Nella malattia metastatica l'aggiunta di probiotici si è dimostrata utile nel migliorare la risposta alla terapia combinata con nivolumab e cabozantinib. I risultati pubblicati su Nature Medicine
Migliorare l'efficacia delle terapie per il tumore del rene potrebbe essere anche una questione di microbioma. Pur non arrivando a conclusioni definitive, uno studio da poco pubblicato dalla rivista Nature Medicine ha dimostrato che l'aggiunta di un probiotico alla combinazione di nivolumab e cabozantinib è stata in grado di migliorare il controllo della malattia. Un risultato importante che conferma ancora una volta l'importanza della modulazione del microbioma intestinale quale fattore in grado di influenzare le terapie anticancro, specialmente quelle con immunoterapia.
IL TUMORE DEL RENE
Secondo l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 12.600 nuovi casi di tumore del rene. Fortunatamente, nell'85% dei casi, la diagnosi avviene quando il tumore è ancora confinato a livello locale. In queste situazioni, la prima linea di trattamento è la nefrectomia, ovvero la rimozione chirurgica del rene colpito.
QUANDO LA MALATTIA È METASTATICA
Tuttavia, se la malattia si è diffusa formando metastasi, si ricorre a terapie più avanzate. Queste includono terapie a bersaglio molecolare, terapie anti-angiogeniche e immunoterapia. La scelta ricade in base alle specifiche caratteristiche molecolari e al grado di aggressività della malattia. Una delle combinazioni più utilizzate e disponibili anche in Italia è l'associazione di nivolumab (un immunoterapico) e cabozantinib (una terapia a target molecolare). Combinazione che si è mostrata utile nel migliorare sensibilmente la sopravvivenza globale e la progressione libera da malattia (il tempo che intercorre tra l'inizio del trattamento e la ripresa della malattia) rispetto alla chemioterapia.
MIGLIORARE LA RISPOSTA
Da tempo però nel campo della ricerca oncologica sono in fase di sperimentazione nuove strategie per cercare di migliorare l'efficacia dell'immunoterapia. Diverse analisi hanno infatti dimostrato -come raccontato qui in un nostro articolo- che la composizione della flora batterica può influenzare significativamente la risposta alle terapie. Ecco perché da tempo sono in corso diversi studi volti a "modificare" la flora batterica intestinale con l'obiettivo di migliorare l'efficacia dell'immunoterapia.
LO STUDIO
Uno di questi è lo studio da poco pubblicato sulle pagine di Nature Medicine. Obiettivo dell'analisi era verificare l'effetto dell'aggiunta del probiotico CBM588 -un microrganismo capace di influenzare la composizione batterica migliorando la produzione di acido butirrico- nei pazienti con carcinoma renale in fase avanzata in trattamento con nivolumab e cabozantinib. Lo studio di fase I ha coinvolto 30 persone suddivise in due gruppi: ad uno è stato somministrato CBM588 più la terapia standard, all'altro solo la terapia standard. Dalle analisi è emerso che il gruppo che ha ricevuto il probiotico in associazione all'immunoterapia ha avuto un miglioramento significativo nella progressione libera da malattia. In particolare a 6 mesi dall'inizio del trattamento l'84% dei pazienti trattati con CBM588 era libero da progressione contro il 60% di quelli trattati con la sola combinazione di nivolumab e cabozantinib.
I PROSSIMI PASSI
Il risultato dello studio, per il basso numero di partecipanti, è tutt'altro che definitivo e serviranno ulteriori indagini per capire se realmente l'aggiunta dei probiotici può influenzare positivamente le terapie. I dati ottenuti però sembrano incoraggianti. Ora i ricercatori sono al lavoro per meglio comprendere il possibile meccanismo che ha portato a questo conistente vantaggio nella sopravvivenza libera da malattia. Alla base dello stretto legame tra batteri e funzionamento dell'immunoterapia, secondo precedenti studi, sembrerebbero esserci i metaboliti prodotti dai microrganismi, sostanze capaci di modulare positivamente il sistema immunitario.
Daniele Banfi
Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.