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Cardiologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 23-04-2019

Sanità digitale: Italia indietro rispetto al resto d'Europa



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La digitalizzazione è una risorsa per favorire la sostenibilità del sistema sanitario. Di telemedicina si parlerà nell'ultima puntata de «L'Ora della Salute»

Sanità digitale: Italia indietro rispetto al resto d'Europa

A fronte di una maturata consapevolezza circa il ruolo che la digitalizzazione può giocare in sanità, tanto nella erogazione di nuovi modelli di cura quanto in favore della sostenibilità del Servizio Sanitario, l’Italia mostra ancora un quadro di arretratezza. Appaiono insufficienti gli investimenti in sanità digitale da parte del sistema pubblico e privato. E poco digitale risulta la gestione del paziente cronico, e più in generale dei cittadini. 


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LE TANTE FACCE DEL DIGITALE IN CORSIA

Nelle malattie croniche, di cui soffre il 40 per cento degli italiani, la digitalizzazione è un tema di primo piano quando si ragiona in termini di programmazione degli interventi sociosanitari. L'argomento è divenuto particolarmente sentito in occasione del quarantennale del servizio sanitario italiano, un momento per riflettere su temi quali l'equità, l'uguaglianza e l'universalismo delle cure. «L’innovazione digitale rappresenta l’elemento utile a colmare il divario tra bisogni e risorse», ha affermato Paolo Locatelli, responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, durante un evento sul tema organizzato a Roma da Fondazione Roche. «L’innovazione digitale rappresenta l’elemento utile a colmare il divario tra bisogni e risorse e può essere utilizzata nei processi di rinnovamento organizzativo e tecnologico, nel coinvolgimento dei pazienti e dei cittadini nell'ottica di tutelare la loro salute e nello sviluppo delle competenze degli operatori sanitari».

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UNA SFIDA ORMAI IMPROCRASTINABILE

Cartella clinica, telemedicina, app, dispositivi indossabili, intelligenza artificiale, analisi dei big data possono quindi contribuire a favorire il raggiungimento del traguardo della sostenibilità economica di lungo periodo del sistema sanitario nazionale, contribuendo all’erogazione di un adeguato livello di qualità delle cure. Un traguardo, secondo la fotografia tracciata dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, sulla base dei dati Istat e del secondo rapporto della Fondazione Gimbe sulla sostenibilità del servizio sanitario, messo a dura prova dai numeri. A fronte di una spesa sanitaria complessiva, tra sistema pubblico ed esborso diretto dei cittadini, stabilizzatasi negli ultimi cinque anni intorno ai 145-150 miliardi di euro, il fabbisogno stimato per il 2025 si attesta intorno ai 210 miliardi. Dato a cui si deve aggiungere il fatto che la popolazione italiana over 65 è in forte crescita, rappresentando già oggi il 21,8 per cento del totale e proiettandosi a quasi il 35 per cento (un cittadino su tre) entro il 2051.


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Eppure, nonostante queste esigenze, la diffusione di tali soluzioni nel nostro Paese stenta a decollare. Secondo i dati dell’Osservatorio, la spesa complessiva per la sanità digitale in Italia, tra quanto investito da Ministero della salute, dalle Regioni, dalle singole strutture sanitarie e dalla rete della medicina generale, ammonta a 1,3 miliardi di euro (pari a circa 22 euro per cittadino). Siamo dunque ancora indietro rispetto, per esempio, a quanto investono i Paesi scandinavi (70 euro pro-capite la Danimarca), ma anche realtà a noi più vicine come la Gran Bretagna (60 euro) e la Francia (40 euro). L’informatizzazione stenta a diffondersi (soprattutto) come strumento per la realizzazione di percorsi individualizzati per definire, monitorare e aggiornare piani di assistenza individuale e per mettere in comunicazione tutti gli attori del sistema salute. Il «gap» nel digitale si osserva anche nell'utilizzo che ne fanno i cittadini, se 7 italiani su 10 preferiscono incontrare comunque il proprio medico di persona (anche se non necessario). Fra coloro che si servono di strumenti digitali, la maggior parte utilizza l’email (15 per cento), poi vengono gli sms (13 per cento) e WhatsApp (12 per cento). 

 

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TELEMEDICINA: SE NE PARLA A «L'ORA DELLA SALUTE»

Delle applicazioni (già disponibili) e delle opportunità (scenari futuri) che la telemedicina offre all'assistenza sanitaria nel nostro Paese si parlerà nel corso della prossima puntata de «L'Ora della Salute», in onda domenica 28 aprile su La 7 (ore 11). «La tecnologia è oggi già di aiuto nella presa in carico, nel monitoraggio e nel consulto dei pazienti - anticipa Filomena Pietrantonio, direttore dell'unità operativa di medicina generale dell'ospedale di Albano Laziale (Roma) e ospite di Annalisa Manduca nel corso dell'ultima puntata della stagione -. Oggi esistono dei dispositivi che ci permettono di visitare un paziente pure a distanza. La telemedicina ci permette di mantenere anche i rapporti oltre il momento delle dimissioni di una persona che ha affrontato un ricovero in ospedale». Un'altra opportunità che sarà descritta da Marco Pozzi, direttore della struttura di cardiologia e cardiochirurgia pediatrica degli ospedali Riuniti di Ancona, è quella che vede nella telemedicina un'opportunità per mettere in rete i piccoli ospedali con i grandi centri. In questo modo chi vive nelle aree rurali del Paese potrà non sentirsi più un paziente di seconda fascia. «Le branche che possono trarre il maggiore ritorno sono la cardiologia pediatrica, la geriatria, la psichiatria. Oltre, naturalmente, al monitoraggio di tutte le malattie croniche». Un motivo in più per accelerare, mettendo la tecnologia a disposizione di tutti i cittadini italiani: dalle Alpi alla Sicilia.


Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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