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Neuroscienze

Sonno disturbato e stress: un legame a doppio filo

Nuovi dati confermano il ruolo chiave del sonno nella prevenzione di depressione e ricadute dell’insonnia

Dormire bene quando si è stressati è spesso difficile. E quando il sonno è disturbato, anche la memoria ne risente. Ce ne accorgiamo per esperienza diretta: basti pensare ai periodi di forte ansia durante l’università o in vista di una scadenza lavorativa, in cui l’insonnia rende più complicato apprendere e ricordare. A confermare questi effetti sono state pubblicate diverse evidenze scientifiche, provenienti sia da studi sull’uomo sia da ricerche condotte su modelli animali.

Una ricerca pubblicata di recente dalla rivista The Journal of Neuroscience, fa luce su come lo stress alteri il sonno e comprometta la memoria, individuando i circuiti cerebrali coinvolti. «Lo studio offre una nuova visione su come sono collegate la modulazione del sonno e la conservazione della memoria rispetto all'ambiente che ci circonda, e quindi a una possibile esposizione a fattori di stress» commenta Stefano Bastianini, Professore associato di fisiologia presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell'Università di Bologna.

I CIRCUITI DELLO STRESS

Al centro di questi meccanismi c’è l’ipotalamo, una regione del cervello fondamentale per la regolazione della temperatura corporea, dell’appetito, dei ritmi circadiani e della risposta allo stress. In questa zona si trovano neuroni che producono l’ormone di rilascio della corticotropina (CRH), una sorta di messaggero dello stress, che entra in azione quando l’organismo è sotto pressione, innescando la risposta adattiva.

“Ogni volta che un agente esterno perturba il nostro equilibrio – ciò che chiamiamo omeostasi – il corpo reagisce per ripristinarlo” prosegue Bastianini. “La risposta a uno stress, sia esso fisico, psicologico o farmacologico, coinvolge sia il sistema nervoso sia quello ormonale, ed è essenziale per la sopravvivenza. Ma se lo stress diventa cronico, può avere effetti negativi sulla salute”.

Attraverso una serie di esperimenti sui topi, i ricercatori hanno osservato che l’attivazione dei neuroni che producono CRH peggiora sia la qualità del sonno sia la capacità di memoria. Al contrario, la loro inibizione ha l’effetto opposto: migliora il riposo e potenzia la memorizzazione.

UNA CORRELAZIONE BIDIREZIONALE

Sebbene condotte su animali, queste osservazioni sono particolarmente utili. «I roditori sono diversi dagli esseri umani -spiega Bastianini-. Sono animali notturni, e il loro sonno si articola in cicli molto brevi. Tuttavia, i circuiti neuronali coinvolti nella regolazione dello stress e del ciclo sonno-veglia sono in gran parte condivisi anche con l’uomo».

Le ricerche sugli esseri umani mostrano una correlazione ormai consolidata tra disturbi del sonno e varie patologie: cardiovascolari, metaboliche, neurodegenerative, fino ad alcuni tipi di tumore. Sappiamo anche che dormire poco, oltre a peggiorare queste condizioni, rende anche l’organismo più vulnerabile allo stress, innescando un circolo vizioso. «Quando la qualità del sonno è compromessa, la risposta allo stress diventa alterata e lo stress, a sua volta, continua a interferire negativamente con il riposo notturno» spiega l'esperto.

INTERVENIRE SUL SONNO

L’intima relazione tra stress e sonno ha implicazioni cliniche. Se è vero che un sonno disturbato favorisce l’instaurarsi di stress cronico, allora migliorare il riposo potrebbe essere una strategia efficace per rafforzare la resilienza psicofisica.

Una conferma arriva da uno studio condotto durante la pandemia di Covid-19. I ricercatori hanno indagato per la prima volta, in modo sperimentale, il ruolo del sonno come fattore promotore di resilienza, analizzando il legame all’interno di un ampio trial randomizzato su pazienti con insonnia.

I partecipanti sono stati assegnati a due gruppi: uno ha ricevuto una terapia cognitivo-comportamentale digitale per l’insonnia (dCBT-I), l’altro ha seguito un percorso di semplice educazione al sonno. I risultati, valutati subito dopo il trattamento e a un anno di follow-up, hanno mostrato che la dCBT-I ha portato a un significativo miglioramento della resilienza nei soggetti trattati, rispetto al gruppo di controllo.

L’aumento della resilienza rappresenta un meccanismo mediatore dei benefici terapeutici, riducendo significativamente il rischio di ricadute di insonnia e l’insorgenza di episodi depressivi nel tempo. Questi risultati suggeriscono che rafforzare la resilienza attraverso il trattamento dell’insonnia non solo migliora il sonno e l’umore nel breve termine, ma può anche offrire una protezione duratura contro gli effetti negativi dello stress cronico.

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