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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 04-05-2017

Biopsia liquida: sì per monitorare le cure, no per la diagnosi precoce



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Le varie tecniche di biopsia liquida non possono oggi essere un metodo di screening oncologico di routine su persone sane. Ma stanno rivoluzionando la scelta e il monitoraggio delle cure

Biopsia liquida: sì per monitorare le cure, no per la diagnosi precoce

Si parla di biopsia liquida: basterà un esame del sangue per diagnosticare qualsiasi forma di cancro all'esordio? Cerchiamo di fare chiarezza.

COS’È LA BIOPSIA LIQUIDA

Nella lotta al cancro prima si arriva ad una diagnosi certa e maggiori sono le probabilità di superare con successo la malattia. Tra le tecniche messe a punto per intercettare il tumore sin dal suo esordio c'è la biopsia liquida, una numerosa varietà di test effettuati su un prelievo di sangue al fine di valutare la presenza di “tracce” del tumore.

COS’È IL TEST ISET

Tra queste rientra anche ISET (Isolation by Tumor Size), la procedura di laboratorio dell'oncologa Patrizia Paterlini-Bréchot, finita sotto i riflettori dopo la pubblicazione del libro “Uccidere il cancro”. Una possibile arma a disposizione degli oncologi - tra i tanti test messi a punto - che non rappresenta affatto il metodo migliore per arrivare ad una diagnosi precoce bensì, al momento, uno strumento ancora in fase di valutazione.

A tal proposito sono chiarissime le parole del professor Carmine Pinto, presidente dell'AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica), in relazione a quanto diffuso da alcuni importanti organi di informazione: «È fuorviante, soprattutto se lo strumento utilizzato è il servizio pubblico, far credere ai cittadini che basti un semplice test del sangue per individuare in anticipo la malattia e sconfiggerla prima che si manifesti».

 

Tumore del polmone: pro e contro dello screening

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BIOPSIA LIQUIDA: SEGUIRE IL TUMORE IN TEMPO REALE

Il monitoraggio dell'evoluzione tumorale e delle terapie in campo oncologico sono i principali settori attuali di utilizzo della cosiddetta “biopsia liquida”. «Tecnicamente con questo termine - spiega il professor Angelo Di Leo, direttore dell'Unità di Oncologia Medica all'ospedale di Prato - si intende la ricerca di cellule tumorali o frammenti di Dna e Rna che vengono rilasciati nel circolo sanguigno dal tumore stesso. Il vantaggio di un approccio del genere non è solo quello di fare diagnosi precoce ma è quello di analizzare le caratteristiche genetiche del tumore che già è presente al fine di somministrare la migliore terapia. Non solo. C'è un altro vantaggio, cioè che a differenza di una biopsia tradizionale, dove il risultato è una “fotografia” parziale del tumore relativa solo alla sede dove è stato effettuato il prelievo del tessuto, con la biopsia liquida è possibile seguire l'evoluzione della malattia». Ed è proprio quest'ultimo uno degli indubbi vantaggi della biopsia liquida: alcune mutazioni nei tumori compaiono nel tempo e rendono inefficace una cura precedente. Ecco perché conoscerle è di fondamentale importanza per impostare nuove terapie.

 

NESSUN TEST A TAPPETO DI DIAGNOSI PRECOCE 

Ma se la biopsia liquida comincia ad essere utilizzata nel monitoraggio della malattia completamente differente è il discorso sull'utilizzo di questo set di test nell'individuazione di un qualsiasi tumore in persone che non presentano sintomi. Ovvero come test di screening. «Oggi - spiega Pinto - non abbiamo test sul sangue validati che permettono già nella popolazione generale la diagnosi precoce di tumore». Un'affermazione in netta contrapposizione con il messaggio che emerge in seguito al libro e alle interviste TV rilasciate dalla professoressa Paterlini-Bréchot. «La tecnica ISET - spiega Di Leo - pur isolando cellule cancerose metastatiche non ci dà nessuna informazione sull'origine e sulle caratteristiche del tumore. Un limite non indifferente se si pensa che esistono test sperimentali che invece sono già oggi in grado di dirci quale tumore abbiamo di fronte. Non solo, l'altro vero limite della tecnica è rappresentato dalla sensibilità del metodo. Ad oggi mancano studi solidi che ci dicano che ISET è in grado di scovare il tumore - sia in fase iniziale sia le metastasi - prima che possa essere identificato mediante altre esami di routine come la TAC. Ecco perché parlare di screening per i principali tumori attraverso questo specifico test è completamente fuori luogo».

 

Il futuro della diagnosi è la ricerca di Dna nel sangue

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AL MOMENTO UN SOLO TEST APPROVATO DALLA FDA

Attenzione inoltre a pensare che la biopsia liquida sia una pratica di routine a livello clinico. Ad oggi le tecniche sviluppate sono diverse decine ma quasi tutte sono ancora in fase di sperimentazione. «L'unico test ad oggi approvato dall'FDA prende il nome di CELLSEARCH, una metodica utilizzata per ricercare le cellule metastatiche dei tumori della mammella, della prostata e del colon-retto. L'identificazione di queste cellule avviene tramite la ricerca di alcuni marcatori di superficie presenti specificamente solo in quei tumori» conclude Di Leo. Test simili sono stati sviluppati anche per altre tipologie di tumori come quelle del polmone. E' notizia di poche settimane fa la pubblicazione di uno studio su Nature in cui si mostra la bontà di una tecnica di biopsia liquida nell'individuare la recidiva del tumore un anno prima di quanto visibile con la TAC.

 

NON ESISTE UN ESAME UNIVERSALE PER DIAGNOSTICARE IL CANCRO IN FASE PRECOCE

Il messaggio dunque è chiaro: la diagnosi precoce di tumore, allo stato attuale delle conoscenze, non può passare da una semplice analisi del sangue. Ciò che è fondamentale è l'individuazione del tumore primario, ovvero la sede di origine dello sviluppo del cancro. Ciò può essere fatto mediante molteplici esami (mammografia ed ecografia per il tumore al seno, visita dei nei per il melanoma, colonscopia per il tumore del colon-retto ecc...) che tuttora rappresentano il miglior modo per fare diagnosi certa e precoce. Pensare che un solo esame del sangue possa sostituire tutto ciò al momento è pura utopia e rischia di far passare in secondo piano importanti esami già oggi fondamentali per individuare un tumore.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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