Elisa Drago, una storia di volontariato che dura da tre anni

La testimonianza di una volontaria che ha donato parte del suo tempo per l'iniziativa «Il Pomodoro. Buono per te, buono per la ricerca». Nel 2021 appuntamento in piazza il 24 e il 25 aprile

Alle spalle, c'è quasi sempre un accadimento che ha fatto scattare la molla per mettersi al servizio degli altri. Chi dedica parte del tempo libero al volontariato, indipendentemente dalla causa, sa che un'esperienza simile aiuta a crescere anche chi è già adulto e plasma il carattere. È questo quello che emerge dalle parole di Elisa Drago, 41 anni, residente nella provincia di Padova.


«Ho sempre amato dedicare il mio tempo libero ad attività di volontariato - racconta la donna al Magazine -. Così, quando tre anni fa ho vissuto la tragedia di perdere un nipotino di 7 anni a causa di gravi problemi di cuore, ho scelto di diventare volontaria di Fondazione Umberto Veronesi, per sostenere la ricerca scientifica sui tumori pediatrici. Ricordo ancora le lunghe giornate in ospedale accanto a mio nipote, i quattro interventi chirurgici, la sofferenza sua e dei suoi genitori. Perché, quando un bambino si ammala, ne risente tutto il nucleo familiare. E, infine, anche il dolore della perdita. Vedere soffrire un bambino è insopportabile, un’ingiustizia che non dovrebbe essere neppure contemplata».


È stata questa esperienza che ha spinto Elisa, mamma di un ragazzo di 16 anni, a fare la sua parte per far progredire la ricerca scientifica. Come? «Da tre anni scendo in piazza per Il Pomodoro. Buono per te, buono per la ricerca e senza dubbio non mancherò alla prossima edizione». Nel 2021 è prevista la quarta edizione della manifestazione. L'appuntamento nelle piazze italiane è fissato per il 24 e il 25 aprile.

 

Qual è il ricordo più bello che conserva di queste esperienze? «I ragazzini che incontravano il mio banchetto sulla strada per andare a scuola e lasciavano i soldi che avrebbero dovuto usare per comprare la merenda. Un gesto davvero commovente. Ogni volta che torno a casa dopo il mio turno al banchetto, mi sento appagata. Eppure so che la mia è soltanto una goccia nel mare del bisogno. A mio figlio lo ripeto spesso: è indispensabile saper vedere e comprendere i bisogni degli altri e dare loro quel che possiamo, anche solo un euro».

Ma forse è proprio questo che fa la differenza nella vita di un essere umano: aiutare l’altro.


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