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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 08-11-2016

Tumore del polmone: pro e contro dello screening



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La ricerca è al lavoro per mettere a punto metodiche affidabili per la diagnosi precoce del tumore del polmone. Attesi nel 2017 nuovi dati sulla Tac spirale. Il primo passo resta eliminare il fumo di sigaretta

Tumore del polmone: pro e contro dello screening

Di tumore del polmone, nelle sue varie forme, ogni anno si ammalano all’incirca quarantunomila italiani. Terzo in termini di incidenza (nuove diagnosi) alle spalle soltanto dei tumori al colon-retto e al seno, è però primo tra le cause di morte: negli uomini e da un paio d’anni in Europa anche nelle donne. Oltre 35mila le vittime conteggiate ogni anno soltanto in Italia. Segno che, mai come al cospetto di questa malattia, vista l’alta aggressività, avere una diagnosi precoce può fare la differenza. Quali opportunità ha un forte fumatore adulto - visto che il fumo di sigaretta è considerato responsabile di otto casi di malattia su dieci - per scovare la malattia in tempo utile?


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SCREENING: LA TAC TORACICA A BASSO DOSAGGIO

Meglio essere subito chiari. Esistono procedure di screening a cui sottoporre le persone considerate a rischio per giungere alla diagnosi precoce del tumore del polmone e allungare la prospettiva di vita dei potenziali pazienti, ma al momento in Europa non sono ancora coperte dai sistemi sanitari nazionali. Fra gli strumenti più utilizzati, la Tac toracica a basso dosaggio, su cui sono stati diffusi dati favorevoli (caposaldo è considerato uno studio condotto su oltre 53mila persone e pubblicato nel 2011 sul New England Journal of Medicine) e già utilizzata in altre realtà, come quella statunitense. Ciò non accade invece in Europa, «dove la pubblicazione di studi più piccoli conclusisi in maniera controversa ha rallentato l’introduzione dello screening per il tumore del polmone su un target di popolazione considerato a rischio - dichiara Marco Zappa, epidemiologo e responsabile dell'Osservatorio Nazionale Screening -. Nell’arco di un anno, però, lo scenario potrebbe cambiare. Siamo infatti in attesa della pubblicazione di una grande ricerca condotta, sul modello di quella statunitense, in Olanda e Belgio. Se i risultati dovessero essere analoghi, con una riduzione della mortalità specifica pari almeno al venti per cento, sono dell’idea che nell’arco di dieci-quindici anni lo screening per il tumore del polmone partirà anche in Italia».

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L’OBIETTIVO È LA POPOLAZIONE A RISCHIO

L’eventuale via libera allo screening per il tumore del polmone a copertura del Servizio Sanitario Nazionale riguarderebbe soltanto una fascia di popolazione, considerata a forte rischio. Si tratta sostanzialmente dei forti fumatori di lunga data, fermo restando che i criteri di inclusione dipenderebbero anche dai fondi disponibili. «Abbiamo già degli algoritmi che ci permettono di decidere chi arruolare e chi no», aggiunge Giulia Veronesi, responsabile dell’unità di chirurgia robotica dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e membro del comitato scientifico di No Smoking Be Happy, che nel 2017 lancerà un nuovo programma di screening. «Dopo l’esame, inoltre, il rischio può essere aggiornato sulla base dei risultati della Tac. In questo modo i partecipanti che hanno minori probabilità di ammalarsi di tumore del polmone verrebbero controllati a intervalli di tempo più ampi. Anche per tenere sotto controllo i costi, è considerabile una frequenza biennale o triennale della Tac nei soggetti a rischio meno elevato».


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LA DIAGNOSI PRECOCE PUO’ SALVARE LA VITA

I primi a essere arruolati, come detto, sarebbero i forti fumatori. In questo modo si identifica chi ha fumato almeno un pacchetto al giorno di sigarette per vent’anni o più. Ma per ridurre drasticamente la mortalità per tumore del polmone, nel tempo si potrebbero compiere valutazioni che tengano conto dell’esposizione ad alcuni inquinanti ambientali (asbesto), al fumo passivo e della familiarità. Secondo Giulia Veronesi «piuttosto che giungere a una diagnosi tardiva, che spesso non lascia scampo, vale comunque la pena correre il rischio di un eccesso di diagnosi della malattia in fase iniziale. Il tumore del polmone progredisce molto più velocemente del tumore alla prostata, che tutti gli uomini cercano di diagnosticare quanto prima partendo dall’analisi periodica dei valori dell’antigene prostatico specifico (Psa). Scoprirlo in tempo permette di mettere a punto programmi terapeutici mirati, che non per forza obbligano a ricorrere alla chirurgia». Diversi studi hanno evidenziato come il rischio della sovradiagnosi, che porta al trattamento eccessivo di noduli benigni che espongono le persone a una catena di controlli (dalla Pet alla biopsia) e ad ansie ingiustificate, si aggira attorno al dieci per cento per il tumore del polmone. «Un dato inferiore a quello analogo per il seno e la prostata», chiosa la specialista.


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DUE I PERCORSI DI SCREENING GRATUITO ATTIVI

Come detto l’opportunità di giungere alla diagnosi precoce del tumore del polmone è legata all’utilizzo della Tac toracica a basso dosaggio, che rispetto a quelle di precedente generazione utilizza una dose di radiazioni più bassa e consente di acquisire le immagini di un organo in pochi secondi. Oggi il nuovo strumento è diffuso in quasi tutte le più grosse strutture ospedaliere. Al momento, però, soltanto a Roma sono attivi due programmi di screening gratuito per il tumore del polmone: al Campus Biomedico (per prenotare: 06-225411460, dal lunedì al venerdì dalle 9,30 alle 11,30 e dalle 14,30 alle 15,30) e al Policlinico Gemelli (è possibile richiedere l’arruolamento inviando un’email all’indirizzo screening.polmone.gemelli@gmail.com). I programmi di screening - Tac a basso dosaggio al Gemelli, al Campus Biomedico è aggiunta anche la visita gratuita da parte di un chirurgo toracico - sono rivolti esclusivamente agli individui di età compresa tra 55 e 80 anni, fumatori o ex-fumatori da meno di 15 anni di almeno un pacchetto al giorno negli ultimi trent’anni, due nei recenti quindici o tre dal 2006 a oggi. 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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