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I nostri ricercatori
Lorena Passoni
pubblicato il 04-08-2017

Scoperta una proteina-chiave per la lotta ai linfomi



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La proteina Bcr controlla la crescita di forme aggressive di linfoma non-Hodgkin. Fra gli autori dello studio pubblicato su Nature anche due ricercatori finanziati dalla Fondazione Umberto Veronesi

Scoperta una proteina-chiave per la lotta ai linfomi

Il futuro della lotta al cancro è segnato dalla medicina di precisione. Un orizzonte che risulta il più intrigante anche nella lotta a leucemie e linfomi. E che inizia a dare risultati sperati. Da qualche settimana campeggia sulle colonne della rivista scientifica Nature una ricerca che ha evidenziato un nuovo probabile target per arrivare a terapie più mirate ed efficaci: la proteina Bcr

Bcr è una proteina che si può trovare sulla superficie delle cellule tumorali, verificare la sua presenza tramite un semplice test di laboratorio potrebbe fornire agli oncologi la possibilità di mettere a punto terapie personalizzate.

A condurre lo studio, sotto la guida di Stefano Casola, direttore del laboratorio di immunologia molecolare e biologia dei linfomi dell’Istituto Firc di Oncologia Molecolare (Firc) di Milano, anche due ricercatori finanziati dalla Fondazione Umberto Veronesi: Valentina Petrocelli e Gabriele Varano (borsista nel 2013). Lo studio, condotto nei topi da laboratorio e validato in campioni umani di linfoma di Burkitt, ha permesso di comprendere in modo più approfondito i meccanismi molecolari attraverso i quali il gene Bcr controlla la crescita dei linfomi non-Hodgkin.  

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LEUCEMIE E LINFOMI: COME AGISCE BCR

I linfomi sono tumori del sangue che originano dalle cellule del sistema immunitario, dette linfociti B. Questi ultimi proteggono il nostro organismo dalle infezioni ricorrenti di virus e batteri, riconosciuti grazie a recettori cellulari dette immunoglobuline o anticorpi di superficie (B cell receptor: o Bcr). Quando riconosce un agente patogeno, il Bcr stimola la proliferazione dei linfociti B, che neutralizzano l’infezione attraverso la produzione di anticorpi selettivi per il patogeno "invasore". La produzione di anticorpi altamente specifici per l’agente infettivo avviene grazie a mutazioni a carico dei geni del Bcr. Ma il processo non è scevro da errori e le mutazioni, talvolta, possono determinare l’insorgenza di linfomi o leucemie. Ecco perchè sono già state messe a punto terapie mirate in grado di inibire l'azione di Bcr, che vengono proposte per il trattamento di forme aggressive di linfoma non-Hodgkin e per il trattamento delle leucemie linfatiche croniche.

Gli autori dell'ultima ricerca hanno dimostrato che le cellule tumorali possono crescere anche in assenza dell'anticorpo Bcr. La scoperta di rare forme tumorali prive del Bcr ha permesso di individuare meccanismi molecolari tramite i quali le cellule tumorali possono evadere dalle terapie e dar luogo a una possibile ripresa della malattia. Detto ciò, gli autori dello studio hanno anche notato però che le stesse vengono rapidamente eliminate in presenza di cellule esprimenti l'immunoglobulina in questione: suggerendo che il Bcr fornisce un vantaggio selettivo alle cellule tumorali che continuano ad esprimerlo.


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VERSO NUOVI ORIZZONTI TERAPEUTICI

I risultati dello studio, se confermati in studi clinici prospettici, potrebbero portare alla revisione delle attuali procedure diagnostiche e terapeutiche di pazienti affetti da linfomi e leucemie a cellule B. Infatti, combinando un semplice test di laboratorio ad analisi istologiche su materiale ottenuto da biopsia o da un esame del sangue, si potrebbe monitorare lo stato del Bcr nella popolazione delle cellule tumorali. Secondo i ricercatori, «queste informazioni potrebbero aiutare l’oncologo a progettare terapie personalizzate in cui a inibitori farmacologici del Bcr possano eventualmente essere abbinati farmaci quali la rapamicina per combattere la complessità e l’eterogeneità del tumore».

 
Lorena Passoni
Lorena Passoni

Ricercatore senior nata a Vimercate (MB) nel 1965 Laureata in Medicina Veterinaria presso l’Università degli Studi di Milano e PhD in Biotecnologie Applicate alle Scienze Veterinarie presso l’Università degli Studi di Milano. Dal 1994 al 1998, Research Associate presso il Department of Molecular, Cellular and Developmental Biology, Yale University (USA). Dal 1999 al 2009, ricercatore presso l’Istituto Nazionale Tumori Milano. Attualmente svolge attività di ricerca sullo sviluppo di nuove terapie per i tumori cerebrali basate sull’uso di nanotecnologie presso il Laboratory of Pharmacology and Brain Pathology, Humanitas Clinical and Research Center di Rozzano (Mi)


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