A tre anni dall'inizio della pandemia, vaccini e antivirali hanno reso gestibile Covid-19. Ma il virus non è affatto scomparso
Il 10 gennaio del 2020, esattamentre tre anni fa, nel database internazionale virological.org veniva depositata per la prima volta al mondo la sequenza virale di un nuovo virus: Sars-Cov-2. Responsabile della pandemia Covid-19, il coronavirus in questi anni ha causato ufficialmente la morte di quasi 7 milioni di persone. Una cifra di gran lunga conservativa: secondo i dati rilasciati in dicembre dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, i decessi per Covid-19 sarebbero addirittura il doppio. Ma senza i vaccini, disponibili dal gennaio 2021, questa cifra sarebbe stata estremamente maggiore. Passato, presente e futuro della pandemia Covid-19.
LA NASCITA DI UN NUOVO VIRUS
Il numero 19 accanto a Covid -abbreviazione di coronavirus disease- indica chiaramente l'anno in cui tutto è incominciato. Il 31 dicembre 2019, probabilmente con già diverse settimane di ritardo, la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan (Cina) segnalò all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un cluster di casi di polmonite a eziologia ignota nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. La maggior parte dei casi aveva un legame epidemiologico con il mercato di Huanan Seafood, nel sud della Cina, un mercato all'ingrosso di frutti di mare e animali vivi. Di lì a poco, nel mese di gennaio 2020, fu tutto più chiaro: un nuovo virus, originato da un salto di specie, aveva incominciato a propagarsi a macchia d'olio. Il mondo era di fronte ad una tempesta perfetta: il virus era in grado di "passare" da umano ad umano sin dalla fase asintomatica della malattia.
LE ONDATE A MANI NUDE
Ma cosa accade quando "nasce" un nuovo virus in grado di infettare gli esseri umani? Come nel caso di Sars-Cov-2, tutti gli individui al mondo sono impreparati da un punto di vista immunologico ad affrontare la battaglia. Questo perché mai in vita loro hanno potuto “vedere” il virus in quanto completamente nuovo. Tutti dunque sono esposti al rischio di sviluppare la malattia poiché non hanno armi pregresse -anticorpi e cellule T- in grado di difenderci. Di fronte ad un virus a diffusione aerea anche nella sua fase asintomatica e ad una popolazione "vergine" da un punto di vista immunologico, nel giro di poche settimane siamo stati travolti dal numero di nuove infezioni. Il problema delle pandemie è essenzialmente questo, tanti casi in poco tempo. Poco importa se l'infezione si risolve nella maggior parte dei casi. E' una questione di proporzioni e numeri assoluti. Quando si verificano tanti casi in poco tempo, a saltare è l’intero sistema sanitario. Di fronte ad una situazione del genere, in assenza di immunità pregressa e di terapie antivirali specifiche, i lockdown e la riduzione del numero dei contatti sono state le sole scelte in nostro possesso per "appiattire" la curva dei ricoveri.
LA RIVOLUZIONE DEI VACCINI A mRNA
A sbloccare la situazione, permettendoci di ritornare lentamente alla vita di tutti i giorni, sono stati i vaccini. Sviluppati a tempi di record -ma la tecnologia a mRNA era già in studio da oltre un decennio in campo oncologico-, le prime iniezioni incominciano a fine 2020. Con la campagna vaccinale contro Coivd-19 l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha stimato che in Italia si siano evitati, nel solo 2021, circa 8 milioni di casi, oltre 500mila ospedalizzazioni, oltre 55mila ricoveri in terapia intensiva e circa 150mila decessi. L'altro dato straordinario riguarda l'efficacia contro le nuove varianti: all'emergerne di nuove, pur con leggere differenze, l'efficacia vaccinale contro la malattia grave è risultata ancora estremamente elevata.
GLI ANTIVIRALI
Un altro grande passo avanti nella lotta alla pandemia è stato l'arrivo dei primi farmaci antivirali sviluppati appositamente contro Sars-Cov-2. Compito di questi farmaci è quello di evitare che il virus si replichi e per questa ragione prima si somministrano e migliori sono i risultati. Una somministrazione tardiva infatti, quando è passata la fase virale, servirebbe a poco. Non a caso l'assunzione è indicata entro i primi 5 giorni dallo sviluppo dei sintomi. Allo stato attuale sono due quelli approvati per Covid-19: Nirmatrelvir + ritonavir (Paxlovid) e molnupiravir (Lagevrio). Uno studio pubblicato lo scorso agosto dal New England Journal of Medicine su un campione di oltre 100 mila persone, ha dimostrato che l'utilizzo precoce di Paxlovid riduce il rischio di ricovero e morte dell'80% negli individui al di sopra dei 65 anni. Un dato importante che indica chiaramente l'utilità degli antivirali nell'abbattere drasticamente il rischio di problemi gravi da Covid-19 nei più anziani.
LA FINE DELLE RESTRIZIONI IN CINA
Vaccinazioni e antivirali in questi due anni hanno cambiato la traiettoria della pandemia, nonostante lo sviluppo di varianti sempre più contagiose come Omicron. Ciononostante alcune nazioni come la Cina hanno proseguito con la strategia del "Covid zero". Una scelta sul lungo termine insostenibile che ha portato, dopo tre anni, alla rimozione di tutte le restrizioni. In una popolazione dove il virus ha circolato poco, l'azzeramento di tutte le precauzioni ha determinato un aumento dei casi che ha messo nuovamente in crisi tutte le strutture ospedaliere del Paese. Una situazione di crisi che però ha delle ragioni precise: oltre alla rimozione immediata di qualsiasi strategia di contenimento, in Cina la campagna vaccinale non è stata minimamente paragonabile al resto del mondo: utilizzo di vaccini meno efficaci di quelli a mRNA e pochissime terze dosi -fondamentali contro Omicron- soprattutto nella popolazione anziana hanno creato la tempesta perfetta.
IL FUTURO DELLA PANDEMIA
Prevedere l'evoluzione della pandemia è tutt'altro che semplice. Un dato è però certo: allo stato attuale il virus causa di Covid-19 difficilmente sarà eradicabile. La malattia, come le tante altre patologie infettive frutto di salti di specie, resterà con noi per molto tempo a meno che la ricerca non riesca a sviluppare un vaccino efficace anche nel contenimento del contagio. Per ottenere ciò, ad oggi, l'approccio più promettente è rappresentato dalla vaccinazione spray. In fase di sperimentazione già nell'uomo, la speranza è quella di poter riuscire a sviluppare un prodotto capace di neutralizzare il virus sul nascere ed impedire che la persona possa fungere da veicolo di contagio. Nell'attesa "accontentiamoci" di quanto già a nostra disposizione: con la vaccinazione classica -aggiornata secondo le varianti che circolano- e seguendo lo schema vaccinale proposto in base all'età e al rischio personale, le probabilità di sviluppare malattia grave in seguito alla positività al virus sono estremamente inferiori rispetto ai non vaccinati. Secondo gli ultimi dati rilasciati a fine dicembre dall'ISS, nella popolazione 60-79 anni, per i non vaccinati il tasso di mortalità risulta tre volte più alto rispetto ai vaccinati con booster e quasi cinque volte più alto rispetto ai vaccinati con quarta dose da meno di 120 giorni. Covid-19, grazie alla vaccinazione e agli antivirali, è divenuta una malattia sempre più gestibile.
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Daniele Banfi
Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.