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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 17-02-2023

Tumore della prostata metastatico: l'utilità dei PARP inibitori



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L'associazione di enzalutamide e talazoparib in prima linea si è dimostrata utile nel migliorare la sopravvivenza libera da malattia. Un passo avanti nella lotta al tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione

Tumore della prostata metastatico: l'utilità dei PARP inibitori

Nel tumore alla prostata metastatico combinare l'utilizzo di un inibitore dei recettori degli androgeni (enzalutamide) con un PARP inibitore (talazoparib) porta ad un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da malattia. E' questo il messaggio che emerge da uno studio appena presentato al congresso ASCO Genitourinary Symposium, uno dei più importanti appunatmenti mondiali dedicati alla patologia. Un risultato importante nella corretta gestione del tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione (mCRPC).

CHE COS' È IL TUMORE DELLA PROSTATA?

Il tumore della prostata rappresenta la neoplasia più frequente in Italia tra i maschi a partire dai 50 anni di età e occupa il terzo posto nella scala della mortalità per neoplasia, riguardando soprattutto gli uomini al di sopra dei 70 anni. Secondo i dati "I numeri del cancro in Italia 2022" realizzato dall'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) nel 2022 sono stati 40.500 i nuovi casi registrati. Fortunatamente una buona quota di questi tumori viene diagnosticata in fase iniziale quando le possibilità di intervento sono migliori. Non solo, esistono anche delle forme indolenti la cui lenta evoluzione non desta particolari preoccupazioni. A seconda dello stadio di evoluzione si procede con diverse strategie terapeutiche che comprendono la chirurgia, la chemioterapia e l'ormonoterapia.

COME SI CURA QUANDO È METASTATICO?

Quando la malattia non è più confinata ed ha invaso i tessuti circostanti, ovvero quando il tumore è in metastasi, la strategia utilizzata maggiormente è quella della deprivazione androgenica. La crescita delle cellule cancerose -come avviene per il tumore al seno- è sostenuta dagli ormoni e per quanto riguarda il tumore della prostata dal testosterone. Ecco perché utilizzare farmaci in grado di interferire con la sua produzione può ridurre il "combustibile" che le cellule utilizzano per crescere. Recentemente sono arrivate sul mercato terapia come abiraterone acetato, apalutamide ed enzalutamide capaci di migliorare sensibilmente il trattamento del tumore alla prostata in fase metastatica. 

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LE RESISTENZE

Purtroppo però accade che se utilizzati per lungo tempo, i farmaci di deprivazione androgenica vanno incontro a fenomeni di resistenza. Per questa ragione nel tempo sono stati sviluppati farmaci simili per cercare di aggirare il fenomeno o comunque per guadagnare tempo. Quando queste terapie non sortiscono più effetto siamo di fronte al mCRPC, il tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione

IL RUOLO DEI PARP-INIBITORI

Complice lo sviluppo di tecniche di indagine molecolare, negli ultimi anni si è compreso che una quota di tumori della prostata metastatico è caratterizzata dalla presenza di mutazioni nei geni BRCA, geni responsabili dei meccanismi di riparazione del DNA. Esattamente come per il seno, la presenza di queste mutazioni può essere sfruttata per somministrare terapie su misura. Ed è questo il caso dei PARP-inibitori, molecole che interferiscono sui meccanismi che la cellula mette in atto per riparare i danni al DNA. La possibilità di interferire con questo meccansimo rende il tumore "ricco" di alterazioni a tal punto da andare incontro a morte cellulare a causa dei troppi danni subiti. Tecnicamente queste alterazioni vengono chiamate "difetti di ricombinazione omologa" (HRD) e non coinvolgono solo i geni BRCA. Le mutazioni dei geni BRCA infatti rappresentano solo una parte dei difetti del sistema di ricombinazione omologa.

In questi anni sono arrivati sul mercato diversi farmaci capaci di agire su questo meccanismo utilizzati in primis nel tumore all'ovaio. Recentemente, anche in Italia, AIFA ha approvato l'utilizzo di olaparib -il capostipite dei PARP-inibitori- nel tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione e con mutazione dei geni BRCA1/2 in progressione dopo una precedente terapia.

LO STUDIO

Complice l'accumularsi delle evidenze dell'utilità dei PARP-inibitori in quei tumori che hanno un difetto di ricombinazione omologa, nella ricerca presentata ad ASCO gli scienziati hanno presentato uno studio che aveva come obbiettivo l'utilità dell'associazione in prima linea della terapia standard con enzalutamide con il PARP-inibitore talazoparib. Metà degli oltre 800 partecipanti hanno ricevuto la combinazione, l'altra metà enzalutamide più placebo. Nel trial clinico erano ammessi pazienti sia con difetti di ricombinazione omologa accertata attraverso un test molecolare sia senza questo difetto.

Il trial clinico TALAPRO-2 di fase III aveva come obbiettivo la valutazione della progressione libera da malattia (PFS), ovvero il periodo di tempo in cui la malattia pur essendo presente non progredisce. Si tratta di un parametro importante poiché l'aumento della PFS è un indice di efficacia delle cure ed è generalmente correlato non solo ad un prolungamento della sopravvivenza del paziente ma anche ad una migliore qualità di vita. Dalle analisi è emerso che la PFS era del 37% migliore nel gruppo con PARP-inibitore rispetto alla sola terapia anti-androgenica. Analizzando in maniera più approfondita i dati è risultato che nel gruppo con difetto di ricombinazione omologa la PFS era migliore del 54% rispetto alla terapia standard. In quello senza difetti l'associazione dei due farmaci è risultata comunque migliore del 30%.

LE PROSPETTIVE FUTURE

I risultati ottenuti, tra i primi a valutare la combinazione in prima linea, dimostrano come sia possibile migliorare sensibilmente il decorso della malattia metastatica. Dati importanti che presto potrebbero cambiare la gestione della malattia in fase avanzata, specialmente in quei tumori che presentano mutazioni nei geni BRCA e, più in generale, difetti di ricombinazione omologa. Non a caso, già il capostipite olaparib è stato approvato all'utilizzo in prima linea dall'EMA in quei pazienti che non possono ricervere chemioterapia a causa della loro salute. Ma c'è di più perchè anche un recentissimo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha dimostrato che un altro PARP-inibitore, ruvaparib, è utile nel controllo della malattia specialmente in quei pazienti che hanno una mutazione nei geni BRCA.

 

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Fonti

TALAPRO-2: Phase 3 study of talazoparib (TALA) + enzalutamide (ENZA) versus placebo (PBO) + ENZA as first-line (1L) treatment in patients (pts) with metastatic castration-resistant prostate cancer (mCRPC) - ASCO GU 2023

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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