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Pediatria
Daniele Banfi
pubblicato il 28-02-2017

Autismo: scoprirlo quando ancora non dà sintomi



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Grazie alla risonanza magnetica si è scoperto che è possibile diagnosticare l'autismo prima del suo esordio. Un vantaggio per iniziare da subito le terapie

Autismo: scoprirlo quando ancora non dà sintomi

I dati parlano chiaro: un bimbo che ha un fratello maggiore con autismo ha anch’esso maggiori probabilità di sviluppare la malattia. Ecco perché poterlo sapere prima dell’esordio dei sintomi può rappresentare un vantaggio in termini di cura. In uno studio pubblicato da Nature un gruppo di ricercatori della University of North Carolina ha scoperto che è possibile diagnosticare la malattia nei piccoli a rischio osservando la struttura cerebrale dei bambini già prima dei due anni, età tipica dell’esordio del disturbo. Un risultato importante in termini di diagnosi precoce.

 

CHE COS'E' L'AUTISMO?

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L’autismo è un disturbo che insorge in età infantile. Caratteristiche principali sono il deficit sociale, di comunicazione interpersonale e la presenza di movimenti ripetitivi e senza finalità. Una sorta di isolamento nel quali i piccoli sembrano essere incapsulati e distaccati dalla realtà. Nei disturbi dello spettro autistico ad essere alterata è la comunicazione tra le diverse aree cerebrali. Assottigliamento delle fasce nervose che connettono le zone tra loro e difetti nelle sinapsi tra neuroni sono solo alcuni dei danni strutturali rilevati. Purtroppo, prima dei due anni, fare diagnosi è molto difficile perché l’autismo non da sintomi. Eppure, come dimostrato nello studio degli scienziati americani, le tracce del disturbo potrebbero essere già presenti nei primi mesi di vita.

 

STRUTTURE CEREBRALI DIFFERENTI

Per arrivare a questa conclusione gli autori hanno analizzato il cervello di 106 bambini - con in famiglia un fratello o sorella autistico - tramite risonanza magnetica all’età di 6, 12 e 24 mesi. Analizzando le immagini gli scienziati hanno scoperto a posteriori che il cervello dei bambini con autismo (a 25 dei 106 partecipanti è stato diagnosticato dopo i 2 anni) presentava un ritmo di crescita maggiore rispetto ai non autistici nel periodo compreso tra i 12 e i 24 mesi di età. Non solo, il dato più interessante riguarda quanto scoperto nei primi 6 mesi di vita. Dalle immagini delle strutture cerebrali emerge infatti che la superficie della corteccia cerebrale cresce più in fretta.

 

DIAGNOSI PRECOCE NEI BAMBINI A RISCHIO 

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I risultati ottenuti aprono ora uno scenario inedito nella diagnosi di autismo. Attenzione però all’interpretazione dei risultati. Sono gli stessi autori a mettere in guardia. Se da un lato occorreranno numeri più ampi per confermare quanto scoperto, la possibilità di fare diagnosi precoce è circoscritta a quei bambini ad alto rischio familiare per autismo, una parte marginale di tutte le nuove diagnosi. Diagnosi precoce che però rimane fondamentale. A confermarne l’importanza è proprio Joseph Piven, autore dello studio: Con questo approccio potremmo avere la possibilità di identificare i bambini con il rischio maggiore di diventare autistici e questo ci permetterebbe di intervenire prima che emergano i sintomi comportamentali della malattia. Molti esperti concordano che in questa fase dello sviluppo, in un momento in cui il cervello è maggiormente malleabile e prima che i sintomi si siano consolidati, gli sforzi terapeutici potrebbero avrebbero un impatto maggiore».

 

INTERVENIRE SUBITO

Diagnosi precoce che permetterebbe infatti di iniziare prima i trattamenti. Oggi per l’autismo si prevede un duplice approccio: farmacologico e riabilitativo. Il primo mira a curare i disturbi associati come insonnia, ansia e crisi epilettiche. Il secondo a migliorare e stimolare il linguaggio, la socialità e il controllo delle ossessioni.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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