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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 24-11-2022

Cart-T e Crispr: la cura personalizzata contro il cancro



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Utilizzando la tecnica Crispr è possibile ottenere Car-T sempre più precise. Ma per avere cure su misura occorrerà attendere ancora molto tempo. Potenzialità e limiti di queste nuove cure anticancro

Cart-T e Crispr: la cura personalizzata contro il cancro

Unire l'efficacia di Cart-T con la precisione di Crispr. Per la prima volta al mondo un gruppo di ricercatori della University of California ha testato su 16 pazienti la terapia più sofisticata contro il cancro. Potendo modificare a piacimento il Dna dei linfociti T dei pazienti -quelli che attaccano il tumore- con la tecnica Crispr, gli scienziati sono riusciti a creare nuove armi a misura di malato per tentare di distruggere le cellule tumorali. Attenzione però a pensare si tratti della soluzione al problema cancro. Tutt'altro. L'efficacia resta tutta da dimostrare. Ma l'altra barriera, non indifferente, è rappresentata dall'elevatissimo costo e dalla complessa procedura di produzione di questi farmaci su misura. I risultati di questa prima sperimentazione sono stati pubblicati dalla rivista Nature.

COME FUNZIONANO LE CAR-T?

Nelgi ultimi anni le cure anticancro sono state rivoluzionate dall'avvento dell'immunoterapia, ovvero sfruttare e potenziare il sistema immunitario affinché riconosca ed elimini le cellule tumorali. Il modo più "semplice" per ottenere questo effetto è la somministrazione degli immunoterapici, anticorpi in grado di agire sui linfociti T in modo che essi rimangano sempre attivi nella risposta contro il tumore. Il secondo, decisamente più complicato, è lo sviluppo delle Car-T. La tecnica consiste nel prelievo dei linfociti T del malato, nella loro modifica in laboratorio -vengono "armati"- e nella successiva reinfusione nel paziente. Ad oggi esistono già diverse Car-T approvate utili nel trattamento di alcuni tumori del sangue resistenti alle terapie convenzionali.

IL RUOLO DI CRISPR

Per "armare" i linfociti T, le Cart-T prevedono l'inserizione all'interno di queste cellule di una sequenza di Dna contenente le informazioni necessarie a far produrre una proteina di superficie capace di riconoscere solo ed esclusivamente le cellule tumorali. Sequenza, dunque, che è specifica per quel preciso tumore. Nello studio da poco pubblicato su Nature gli scienziati si sono spinti oltre. Anziché inserire la sequenza di Dna con il metodo convenzionale che prevede l'utilizzo di un virus che funge da trasportatore, gli autori dello studio hanno modificato i linfociti T grazie alla tecnica Crispr. Si tratta di un metodo di laboratorio, valso il premio Nobel per la chimica nel 2020 a Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier, che consiste nel "taglia e cuci" del Dna in modo da rimuovere e correggere qualsiasi porzione del nostro materiale genetico.

I RISULTATI DELLO STUDIO

Quanto realizzato dagli scienziati californiani rappresenta una prima a livello mondiale. Selezionati 16 pazienti con diverse tipologie di tumore solido (le Car-T funzionano bene solo nei tumori del sangue) che non rispondevano alle terapie oggi dispoinibili, gli autori dello studio hanno dapprima sequenziato il Dna dei campioni di sangue e delle biopsie dei pazienti per individuare le mutazioni specifiche dei loro tumori. Successivamente, attraverso un'analisi bioinformatica, hanno selezionato le mutazioni con una maggiore probabilità di indurre una risposta dei linfociti T. Dopo aver individuato le potenziali mutazioni bersaglio, il team californiano con la Crispr ha modificato il Dna dei linfociti affinché esprimessero dei recettori capaci di riconoscere solo le cellule tumorali caratterizzate da specifiche mutazioni. Reinfusi nei malati, le cellule T ingegnerizzate si sono dimostrate utili nel fermare la crescita tumorale in 5 pazienti su 16. 

PROSPETTIVE FUTURE

Quanto ottenuto rappresenta un passo avanti importante nella realizzazione di Car-T sempre più sofisiticate. Non dobbiamo però dimenticare che al momento si tratta più di un esercizio scientifico che di una  possibilità di cura facilmente somministrabile. Pur avendo ottenuto un effetto tangibile in 5 pazienti con tumore solido, le difficoltà rimangono ancora molte: elevatissimi costi di produzione e un lungo periodo per lo "studio del caso" (occorre sequenziare il Dna del tumore, identificare possibili mutazioni bersaglio e ricreare la sequenza di Dna da inserire) rendono ancora lontana l'applicazione di questa terapia di frontiera.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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