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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 30-09-2021

Nausea, vomito e dolore oncologico: poche evidenze supportano l'uso della cannabis



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L'uso della cannabis come prima strategia contro nausea, vomito e dolore oncologici non trova riscontro nei dati clinici. Aumentare le sperimentazioni e fare più ricerca i messaggi emersi ad ESMO

Nausea, vomito e dolore oncologico: poche evidenze supportano l'uso della cannabis

Ancora troppo poche le evidenze a supporto dell'utilizzo della cannabis terapeutica nel trattamento della CINV, la sensazione di nausea e vomito indotta da chemioterapia. Ancor di meno quando si parla di dolore oncologico. Ecco perché, alla luce dei pochi dati disponibili, la prescrizione di cannabis nel trattamento dei sintomi correlati alle cure anticancro non trova riscontro nelle linee guida internazionali. Per questa ragione occorre più ricerca. Sono questi, in estrema sintesi, i messaggi emersi al congresso dell'European Society for Medical Oncology (ESMO) -uno dei più importanti eventi mondiali nella lotta al cancro- circa l'utilizzo della cannabis in campo oncologico.

La marijuana «dilaga» tra gli adulti e gli anziani

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25-09-2018
CHE COS'È LA CANNABIS?

La cannabis (nota anche con il nome di canapa) è una pianta originaria dell’Asia centrale. Dalle sue infiorescenze essiccate è possibile ottenere la marijuana, un complesso di molecole che agiscono principalmente a livello del sistema nervoso centrale e periferico. Le più note sono THC -ovvero il delta-9-tetraidrocannabinolo- e CBD –il cannabidiolo-. Gli effetti indotti dall’utilizzo della cannabis sono svariati e dipendono essenzialmente dalla percentuali delle diverse molecole presenti nel preparato e dalle modalità di somministrazione. L’effetto principale è analgesico e rilassante. Ciò avviene perché le principali sostanze contenute nella marijuana interagiscono con i recettori endocannabinoidi, particolari proteine responsabili della regolazione di dolore, appetito, umore e memoria. In condizioni fisiologiche, per regolare queste funzioni, il nostro organismo produce sostanze molto simili –gli endocannabinoidi- a quelle presenti nel vegetale. 

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CANNABIS COME FARMACO

Ecco perché, in virtù delle prorpietà delle diverse molecole di interagire con i recettori endocannabinoidi, nel tempo la cannabis è stata sperimentata come farmaco. Ad oggi sul mercato sono presenti diversi prodotti -ognuno dei quali contenente percentuali definite di THC e CBD- prescrivibili con ricetta medica per il trattamento di diversi disturbi come -considerando la sola sfera dei trattamenti anticancro- nausea, vomito e appetito nei pazienti sottoposti a chemioterapia e dolore oncologico. Indicazioni su cui però non ci sono -causa poca sperimentazione- solide evidenze scientifiche come per altri farmaci.

Quali differenze tra la cannabis terapeutica e quella ricreativa?

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07-09-2018
CINV: MAI LA CANNABIS COME PRIMA SCELTA

"In campo oncologico -spiega ad ESMO Andrew Davies, professore di "Cure Palliative" presso il Trinity College di Dublino- la cannabis trova utilizzo principalmente nel trattamento della CINV, ovvero la sensazione di nausea e vomito indotte dalla chemioterapia". Attenzione però a pensare che la cannabis sia la soluzione. Alcuni studi numericamente molto piccoli hanno descritto notevoli vantaggi circa il suo utilizzo. Quando però il campione si è fatto più ampio e si è arrivati a confrontarne gli effetti con un gruppo di controllo, tali evidenze sono diventate molto più deboli. Tradotto da Davies: "Le prove scientifiche a supporto sono discrete ma occorre tenere conto dei possibili effetti collaterali. Non solo, ad oggi sul mercato sono disponibili molecole che si sono dimostrate estremamente più efficaci della cannabis. Alla luce di queste evidenze la cannabis non dovrebbe mai essere utilizzata come prima scelta nel trattamento della CINV".

NON INDICATA NEL DOLORE ONCOLOGICO

Più tranciante la conclusione relativamente all'utilizzo della cannabis terapeutica nel dolore oncologico. "Su questa forma di dolore -spiega l'esperto nel suo intervento ad ESMO- non ci sono evidenze scientifiche chiare. Per questa ragione non vi è indicazione a somministrare la cannabis per il dolore oncologico". Una posizione netta ribadita già nel 2018 in una nota del Royal College of Physicians e negli scorsi mesi dalla IASP, l'International Association for the Study of Pain. Conclusioni che lasciano poco spazio alle interpretazioni: "A seguito della mancanza di evidenze scientifiche di qualità, allo stato attuale delle conoscenze la IASP non raccomanda l'utilizzo della cannabis terapeutica nel trattamento delle forme di dolore associate al cancro". 

POCA RICERCA, INTERAZIONI DA CHIARIRE

Bocciature -forse temporanee- che non devono indurre nell'equazione che i derivati della cannabis non siano utili in medicina. Il messaggio lanciato ad ESMO è chiaro: occorre investire maggiormente in ricerca attraverso la messa a punto di trial clinici di qualità. Non solo, occorre investire molto anche in ricerca di base. "Ad oggi -spiega Eva Katharina Masel, professoressa di Cure Palliative all'Università di Vienna- sappiamo che la cannabis può interferire con una miriade di meccanismi cellulari. Gli effetti secondari conosciuti sono a livello cardiaco, epatico e del sistema nervoso centrale. Non solo, la cannabis può interagire modificando notevolmente l'effetto di altri farmaci assunti in contemporanea. Alla luce di queste evidenze occorre studiare più approfonditamente tutte le interazioni". Dichiarazioni che significano, ancora una volta, la necessità di investire in ricerca.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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