Ancora buone notizie nella ricerca di una trattamento per la MASH, la steatoepatite metabolica. Un nuovo farmaco sperimentale, efimosfermin alfa, ha mostrato un buon profilo di sicurezza e una significativa riduzione del grasso epatico nelle persone che soffrono di MASH. I risultati arrivano da uno studio pubblicato su The Lancet Gastroenterology & Hepatology e si aggiungono al filone di nuove terapie in sviluppo per una malattia fino a poco tempo fa senza alcuna cura efficace.
FEGATO GRASSO E MASH
Gli addetti ai lavori la chiamano steatoepatite. Nel parlare comune si dice "fegato grasso". Di cosa si tratta è semplice: complice lo stile di vita sedentario -ed in particolare la scorretta alimentazione- i grassi non si accumulano solo sulla "pancia" ma anche all'interno degli organi ed in particolare del fegato. Questo eccessivo accumulo di lipidi a livello epatico può, nel tempo, infiammare il fegato portandolo nei casi più gravi a sviluppare cirrosi, insufficienza epatica e tumore. Questa situazione è particolarmente associata a disfunzioni metaboliche come obesità, diabete di tipo 2 e insulino-resistenza. Da qualche tempo a questa parte gli epatologi hanno dato un nome ben preciso a questa condizione infiammatoria: MASH, acronimo di Metabolic Dysfunction-Associated Steatohepatitis. Una nuova definizione che sostituisce NASH (Non-Alcoholic Steatohepatitis) introdotta per meglio riflettere la natura metabolica della malattia e per ridurre lo stigma associato alla denominazione "non-alcoholic".
LE POCHE TERAPIE ATTUALI
Per anni il trattamento della MASH è rimasto un’utopia. Numerosi tentativi farmacologici si sono conclusi con un nulla di fatto, tanto che tra gli epatologi circolava una battuta amara: “il miglior farmaco per la NASH è il placebo”. Fortunatamente negli ultimi due anni la situazione è incominciata a cambiare con l’arrivo delle prime molecole efficaci. La prima, resmetirom, è stata la prima approvata dall'FDA perché capace di ridurre il grasso epatico e l’infiammazione senza far progredire la fibrosi. Al congresso EASL del 2024 sono poi emersi dati incoraggianti su altre due molecole, survodutide e pemvidutide, che hanno dimostrato di migliorare la fibrosi e i marcatori di infiammazione. A queste si aggiungono i farmaci già in uso contro l’obesità -come liraglutide, semaglutide e tirzepatide- che stanno mostrando benefici anche nella MASH.
UN NUOVO TRATTAMENTO ALL'ORIZZONTE?
A questo elenco potrebbe aggiungersi anche efimosfermin alfa. Si tratta di una molecola che mima l'effetto del fattore di crescita FGF21, una proteina che regola il metabolismo. Nello studio clinico, condotto su poco più di cento pazienti con MASH, il farmaco si è dimostrato ben tollerato, con disturbi per lo più lievi a livello gastrointestinale (nausea, vomito, diarrea). Il dato più incoraggiante riguarda però l’efficacia: quasi 9 pazienti su 10 trattati hanno visto ridursi di oltre il 30% il grasso accumulato nel fegato, contro appena 1 su 10 nel gruppo placebo. Un risultato netto, che colloca efimosfermin tra le molecole più promettenti oggi allo studio per questa malattia.