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Pediatria
Daniele Banfi
pubblicato il 28-03-2017

Vaccini, scarsa copertura e ritorno del morbillo: la responsabilità è anche del personale sanitario



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Non solo genitori che dicono no ai vaccini. A contribuire alla diffusione di malattie prevenibili ci sono anche gli operatori sanitari, come dimostra la recente epidemia di morbillo in Toscana

Vaccini, scarsa copertura e ritorno del morbillo: la responsabilità è anche del personale sanitario

Liquidare la questione del ritorno di alcune malattie come il morbillo, dando la colpa ai genitori che non vogliono fare i vaccini ai propri figli, è un racconto parziale della realtà. Ma andiamo con ordine: con i vaccini il concetto è semplice, più aumentano le persone che vi si sottopongono e maggiori sono le probabilità di eradicare la malattia. Dal momento però che molte delle infezioni transitano per ambulatori e ospedali è fondamentale che gli operatori sanitari siano immunizzati per non propagare ulteriormente la malattia. Nella realtà dei fatti invece -come sta accadendo in queste settimane in Toscana- una buona parte dei casi di contagio vede coinvolti medici e infermieri. Una vera e propria bomba ad orologeria -la possibilità che un operatore contagi altre persone è assai elevata- che accende i riflettori su un problema poco dibattuto: la vaccinazione negli operatori sanitari, ovvero medici, infermieri e personale addetto. E' quanto emerge dal congresso Medice Cura Te Ipsum in corso a Pisa e organizzato dalla Simpios (Società Italiana Multidisciplinare per la Prevenzione delle Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie).

GLI OPERATORI SANITARI DEVONO VACCINARSI?

GLI OPERATORI SANITARI HANNO UN RISCHIO DI CONTRARRE IL MORBILLO 18 VOLTE MAGGIORE

I numeri -seppur parziali e in continuo aggiornamento- lasciano poco spazio alle interpretazioni: in Toscana, nei primi due mesi dell'anno, degli 82 casi di morbillo notificati ben il 33% riguardano operatori sanitari. Andando ad analizzare in maniera più approfondita le due province maggiormente colpite -Pisa e Firenze- la percentuale sale al 50%. Di poco migliore è la situazione del Piemonte: da dicembre 2016 al 22 marzo 2017 le segnalazioni di morbillo sono state 334. Tra queste 30 sono avvenute in ambito ospedaliero: 23 sono operatori sanitari e 7 sono pazienti ricoverati. Ma il dato che lascia più perplessi è quello relativo alla copertura vaccinale: solo 2 degli operatori sanitari coinvolti erano vaccinati (con 1 sola dose di vaccino), tutti gli altri non lo erano affatto. Più in generale, confrontando i dati raccolti negli anni, circa il 10% di tutti i casi riguardano operatori sanitari. Ecco perché numeri alla mano, se da un lato è necessario e doveroso vaccinare i bambini affinché il morbillo venga eradicato, lo è altrettanto per chi lavora in ospedale. Studi dimostrano infatto che questi ultimi hanno una probabilità 13 volte maggiore di contrarre la malattia rispetto al resto della popolazione.




ATTENZIONE IN CORSIA

Ma perché tutta questa maggior suscettibilità? Il morbillo è una delle malattie virali più contagiose e non è così raro che le persone si rivolgano alle strutture sanitarie per la diagnosi e le cure del caso. Un comportamento comprensibile che può portare a trasmissione nosocomiale se le opportune misure di controllo delle infezioni non sono immediatamente istituite e se gli operatori sanitari della struttura sono suscettibili all’infezione. Quanto successo a Pisa nelle ultime settimane segue proprio questa logica: il malato infetta l'operatore sanitario -non vaccinato- che a sua volta infetta chi gli sta intorno. Una situazione ancor più pericolosa se il virus si propagasse -ipotesi non così remota- ad una persona ricoverata con problemi di immunosoppressione come nel caso dei reparti di oncoematologia. Il morbillo infatti, seppur gestibile, è pur sempre responsabile di un numero compreso tra le 30 e le 100 morti ogni 100 mila persone colpite. Le complicazioni sono dovute principalmente a superinfezioni batteriche: otite media, laringite, diarrea, polmonite o encefaliti che si riscontrano più spesso nei neonati, nei bambini malnutriti o nelle persone immunocompromesse.

 

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DARE L'ESEMPIO

Vaccinarsi è dunque importante a tutti i livelli. Ma se il tasso di copertura nei bambini è all'85% (media nazionale, nella provincia autonoma di Bolzano siamo a meno del 70%) non buone notizie arrivano dalle intenzioni del personale ospedaliero. A tracciare un quadro della situazione sono i risultati di un sondaggio -seppur effettuato su 2250 operatori, il 23,5% medici- presentato al congresso pisano: quasi uno su tre degli intervistati (circa il 30%) è in disaccordo con l’affermazione secondo cui i benefici dei vaccini sono certi e teme la possibilità di effetti avversi gravi. Solo il 31,4% in media dichiara di essersi sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale nella stagione appena conclusa: la metà dei medici intervistati e meno di uno su quattro tra infermieri e altri operatori. Il 44% ritiene che il proprio rischio di contrarre una malattia prevenibile con vaccino sia basso. Risultati poco confortanti se si considera che sono stati ottenuti proprio tra gli addetti ai lavori. Il messaggio degli esperti riuniti è chiaro: nell'eradicazione del morbillo -come per tutte le altre malattie prevenibile con la vaccinazione- è fondamentale agire su più fronti, sia con i genitori che non vogliono i vaccini per i propri figli sia con gli operatori sanitari.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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