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Neuroscienze
Francesca Morelli
pubblicato il 28-11-2014

Novità sul Parkinson: “Inutile rimandare le terapie”



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Secondo uno studio su malati italiani e africani, anticipare l’uso di levodopa non peggiora i sintomi. Anche la dieta conta. Il 29 novembre la Giornata Nazionale

Novità sul Parkinson: “Inutile rimandare le terapie”

Don’t delay, start today’: non tardare, comincia oggi (con la terapia a base di levodopa). Così titola un editoriale americano apparso di recente sulla rivista Brain che propone un approccio terapeutico al Parkinson radicalmente nuovo. Le Linee Guida Internazionali impongono, da oltre 30 anni, la somministrazione del farmaco più efficace contro il Parkinson, la levodopa appunto, solo a distanza di anni dalla comparsa dei sintomi di malattia, per risparmiare al paziente gli effetti collaterali, primi fra tutti i movimenti involontari. L’innovativo trattamento è già seguito anche in Italia, presso di Centro Parkinson degli Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano che, in occasione della Giornata Nazionale della Malattia di Parkinson, annuncia al riguardo i risultati di un proprio studio.

 

LO STUDIO

Iniziare il trattamento con levodopa, la terapia standard per il Parkinson, non più a 4-5 anni dalla diagnosi di malattia, ma fin dalla primissima sintomatologia. Anche in caso (raro) di comparsa in giovane età. Sono le rivoluzionarie conclusioni a cui è giunto uno studio condotto dal Centro Milanese e supportato dalla Fondazione Grigioni. Partita nel 2008, la ricerca ha confrontato gli esiti terapeutici di un centinaio di pazienti ghanesi mai trattati col farmaco e oltre 2.300 pazienti randomizzati dal centro milanese, entrati in terapia con levodopa e con fluttuazioni motorie, quale effetto collaterale, comparse dopo alcuni anni di terapia.

Gli effetti collaterali fino ad oggi erano stati attribuiti all’eccessivo protrarsi della terapia nel tempo o a un dosaggio farmacologico troppo elevato. Ora sembrano dipendere soprattutto dalla durata della malattia. «Il nostro studio - dichiara Gianni Pezzoli, Direttore del Centro Parkinson, Presidente dell’Associazione Italiana Parkinsoniani (AIP) e Presidente della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson - dimostra che in pazienti ghanesi, malati da più di 10 anni, a cui viene somministrata per la prima volta la terapia, insorgono le stesse complicazioni motorie solo dopo qualche ora, o al massimo qualche giorno, dalla somministrazione di levodopa».

 

LEVODOPA “NATURALE”

Si dimostrerebbe così che l’insorgenza delle fluttuazioni non sono un effetto farmacologico bensì che queste sono strettamente legate alla progressione naturale della malattia. Un risultato terapeutico che ha invitato a cercare una ‘levodopa naturale’, utile a trattare pazienti parkinsoniani in aree africane, sud-americane e/o nei paesi in via di sviluppo che altrimenti non avrebbero accesso alla terapia per le scarse disponibilità economiche, e identificata nella mucuna pruriens. Si tratta di un legume semplice da reperire anche nelle aree più povere del globo, facile da preparare ed i cui semi una volta tostati (questo è il segreto per ottenere la migliore efficacia terapeutica), decorticati, tritati e setacciati sono pronti per essere assunti senza alcun ulteriore passaggio industriale e tecniche chimico-farmaceutiche. Ma con i medesimi risultati del principio attivo: ovvero la riduzione al minimo degli effetti collaterali e un miglioramento della qualità di vita.

 

DIETOTERAPIA

Ma non è solo farmaco: l’approccio al Parkinson richiede anche, quale parte integrante della cura, una dietoterapia: carboidrati a pranzo e proteine alla sera che vanno strategicamente distribuiti nell’arco della giornata. «Questo perché la levodopa – spiega la dottoressa Erica Cassani, medico specialista in Scienza dell’alimentazione del Centro Parkinson, ICP Milano - è un amminoacido che a livello dell’intestino e all’ingresso del cervello compete con altri aminoacidi. Pertanto impostare una dieta ricca di alimenti proteici che aumenterebbe l’apporto nel sangue di queste sostanze, comprometterebbe il corretto assorbimento della levodopa.

Nella prima parte della giornata, quindi a colazione ma soprattutto a pranzo, quando il paziente ha necessità di essere più attivo, la dieta deve prediligere carboidrati, fibra e grassi». Sono quindi indicati pasta, riso, cereali, ma anche polenta, orzo, farro con verdure conditi con olio di oliva, pane, e un adeguato apporto di frutta. E per garantire il fabbisogno proteico, specie se anziano, le proteine andranno riservate alla merenda del tardo pomeriggio o alla sera. «A cena – conclude la specialista – si può alternare fra carne, pesce e legumi». Terzo e altrettanto fondamentale step della terapia, una seduta quotidiana di fisioterapia, accompagnata, laddove necessario anche da un supporto psicologico.


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