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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 14-01-2019

Farmaci ansiolitici: come usarli e per quanto tempo?



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Le benzodiazepine sono usati come tranquillanti o ansiolitici. Alcuni dati sottolineano i rischi di un uso prolungato. I consigli dell'esperto: sono utili, purché usati nei tempi e nei modi opportuni

Farmaci ansiolitici: come usarli e per quanto tempo?

Molti pazienti cui il medico ha prescritto benzodiazepine per controllare l'ansia continuano la cura per un tempo lungo. Con quali effetti e con quali rischi per la salute? 

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LO STUDIO: UN ANZIANO SU 4 NE PROLUNGA L'USO 

Se lo sono domandati i ricercatori delle Università del Michigan e della Pennsylvania, che hanno condotto una ricerca su 576 anziani dall’età media di 78 anni al momento della prima ricetta per benzodiazepine, farmaci che comunemente conosciamo come tranquillanti o sedativi o ansiolitici, dall’azione rapida nel calmare ma anche di limitata durata. Un paziente su quattro è risultato farne un uso prolungato. “Cerotti dell’anima”, li ha battezzati qualcuno. Non terapia da continuare nel tempo. I loro nomi commerciali sono ultra noti, tipo Xanax o Lexotan o Tavor… Nonostante gli avvertimenti da parte delle autorità mediche e del farmaco contro un uso prolungato delle benzodiazepine, soprattutto nel caso degli anziani, questa pratica resta diffusa col rischio - specie tra quanti hanno un’età elevata - di incidenti stradali, cadute, rottura del femore o dell’anca, e altri effetti collaterali. Nella ricerca, pubblicata su Jama Internal Medicine, sono stati inclusi soltanto i pazienti che hanno avuto la prescrizione di sedativi dal medico di base, non da psichiatri. Perché nella realtà è ciò che maggiormente si verifica, quando la persona anziana va dal suo dottore e lamenta uno stato d’ansia o problemi di sonno.

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INIZIARE LA CURA AVENDONE PRESENTE LA FINE

Aggiungono, i ricercatori, che si impone con forza la necessità di una campagna informativa sulle benzodiazepine, rivolta sia ai medici di base sia ai pazienti. Come consiglio pratico ai loro colleghi non specialisti suggeriscono: «Comincia avendo già presente la fine» quando si tratta di prescrivere un sedativo. E di questo va ben informato il malato che, avendo ottenuto in breve un risultato, spesso insiste per continuare. Non sapendo dei possibili pericoli. Il professor Andrea Fagiolini, ordinario di Psichiatria dell’Università di Siena, scuote la testa: «Le benzodiazepine sono farmaci che generano studi, opinioni, entusiasmi e paure molto diverse ed eterogenee. Ci sono persone che riconoscono l’alto e immediato potere di trattamento dell’ansia e dell’insonnia, con bassi rischi di effetti collaterali come aumento di peso o aritmie cardiache etc. Ci sono altri che ritengono le benzodiazepine farmaci molto pericolosi, a rischio di abuso, di dipendenza, di cadute e di deficit cognitivi».

IL MEDICO DECIDA IN BASE AL RAPPORTO RISCHI-BENEFICI

Quindi? Nella ricerca americana si indicano, come rischi per gli anziani in uso protratto di sedativi, incidenti d’auto, fratture del femore o dell’anca, deficit cognitivo, tutte cose non marginali. Allora qual è la strada? «La strada si trova a metà dei due opposti atteggiamenti che ho descritto. Intanto, certo che è sbagliato protrarre la cura quando non ce n’è più bisogno. Se si va in eccesso di sedazione, ecco che possono darsi i rischi sopra descritti. Ma il punto è proprio questo: il paziente ha o non ha bisogno di questi farmaci? Perché se per esempio soffre di attacchi di panico, non controlla l’agitazione ansiosa, deve continuare comunque a prenderli. Quali dei due rischi è maggiore? In medicina vale la regola del rapporto rischi/benefici». Ma non è neppure così semplice la scelta per il medico. Dichiara il professor Fagiolini: «D’altro lato se usate ad alte dosi, dopo un po’ le benzodiazepine perdono potere, quindi sono necessarie dosi sempre più alte per avere il solito effetto, fino a un punto in cui funzionano solo 1-2 ore dopo la somministrazione, lasciando poi il paziente più ansioso di prima (ma sempre convinto della loro efficacia, perché all’inizio alleviano di tanto la sua sofferenza)».

PER CHI, A QUALI DOSI, PER QUANTO TEMPO ?

Come se ne esce? Risponde il docente di Siena: «Se le benzodiazepine vengono usate a dosi basse, o vengono usate a dosaggi alti per periodi di tempo molto limitati, sono farmaci utili e efficaci per molti pazienti. Il problema quindi non è stabilire se le benzodiazepine sono farmaci utili o dannosi. Semmai dobbiamo stabilire per chi, a quali dosi e per quanto tempo sono utili. Se un anziano ha preso una benzodiazepine a basso dosaggio per lungo tempo, difficilmente avrà problemi e dovremmo evitare di spaventarlo (o, come a volte accade, colpevolizzarlo). Se un giovane ha preso una benzodiazepina ad alto dosaggio, durante episodi di agitazione (ad esempio, in corso di un episodio di mania-euforia bipolare), e dopo continua a prenderla a basso dosaggio per controllare l’ansia o l’insonnia, spesso ha più benefici che danni».

DA EVITARE “DIPENDENZA” E “TOLLERANZA”

Andrea Fagiolini continua: partito dallo spunto della ricerca del Michigan, va disegnando una panoramica sul buon uso dei calmanti: «Il problema sono coloro che assumono questi farmaci ad alti dosaggi e per lunghi periodi, a volte auto-prescrivendoseli. In questi casi, il rischio di “dipendenza” e di “tolleranza”(necessità di dosi sempre maggiori per avere lo stesso effetto) è molto elevato, e con esso elevato anche il rischio di avere importanti effetti collaterali o, comunque, più danni che benefici. C’è un diffuso bisogno di chiarezza sulle benzodiazepine».

NON PROVOCA LA DEMENZA, MA CURA L’ANSIA CHE LA PRECEDE

Il professor Fagiolini cita un esempio di confusione tra gli “esperti”: «Molti dei recenti studi hanno visto un aumentato uso di benzodiazepine nei pazienti con demenza, quindi hanno attribuito a questi farmaci il rischio di generare o peggiorare la demenza. Peccato che non abbiano considerato il fatto che le demenze sono spesso precedute da stati ansiosi, che aumentano il possibile uso di benzodiazepine nei periodi che precedono l’insorgenza dei sintomi cognitivi. Dunque, di nuovo, la domanda non dovrebbe essere sull’uso/non uso delle benzodiazepine, ma sul loro uso a dosi e tempi appropriati, e a seconda delle caratteristiche e necessità dei singoli pazienti».

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Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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