso che si trattasse soltanto di una (comprensibile) reazione psicologica per il grave colpo ricevuto. Oltre va invece una ricerca pubblicata sulla rivista Molecular Psychiatry, che punta sull’infiammazione come «trait d'union» tra la salute mentale e quella cardiovascolare. A condurla un gruppo dell’Università di Cambridge in Gran Bretagna, sotto la guida di Golam Khandaker (psichiatra) e del collega Stephen Burgess (epidemiologo del dipartimento di salute pubblica e cure primarie). Le persone messe sotto indagine sono state 370mila, di età compresa tra 40 e 69 anni. Per prima cosa, gli studiosi hanno voluto verificare se avere in famiglia una storia di malattie cardiovascolari faceva innalzare il rischio di depressione. E così hanno riscontrato che, in effetti, chi aveva perso almeno uno dei genitori per problemi di cuore, mostrava un rischio di disturbo dell’umore più alto del venti per cento.


Una depressione non curata cambia (per sempre) il cervello 

TRE MARKER IN COMUNE

Altra verifica: e se a unire le due malattie fosse un legame a livello dei geni? Gli opportuni riscontri a questo quesito hanno evidenziato che non si registra una predisposizione genetica comune. A questo punto Khardaker e i suoi hanno fatto riferimento alla statistica per esaminare 15 marcatori collegati con i disturbi cardiovascolari e confrontarli con quelli della depressione. Ed ecco che tre marker biologici per il rischio di problemi cardiaci sono comparsi anche nei fattori di rischio del «male oscuro». E precisamente i trigliceridi e due proteine collegate col processo infiammatorio: interleuchina 6 (Il-6) e C-reattiva (Crp). Secondo i ricercatori, il nostro corpo sviluppa le due proteine in risposta a fattori fisiologici tipo infezioni e stili di vita non sani (fumare, bere, essere sedentari) oppure per reazione allo stress psicologico. Forti marcatori dell’infiammazione sono spesso presenti nei casi di depressione resistente ai farmaci come pure alti livelli di Il-6 e Crp caratterizzano tante volte gli episodi di grave disturbo dell’umore.

VERSO L’IMMUNOLOGIA

«Può essere che problemi di cuore e depressione - osserva Khardaker - condividano sottostanti meccanismi biologici che si manifestano in due diversi apparati: il sistema cardiovascolare e il sistema nervoso centrale. Il nostro studio suggerisce che l’infiammazione potrebbe essere uno di quei meccanismi in comune». Aggiunge Burgess: «Se pure non conosciamo i meccanismi condivisi delle due malattie, almeno ora abbiamo degli indizi per andare avanti in direzione di un coinvolgimento del sistema immunitario». Quanto alla funzione del terzo marcatore comune evidenziato, i trigliceridi, gli scienziati di Cambridge dichiarano che non è attualmente nota e che occorrono altri studi. Commenta Stefano Pallanti, professore associato di psichiatria e direttore della scuola di specializzazione dell'Università di Firenze: «Capire i meccanismi sottostanti alle malattie significa pure trovare la base per nuove terapie. Sono per lo meno superati certi luoghi comuni: un paziente malato di cuore e depresso, non veniva curato per la depressione come per dare la priorità alle cure cardiologiche. E invece i due disturbi appaiono correlati. Le sostanze attivate dall’infiammazione compaiono moltiplicate nella depressione e si è visto che le statine, in uso contro il colesterolo, riescono ad abbassarle un po’. Sull’altro lato gli antidepressivi serotoninergici hanno mostrato effetti di protezione del cuore analoghi a quelli dell’aspirina, attivi su certi parametri dell’infiammazione e sulle piccole arterie».


I sintomi depressivi che indicano un rischio per il cuore

CERVELLO STIMOLATO, CUORE REGOLATO

Continua Pallanti, citando un altro esempio di terapia dal valore duplice, la stimolazione magnetica transcranica (Tms), tecnica non invasiva di stimolazione del tessuto cerebrale, approvata da diversi anni come trattamento della depressione: «La Tms agisce sui disturbi dell’umore, ma ha effetti anche nel regolare la ritmicità del cuore. Quindi cura una malattia e migliora pure l’altra. In un paziente con problemi vascolari, occorre molta attenzione all’insorgere o meno della depressione: quest’ultima fa peggiorare il disturbo vascolare». Lo psichiatra fiorentino arriva a parlare di psichiatria vascolare. «Questa è la parte più specialistica della materia - conclude -. La psichiatria si è allargata e sta per diventare una specializzazione molto sofisticata, che confina con l'immunologia e la reumatologia». 

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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