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Cardiologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 05-06-2020

Dopo ictus e infarti meglio la cardioaspirina o le tienopiridine?



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Sicurezza ed efficacia: risultati analoghi con aspirina a basso dosaggio e inibitori del recettore P2Y12. Ma i costi premiano il ricorso alla cardioaspirina

Dopo ictus e infarti meglio la cardioaspirina o le tienopiridine?

Tutte le persone che hanno avuto un infarto o un ictus cerebrale sanno che, per prevenire nuove «ricadute», sono due i passi da compiere: modificare lo stile di vita e assumere farmaci antiaggreganti per il resto della vita. La terapia di elezione prevede l'assunzione quotidiana di cardioaspirina (aspirina a basso dosaggio). Negli ultimi vent'anni, però, si è fatta strada un'altra categoria di antiaggreganti: gli inibitori del recettore P2Y12. L'effetto è analogo a quello garantito dall'«aspirinetta». Prevenendo l'aggregazione delle piastrine, seppur con un meccanismo d'azione diverso da quello della cardioaspirina, le tienopiridine riducono il rischio che si formino nuovi trombi. Idem dicasi per sicurezza ed efficacia, sulla base dei risultati di una metanalisi pubblicata sulla rivista The Lancet. Dal confronto, non è emersa nessuna differenza significativa. Un aspetto che gioca però a favore della cardioaspirina, che si conferma come il farmaco più indicato per la prevenzione secondaria degli eventi cardio e cerebrovascolare: sul piano clinico, ma anche della sostenibilità economica.

L'ASPIRINA E' UTILE NELLA PREVENZIONE DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI? 

CARDIOASPIRINA E TIENOPIRIDINE A CONFRONTO

Il lavoro, condotto da un gruppo di ricercatori italiani, ha fatto chiarezza sulle scelte da compiere nella prevenzione secondaria di ictus e infarti, oltre che delle arteriopatie periferiche. Gli autori hanno passato in rassegna le conclusioni di nove studi (per un totale di oltre 42mila partecipanti), al fine di confrontare l'efficacia della cardioaspirina con quella delle tienopiridine: a cui appartengono la ticlopidina, il clopidogrel, il ticagrelor e il prasugrel. Gli studiosi hanno valutato l'incidenza di nuovi eventi di origine vascolare, con le relative differenze a seconda della terapia assunta. E, in seconda battuta, il numero dei decessi registrati nei due gruppi (per ragioni  riconducibili ai problemi già avuti o meno) e i sanguinamenti (possibile effetto collaterale della terapia antiaggregante). Il confronto si è concluso in parità. Tutte le ricerche considerate hanno confermato un rischio analogo di andare incontro a un nuovo ictus: al di là del farmaco assunto. Idem dicasi per i decessi. Una differenza - a scapito della cardioaspirina - è stata registrata nell'incidenza di nuovi infarti. Ma il divario è stato considerato poco significativo per suggerire una modifica dello standard terapeutico.


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CARDIOASPIRINA PIU' SOSTENIBILE

«Il nostro lavoro conferma l'efficacia delle attuali linee guida, che prevedono la prescrizione della cardioaspirina in prima linea e, soltanto in caso di intolleranza, il passaggio al clopidogrel», afferma Giulio Stefanini, associato di cardiologia all'Humanitas University di Rozzano (Milano) e coordinatore della metanalisi, firmata assieme ai colleghi del San Raffaele, dell'azienda ospedaliero-universitaria di Pisa e della Fondazione Villa Serena per la Ricerca (Pescara). «I dati epidemiologici ci permettono di dire che, per osservare una riduzione significativa dei secondi infarti, dovremmo trattare un numero molto elevato di pazienti». Da qui la mancata opportunità nell'eventuale cambio di rotta (su cui si è più volte discusso, negli ultimi anni), anche per ragioni economiche. Ad avvantaggiare la cardioaspirina, oltre all'efficacia preventiva, è infatti anche la scadenza del brevetto, che offre la possibilità di garantire la cura più adeguata al prezzo più vantaggioso. 

ALL'INIZIO DOPPIA TERAPIA ANTIAGGREGANTE

Lo scenario fin qui descritto è quello che si configura a distanza di tempo dall'evento acuto. Nel periodo subito successivo a un ictus (per 3-6 mesi) o un infarto (12 mesi), la terapia antiaggregante più efficace è infatti quella doppia, che prevede l'assunzione simultanea della cardioaspirina e del clopidogrel. Una volta superato questo periodo senza conseguenze, ha inizio la «fase 2» della prevenzione secondaria. Da questo momento in avanti, lo standard prevede l'assunzione giornaliera di un solo farmaco. Che, come confermato in questo lavoro, dovrebbe essere l'aspirina e non il clopidogrel (né un'altra tienopiridina). Di altro tenore sono invece le indicazioni da seguire per la prevenzione primaria, messa in atto dalle persone sane per evitare qualsiasi (primo) evento di natura vascolare. In questi casi, non c'è alcuna indicazione ad assumere farmaci, ma soltanto a seguire uno stile di vita salutare che preveda l'adozione di una dieta equilibrata e l'abitudine a svolgere attività fisica. Per saperne di più, è possibile scaricare il nuovo quaderno «Cuore in Salute» di Fondazione Umberto Veronesi.

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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