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Alimentazione
Fabio Di Todaro
pubblicato il 20-04-2018

Le catechine del té verde non sono un rischio per il fegato



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L'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) ha valutato la sicurezza delle catechine contenute nel té verde: alle dosi di esposizione, nessun rischio per il fegato. Discorso diverso invece per gli integratori

Le catechine del té verde non sono un rischio per il fegato

Un conto è la tazza bollente, un altro la capsula di integratore. Possono essere riassunte così le conclusioni che l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) ha tratto in merito al consumo di té verde, le catechine in esso contenute e la salute del fegato.

La bevanda ha visto crescere i suoi consumi in Italia anche in ragione dell'elevato apporto di sostanze antiossidanti che, in laboratorio e in diversi studi epidemiologici, hanno mostrato possibili effetti protettivi tanto nei confronti dell'apparato cardiovascolare quanto contro il rischio di alcuni tumori. I ricercatori, passando in rassegna le conclusioni dei diversi studi mirati a valutare gli effetti dell'epigallocatechina gallato (l'antiossidante più abbondante nel té verde) sul fegato, hanno concluso che il consumo della bevanda è «generalmente sicuro». Mentre qualche precauzione in più va assunta nei confronti degli integratori, perché molti di essi apportano «dosi di catechine che possono determinare problemi alla salute del fegato». 

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RISCHIO TOLLERABILE CON LA BEVANDA

La valutazione del rischio s'è resa necessaria a fronte del crescente consumo di té verde anche nei Paesi occidentali e del rilievo, nel corso degli ultimi anni, di diverse segnalazioni relative alcuni possibili effetti dannosi per l'uomo. L'ultimo avvertimento era giunto nel 2016, da una ricerca statunitense pubblicata sulla rivista Hepatology. Nello studio l’estratto di tè verde, sia come singolo ingrediente sia come parte di una miscela, aveva contribuito a danni al fegato in 24 dei 130 casi legati agli integratori alimentari. Il riscontro aveva poi portato la Francia e la Spagna a ritirare un prodotto dimagrante contenente un estratto di tè verde. Da qui l'allerta scattata anche nel Vecchio Continente, che ha portato l'Efsa a voler vederci chiaro nella questione. S'è così giunti all'«assoluzione» della bevanda, anche a seguito di consumi moderatamente elevati (fino a due tazze al giorno). I pochi casi di danno epatico registrati dopo il consumo di infusi di té verde in acqua calda sono ascrivibili a «reazioni rare e comunque imprevedibili». 

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MAGGIORE CAUTELA CON GLI INTEGRATORI

La solfa cambia invece se si parla di integratori, che sopratutto negli Stati Uniti occupano una quota di mercato prevalente rispetto alla bevanda. Le persone vi ricorrono per migliorare le prestazioni sportive, quelle sessuali e per modellare i muscoli. Nel caso del té verde, invece, il beneficio atteso riguarda soprattutto il dimagrimento, dal momento che la bevanda contiene caffeina ed epigallocatechina gallato: due composti che in laboratorio hanno dimostrato di poter accelerare il metabolismo. Il problema sta però nelle concentrazioni della seconda molecola, che se assunta attraverso una capsula può arrivare a essere assunta fino a dosi superiori a 800 milligrammi al giorno. Un limite che, secondo l'Efsa, «potrebbe determinare l'inizio del danno epatico». E dal momento che non ci sono indicazioni di sicurezza per concentrazioni inferiori dell'antiossidante, gli esperti non hanno potuto fissare una dose sicura sulla base delle evidenze disponibili. A penalizzare gli integratori potrebbero essere anche le modalità di consumo. Mentre la bevanda è infatti spesso associata a un pasto, aspetto che rallenta la diffusione delle molecole, gli integratori vengono consumati perlopiù in un'unica dose e comunque a digiuno

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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