Il ritorno sui banchi, dopo la pausa estiva, può portare con sé entusiasmo, ma anche preoccupazioni. Se un po’ di agitazione è normale e persino utile, in alcuni casi l’ansia può diventare un ostacolo che compromette sonno, appetito, relazioni e quotidianità.
La dottoressa Deny Menghini, responsabile dell’Unità Operativa Semplice di Psicologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ci aiuta a distinguere le paure fisiologiche da un vero disturbo d’ansia, offrendo consigli pratici ai genitori per accompagnare bambini e ragazzi in questo momento delicato.
Quanto è diffusa l’ansia da rientro a scuola?
L’ansia è una reazione naturale e importante: ci aiuta ad adattarci alle novità e ad affrontarle al meglio. In questo senso è positiva, perché ci attiva e ci rende pronti. Diventa un problema quando ci blocca per lunghi periodi, ci porta a evitare la scuola, compromette sonno, alimentazione o varie attività quotidiane. In questi casi si potrebbe trattare di un vero e proprio disturbo d’ansia, che interessa una percentuale variabile di bambini e ragazzi in età evolutiva, fra il 10 e il 20%.
Quali segnali aiutano a individuare un disagio più serio?
Bisogna osservare i cambiamenti stabili nel tempo: alterazioni del sonno e dell’appetito, maggiore irritabilità o aggressività. Se questi sintomi persistono per settimane o addirittura mesi, non sono più transitori ma indicano un disagio da approfondire.
Ci sono fattori che rendono più probabile lo sviluppo dell’ansia?
Come per molti disturbi psicologici dell’età evolutiva, esiste una componente di familiarità: se un genitore è ansioso, la probabilità che lo sia anche il figlio aumenta. Naturalmente contano molto anche i fattori ambientali, come forti stress o cambiamenti importanti (trasloco, lutto, separazione), ma anche vivere in ambienti percepiti come opprimenti, ad esempio per l’eccesso di preoccupazioni, ansia marcata o rigidità da parte dei genitori o dei nonni, può influenzare lo sviluppo del bambino. In questo senso, i disturbi tendono ad emergere dalla combinazione tra predisposizione genetica ed esperienze di vita, dove entrambe le componenti si influenzano a vicenda.
L’ansia e il disturbo evitante/restrittivo dell’alimentazione sono collegati?
Nei bambini con ARFID (disturbo evitante/restrittivo dell’alimentazione) l’ansia è spesso associata. Ma può accadere anche il contrario: un ragazzo ansioso può manifestare il disagio attraverso l’alimentazione, riducendo il cibo o usandolo in modo compensatorio. Non è semplice stabilire se l’ansia sia la causa o la conseguenza, ma i due aspetti si possono influenzare a vicenda.
Ci sono differenze nell’ansia a seconda dell’età?
Il bambino che entra alla scuola primaria manifesta eccitazione ma anche ansia perché vive il suo primo ambiente strutturato, con regole, compiti, lezioni e un carico cognitivo ed emotivo significativo, oltre alla necessità di adattarsi ai nuovi compagni.
Nell’adolescente invece l’ansia può essere più legata alla prestazione, al giudizio dei pari, ai cambiamenti del corpo che fatica a gestire ed accettare. Il passaggio di ciclo scolastico in questo caso può acuire queste preoccupazioni, aumentando l’ansia.
Quali consigli pratici possiamo dare ai genitori?
Innanzitutto è importante ristabilire una routine rassicurante, specialmente per i bambini più piccoli, che spesso in estate si perde. Orari regolari per sonno e pasti aiutano molto. È utile anche programmare insieme la settimana, costruendo un piano giornaliero con scuola, compiti, hobby e attività extrascolastiche. Sapere a cosa si va incontro riduce l’ansia, gestendola meglio.
Nei passaggi di ciclo scolastico può servire visitare la scuola nei giorni precedenti, familiarizzare con l’ambiente o fare insieme il percorso casa-scuola. Sono piccoli accorgimenti che rassicurano.
E cosa invece andrebbe evitato?
Non bisogna minimizzare le difficoltà. Dire “non è niente, capita a tutti” non aiuta. È più utile ascoltare e riconoscere la problematica, normalizzando l’emozione. Si possono usare frasi come: “È normale avere paura delle novità; succede anche a me al lavoro, e mi succedeva anche alla tua età”.
Inoltre, è importante non concentrarsi solo sul rendimento scolastico, ma anche sulle emozioni. Evitare domande generiche come “Com’è andata a scuola?” e invece indagare l’esperienza emotiva con domande più specifiche: “Con chi hai parlato?”, “Come ti sei sentito?”, “Cosa ti è piaciuto?”, “Cosa non ti è piaciuto?”.
Questo approccio aiuta il bambino o il ragazzo a elaborare l’esperienza e a sentirsi ascoltato e compreso.
Qual è il ruolo della scuola?
La scuola non è solo voti e profitto, è un luogo fondamentale per costruire relazioni soddisfacenti, una componente essenziale della qualità della vita. Durante il periodo del Covid questo aspetto è venuto meno, e ne abbiamo osservato gli effetti. Amicizie, legami e attività di gruppo sono fondamentali per il benessere dei ragazzi e li motivano a frequentare la scuola con maggiore piacere. Per questo motivo, anche gli insegnanti dovrebbero promuovere attività collaborative che favoriscano incontri e relazioni tra i ragazzi, anche al di fuori dell’orario scolastico.