Disfunzione erettile sintomo precoce del rischio cardiovascolare
Non di rado c’è un nesso fra rischio cardiovascolare e disfunzione erettile. Segnale importante soprattutto nei giovani uomini
L’ideale è che il sesso vada d’accordo col cuore, ma quando si legge che una disfunzione erettile può esser sintomo precoce di un problema cardiovascolare, l’abbinamento perde tutta la sua poesia. Ma come avviene questo legame? Abbreviando, si può dire che viaggia attraverso i vasi sanguigni.
Il nuovo studio è americano ed è stato pubblicato su Vascular Medicine. Si basa su una sistematica revisione e meta-analisi di 28 studi di indagine sui legami tra le due disfunzioni. Il gruppo ha identificato una forte associazione tra disfunzione erettile e una ridotta funzione endoteliale, disturbo per cui i vasi sanguigni non riescono a dilatarsi completamente e lasciar così fluire il sangue. Ora, la disfunzione endoteliale (l’endotelio è il tessuto che riveste l'interno dei vasi sanguigni e linfatici e del cuore) è un segno precoce di aterosclerosi, la condizione in cui si creano placche nelle pareti interne delle arterie che aumentano il rischio di infarto e ictus.
I ricercatori sottolineano: «Le nostre indicazioni sono particolarmente importanti per i giovani uomini, che è difficile vengano visitati per sintomi subclinici di disturbi cardiovascolari. Per loro, spesso la prima visita dal medico è proprio per la disfunzione erettile che crea loro non pochi problemi psicologici e paure». Questo nuovo fattore di rischio identificato spinge ad affrontare più decisamente il disturbo cardiovascolare - aggiungono - in quanti hanno un problema dell’erezione, inclusi appunto i ragazzi che altrimenti verrebbero catalogati a basso rischio in ragione delle loro giovani età.
I FATTORI DI RISCHIO COMUNI
Il collegamento tra disturbo erettile e rischi cardiovascolari è stato espresso già da molto tempo in base al fatto che i due tipi di disturbi condividono gli stessi fattori di rischio: età matura e oltre, abitudine al fumo, obesità, diabete e altri. Lo studio guidato dal dottor Osondu ha cercato di inquadrare il problema nell’erezione come un semplice ed effettivo marker del disturbi cardiovascolare ancora a livello subclinico. Un segnale di allarme per un problema ancora sottotraccia, utile in particolar modo - come già detto - per i giovani.
Ma se un giovane si cura per il disturbo cardiovascolare, risolve anche la disfunzione erettile? «Non sempre - risponde Aldo Franco De Rose, urologo e andrologo all’Ospedale universitario San Martino di Genova. – L’erezione è un fenomeno molto complesso, per esempio basta anche il timore che non avvenga per bloccarla. Questo perché il timore può indurre una scossa adrenalinica, ovvero una secrezione da parte del surrene di certe sostanze, tra cui l’adrenalina, dal potere vasocostrittore». E se i vasi sanguigni si stringono, non permettono quel forte flusso sanguigno che ingrandisce e solleva il pene. «Per i giovani uomini dunque vanno bene le terapie per un incipiente disturbo cardiovascolare, se c’è, ma occorre investigare a raggio più ampio sul perché della disfunzione erettile. Che problemi emozionali possono esserci dietro, che problematiche familiari, che storia sentimentale…».
DISFUNZIONE ERETTILE: COME INTERVENIRE?
I FARMACI NON BASTANO
Più in generale, nel commentare i risultati della ricerca americana, De Rose ricorda che non bastano i farmaci: «C’è da cambiare stile di vita cambiando l’alimentazione e facendo esercizio fisico se si ha il colesterolo alto, obesità, se si fuma. Se non si correggono questi atteggiamenti, sì, può darsi che si risponda alla terapia per i disturbi cardiovascolari. Almeno sul momento. Poi, anche dopo anni, il problema salta di nuovo fuori».
Il decalogo per proteggere il cuore durante le cure oncologiche
Controllo del peso corporeo Il peso può incrementare sotto l’effetto delle terapie. Per questo motivo un supporto nutrizionale adeguato è fondamentale nella prevenzione del sovrappeso, per abbassare il rischio di malattie cardiovascolari e ridurre quello di recidiva
Stile di vita attivo Vale la pena abituare il corpo al movimento ogni volta che è possibile, spostandosi per esempio a piedi o in bicicletta ed evitando, quando possibile, ascensori e scale mobili
Sport con regolarità Pratica attività fisica almeno 2-3 volte a settimana contrasta gli effetti collaterali delle terapie e riduce nettamente sia il rischio cardiovascolare sia di recidiva del tumore
No al fumo di sigaretta Il consiglio, valido per la prevenzione primaria di almeno 17 tumori, lo è anche per tutti coloro che hanno già avuto un tumore. I benefici dello smettere di fumare risultano infatti validi anche dopo anni di esposizione alle sostanze nocive sprigionate dalle sigarette
Meglio evitare gli alcolici L'astinenza completa da bevande alcoliche è quanto raccomanda l'Organizzazione Mondiale della Sanità per chi vuole prevenire i tumori. L'indicazione risulta valida in realtà anche nei pazienti: per le possibili interazioni tra alcol e farmaci e per il potenziale cancerogeno dell'etanolo che suggerisce cautela nelle persone che hanno già ricevuto una diagnosi di tumore
Sì al monitoraggio regolare della pressione sanguigna In caso di ipertensione, una terapia farmacologica adeguata assunta sotto controllo medico è quello che può servire: in associazione o dopo la fine delle cure oncologiche
Grassi sotto controllo I valori di colesterolo e trigliceridi possono alterarsi in corso di terapie oncologiche. Per ridurli sì a dieta, attività fisica ed eventuali farmaci ipolipemizzanti (sotto indicazione medica)
Equilibrio a tavola Una dieta ricca in vegetali, limitando o abolendo la carne rossa e gli zuccheri e i dolci, è l'ideale per accompagnare un percorso di cure oncologiche. Diete estreme, come per esempio la dieta vegana, sono più difficili da rendere equilibrate. E, peraltro, non esiste nessuna chiara dimostrazione di eventuali vantaggi
Quando occorre integrare la dieta? Il paziente oncologico, assieme al proprio specialista di riferimento, può valutare l’opportunità di assumere calcio e vitamina D per contrastare la tendenza all’osteoporosi indotta dalle terapie praticate
L'importanza della valutazione da parte del cardiologo Un percorso di cure completo non dovrebbe prescindere dal consulto di un cardiologo specializzato nell'assistenza ai malati oncologici. Il suo contributo può essere utile per avere un approccio ottimale al controllo integrato dei rischi oncologici e cardiaci