Chiudi
Oncologia
Caterina Fazion
pubblicato il 24-05-2024

Meno esami inutili per le malattie croniche della tiroide



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

In occasione della settimana mondiale della tiroide, esperti e pazienti chiedono il riconoscimento delle malattie tiroidee come croniche e una migliore programmazione dei controlli clinici

Meno esami inutili per le malattie croniche della tiroide

In Italia le persone che soffrono di patologie della tiroide sono più di sei milioni, motivo per cui parlare delle malattie che colpiscono questa ghiandola, dell'importanza di una diagnosi corretta e degli opportuni controlli è fondamentale. Il messaggio lanciato in occasione della Settimana Mondiale della Tiroide 2024 (20-25 maggio), patrocinata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e promossa dalle principali società scientifiche endocrinologiche, mediche e chirurgiche, è legato alla necessità che le malattie tiroidee vengano riconosciute come croniche, che aumenti l’informazione a riguardo e che vengano fatti meno esami inutili. Questo vuole essere un invito, rivolto a tutta la popolazione, ad avere un ruolo attivo nell’informarsi, da fonti qualificate, sui temi della salute e che l’informazione sia considerata parte degli stili di vita raccomandati al pari della buona alimentazione e del movimento.

Problemi alla tiroide, cosa c’è da sapere?

Problemi alla tiroide, cosa c’è da sapere?

26-05-2022

 

MENO ESAMI INUTILI

I pazienti affetti da malattie tiroidee croniche, come possono essere l’ipertiroidismo - morbo di Basedow specialmente nei giovani e gozzo nodulare nell’adulto/anziano - o l’ipotiroidismo, la cui principale causa è la tiroidite di Hashimoto, necessitano di monitoraggio costante, ma bisogna fare attenzione a svolgere controlli opportuni e non inutilmente dispendiosi.

«Nei pazienti affetti da tiroidite cronica autoimmune, comunemente conosciuta come tiroidite di Hashimoto – spiega la professoressa Rossella Elisei, Presidente Associazione Italiana Tiroide (AIT) e coordinatrice della Settimana Mondiale della Tiroide – il dosaggio ripetuto degli anticorpi antitireoglobulina e antiperossidasi servono a fini diagnostici, ma non ha senso ripeterli per monitorare la malattia e l’andamento di un’eventuale terapia sostitutiva, a meno che lo specialista non abbia una motivazione particolare. Sarà invece sufficiente dosare l’ormone TSH con un semplice esame del sangue per evitare spese inutili. Il dosaggio della proteina tireoglobulina, poi, non ha nulla a che vedere con la funzione della tiroide, e spesso può essere elevata per la presenza di piccoli noduli nonostante la tiroide funzioni bene. Dosarla senza ragione, dunque, può destare preoccupazione nei pazienti del tutto inutilmente. Anche l’ecografia alla tiroide è consigliata solo se c’è un reale motivo clinico, ma non per screening».

«Ricordiamo che l’unico screening di massa necessario per le patologie tiroidee (in atto, per legge, da molto tempo nel nostro paese) è lo screening per l’ipotiroidismo congenito, che ancora oggi rappresenta la più frequente endocrinopatia dell’infanzia e che grazie allo screening consente di identificare i neonati affetti, e iniziare subito la terapia che risolverà il quadro clinico, ma che dovrà essere portata avanti per tutta la vita. Lo screening per l’ipotiroidismo congenito, durante i suoi 50 anni di storia, ha permesso, grazie all’intervento tempestivo, di prevenire il ritardo psico-motorio e mentale nei soggetti affetti dalla citata patologia», aggiunge Malgorzata Wasniewska, presidente eletto della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP).

 

QUANDO FARE GLI ESAMI

Quando ha senso allora fare una valutazione della funzione della ghiandola tiroide in assenza di una diagnosi preesistente?

«Ha senso rivolgersi al medico per valutare la funzione tiroidea se il paziente presenta sintomi di una cattiva funzione della ghiandola», precisa Rossella Elisei. In caso di ipertiroidismo si parla di tachicardia, tremori, perdita di peso inattesa; mentre in caso di ipotiroidismo di sonnolenza, senso di rallentamento, pigrizia mentale, aumento di peso non giustificato, abbassamento importante della pressione arteriosa. A seconda della diagnosi verranno valutati gli opportuni monitoraggi, escludendo il dosaggio ripetuto di anticorpi che serve solo a fini diagnostici».

«È importante tuttavia sottolineare che, se è vero che da un lato la frequente ripetizione di esami clinici e strumentali non strettamente necessari, rappresenta una delle voci più dispendiose, per quanto riguarda il bilancio del nostro SSN, dall’altro non deve essere dimenticata, come invece purtroppo spesso accade, la necessità del monitoraggio della funzione tiroidea nei pazienti anziani con nota patologia, soprattutto se in terapia con ormone tiroideo o farmaci antitiroidei», dice Fabio Monzani, Delegato Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG).

 

COSA FARE IN CASO DI NODULI

Un’ altra patologia legata alla funzione tiroidea è rappresentata dai noduli tiroidei, estremamente diffusi e rilevabili con ecografia. Oltre il 50% della popolazione adulta over 50 ha almeno un micro nodulo che, tuttavia, all’atto pratico non rappresenterà mai un problema clinico e quindi non necessiterà di alcun trattamento. Solo il 5% dei noduli è maligno e difficile da trattare, mentre solitamente i noduli benigni che necessitano di un trattamento, associati o meno a iperfunzione tiroidea, hanno una percentuale di guarigione elevatissima. Ma quindi, quando è necessario svolgere l’ecografia e quando invece andrebbe evitata?

«Se il paziente vede o sente delle tumefazioni e dei noduli del collo in zona centrale, dove c’è la tiroide, o lateralmente, dove ci sono i linfonodi – spiega la professoressa Elisei – deve parlare immediatamente con il medico curante e procedere con l’ ecografia della tiroide. Spesso però i noduli sono trovati incidentalmente, ad esempio quando il radiologo svolge una tac o quando esegue il doppler dei vasi del collo. In questi casi può capitare che lo specialista noti dei noduli della tiroide, suggerendo un’ecografia mirata alla ghiandola. Quello che sconsigliamo è di fare un’ecografia senza motivo perché si verrebbero a identificare noduli di minime dimensioni, che noi definiamo sub-centimetrici, che clinicamente non hanno alcun significato e non fanno altro che generare ansia nel paziente. Il rischio è quello di andare incontro a over diagnosi e over trattamento».

 

SONO MALATTIE CRONICHE?

Le patologie tiroidee dal punto di vista clinico sono croniche, ma non sono iscritte come tali nell’elenco ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Riconoscere ufficialmente le malattie tiroidee come croniche darebbe maggiore continuità di monitoraggio alle persone colpite e consentirebbe l’accesso a maggiori finanziamenti per nuovi studi i cui risultati andrebbero a beneficio della popolazione interessata da tali patologie.

«La maggior parte delle malattie della tiroide possono entrare di diritto nel gruppo delle malattie non trasmissibili, infatti, sia l’ipertiroidismo che l’ipotiroidismo sono patologie croniche, nella maggior parte dei casi di natura “autoimmune”, ovvero causate da una reazione immunitaria anomala che si rivolge contro le cellule della tiroide, causandone distruzione nel caso dell’ipotiroidismo o eccessiva stimolazione nel caso dell’ipertiroidismo. In entrambi i casi si tratta di patologie che hanno necessità di essere periodicamente controllate, senza eccedere nel numero dei controlli e nel tipo di esami da eseguire ciclicamente. Ad esempio, il dosaggio degli autoantianticorpi, il cui valore numerico può variare indipendentemente dalla variazione clinica della malattia, non va ripetuto ad ogni controllo, ma solo in particolari momenti del percorso di cura identificati dallo specialista, conclude l’esperto», afferma Gianluca Aimaretti, Presidente Società Italiana di Endocrinologia (SIE).

«Anche la patologia nodulare tiroidea è una patologia cronica», prosegue Laura Fugazzola, Presidente European Thyroid Association (ETA). «La presenza di noduli di ridotte dimensioni, a volte più piccoli di 1 cm, è molto comune nella popolazione generale adulta (50 per cento degli over 50) ma la loro rilevanza clinica è molto scarsa. Per tale motivo l’esecuzione di ecografie tiroidee su grandi segmenti di popolazione, eseguite senza una motivazione clinica, è oggi sconsigliata perché evidenzierà noduli che avranno una scarsissima importanza clinica, ma che provocheranno inutile preoccupazione nel soggetto in cui sono stati casualmente rilevati. Diversamente, i noduli di dimensioni più grandi rispetto a quelli sopra descritti devono essere valutati per la possibilità di alterare la funzione tiroidea e per verificarne la loro natura. Noduli benigni che non alterano la funzione ghiandolare dovranno comunque essere controllati periodicamente e l’inserimento di questa condizione clinica tra le malattie croniche potrebbe contribuire a ridurre la spesa sanitaria attraverso una migliore programmazione dei controlli clinici, evitando quindi la ripetizione di esami inutili. Allo stesso tempo si potrebbe prevedere di inserire questa patologia, in quanto cronica, tra le esentabili dal pagamento del ticket», conclude Fugazzola.

Tumore della tiroide: in aumento tra i più piccoli

Tumore della tiroide: in aumento tra i più piccoli

08-10-2022

 

I TUMORI DELLA TIROIDE

Anche i tumori della tiroide possono essere considerate patologie croniche?

«Parlando dei tumori della tiroide», aggiunge Rossella Elisei, «in particolare la forma papillare, sono senz’altro da considerare tra le malattie croniche non trasmissibili in quanto spessissimo, e fortunatamente, guariscono o cronicizzano con una bassa probabilità di recidivare ma, essendo comunque i pazienti tiroidectomizzati e sottoposti a terapia con ormone tiroideo, devono essere seguiti per lungo tempo. Anche per questa patologia vi sono dei fattori di rischio che possono essere positivamente modificati, ad esempio evitando o minimizzando l’esposizione della regione del collo alle radiazioni ionizzanti. L’identificazione della malignità del nodulo avviene con l’agoaspirazione e l’esame citologico che però oggi vengono riservati solo a noduli di dimensioni maggiori di un centimetro e con caratteristiche ecografiche sospette. È importante ricordare che solo il 5% dei noduli tiroidei è di natura maligna e raramente si presenta in forma avanzata con lesioni a distanza. La terapia chirurgica e, quando opportuno la terapia radiometabolica, possono risolvere completamente la malattia. Viste le caratteristiche di queste malattie molto diffuse, ma spesso, non gravi e curabili con successo, è particolarmente importante promuovere un’informazione esauriente ma non allarmistica, evitando approfondimenti diagnostici non motivati».

 

COME GESTIRE LE PATOLOGIE TIROIDEE?

«Proprio per la natura cronica della maggior parte delle patologie tiroidee», evidenzia Renato Cozzi, Presidente Associazione medici endocrinologi (AME), «è indispensabile che l’endocrinologo avvicini con empatia questi pazienti, che spesso incontrano lo specialista dopo lunghi periodi di attesa, ascoltando con attenzione i sintomi che lamentano, visitandoli mettendo anche la mano sul collo e rassicurandoli, una volta visti gli esami, che i loro sintomi sono curabili in maniera efficace quando dipendenti da una reale patologia tiroidea».

«Nella gestione delle patologie croniche della tiroide anche la medicina nucleare svolge un ruolo importante, in particolare, due procedure comuni utilizzate sono la scintigrafia tiroidea e la terapia con iodio radioattivo (RAI). Queste procedure richiedono la valutazione accurata del paziente, la scelta appropriata della procedura, dosaggi precisi, monitoraggio attento e gestione responsabile dei rifiuti radioattivi. Queste pratiche contribuiscono a garantire risultati efficaci e sicuri per i pazienti affetti da patologie tiroidee croniche», evidenzia Marco Maccauro, delegato Associazione Italiana Medicina Nucleare (AIMN).

«È quindi importante che giungano a valutazione chirurgica, sia per patologia benigna che tumorale, i soggetti che trovino effettiva indicazione e che al paziente venga proposto il percorso e l’eventuale opzione chirurgica più idonea. Non esiste un trattamento standard per tutti ma numerose opzioni terapeutiche da verificare caso per caso in cui, dopo una attenta valutazione di tutti fattori di rischio, il colloquio tra l’endocrinologo, il chirurgo ed ovviamente l’interessato riveste un ruolo fondamentale nel proporre il trattamento più adeguato», ribadisce Giovanni Docimo, Presidente Società Italiana Unitaria di Endocrino Chirurgia (SIUEC).

 

FARE PREVENZIONE È POSSIBILE?

Fare prevenzione delle patologie della tiroide è possibile? Secondo Antonella Olivieri, ISS, Dipartimento di Malattie Cardiovascolari, Endocrino-Metaboliche e dell'Invecchiamento, è possibile «fare prevenzione attraverso la profilassi con sale iodato: la patologia nodulare tiroidea è infatti fortemente condizionata dalla carenza di iodio. Sebbene in Italia, grazie alla campagna sull’uso del sale iodato iniziata nel 2005, la nutrizione iodica sia molto migliorata, occorre che la popolazione continui ad essere sensibilizzata ad utilizzare poco sale e solo iodato già a partire dall’età pediatrica, al fine di contrastare in maniera rilevante la formazione del “gozzo” e dei noduli tiroidei».

«Siamo impegnati a portare e facilitare, attraverso tutte le nostre iniziative sul territorio, un’adeguata e corretta informazione che pensiamo possa aiutare il paziente a “convivere” con queste patologie croniche. Il loro eventuale riconoscimento all’interno delle malattie croniche non trasmissibili comporterà un beneficio sia clinico che economico per i pazienti che ne sono portatori», spiega Anna Maria Biancifiori, Presidente Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini (CAPE).

Sostieni la ricerca, sostieni la vita. Dona ora.

Dona ora per la ricerca contro i tumori

Dona ora per la ricerca contro i tumori

Sostieni la vita


Scegli la tua donazione

Importo che vuoi donare

Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina