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Pediatria
Caterina Fazion
pubblicato il 13-12-2022

Attività fisica a scuola, perché è importante per i bambini?



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Un’ora di attività fisica al giorno per bambini e adolescenti per trarre benefici fisici e psicologici. Ma quali sport preferire? In caso di malattia è meglio evitare? Qual è il ruolo della scuola? Ecco i consigli dell’esperta

Attività fisica a scuola, perché è importante per i bambini?

Fin da bambini e adolescenti l'attività fisica rappresenta uno dei pilastri fondamentali per favorire una vita lunga e sana. In questo anche la scuola può fare la sua parte. Non sempre, però, ci sono le condizioni necessarie.

Benefici fisici, psicologici e sociali sono ormai comprovati, ma, purtroppo restano ancora tanti i bambini e ragazzi che praticano livelli insufficienti di attività fisica, o non la praticano affatto. Ma quali sono gli sport ideali per ogni età? Ci sono condizioni fisiche che ne impediscono la pratica? Ma soprattutto, la scuola è in grado di garantire strutture e insegnanti necessari per il corretto svolgimento dell’attività fisica?

La piramide dell’attivita’ fisica

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I BENEFICI

L’organizzazione mondiale della sanità, per bambini e adolescenti tra i 5 e i 17 anni, raccomanda almeno 60 minuti di attività fisica al giorno, da moderata a intensa, per ottenere benefici e mantenersi in salute. Grazie al movimento, infatti, si può tenere sotto controllo il peso corporeo e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, patologie tumorali e metaboliche, come il diabete. Un livello inadeguato di attività fisica, che in Italia interessa il 22,5% dei giovanissimi, infatti, è associato a un maggior rischio di sviluppare questo tipo di patologie.

«L’attività fisica, soprattutto per bambini e adolescenti – spiega la dottoressa Giulia Cafiero, Medicina dello sport Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – ha importantissimi risvolti, in termini di salute, a livello organico e psicologico. È fondamentale incominciare fin da piccolissimi, permettendo al bambino di sperimentare lo spazio intorno sé. In questo modo sarà portato a muoversi, coordinarsi e a conoscere l'ambiente che lo circonda. Nelle varie fasi di accrescimento miglioreranno i gesti tecnici del bambino e si modificherà la proposta che noi adulti possiamo proporre loro, ma iniziare precocemente resta essenziale. Addirittura molti studi incentivano l'attività fisica delle mamme durante la gravidanza, in modo tale che il nascituro possa trarne beneficio».

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IL GIOCO POTREBBE NON BASTARE

Per attività fisica si intende un qualunque movimento del corpo determinato dalla contrazione muscolare che necessita di un dispendio calorico superiore alla condizione di riposo. Pertanto, oltre alle attività sportive, sono inclusi anche semplici movimenti come camminare, andare in bicicletta, ballare e, soprattutto nell’infanzia, giocare.

«Nel periodo che precede la pubertà, il gioco è fondamentale, ma non dobbiamo dimenticare che ogni bambino ha le sue inclinazioni», ricorda la dottoressa Cafiero. «Pertanto, i bambini di indole attiva, anche semplicemente giocando al parco o in casa potranno sperimentare moltissime possibilità di movimento, raggiungendo i 60 minuti di attività fisica quotidiana consigliati dall’OMS. I bambini più pigri, invece, tenderanno a muoversi meno e avranno bisogno di maggiori stimoli. È in questi casi che, essendo il semplice gioco insufficiente, si rende utile il ricorso ad attività sportive organizzate dove istruttori o insegnanti possano incentivare il movimento in tutti i bambini, sia attivi sia più pigri, non solo in chi è naturalmente portato». Luoghi fondamentali, pertanto, diventano le varie società sportive, piscine e, soprattutto, le scuole.

 

IL RUOLO DELLE SCUOLE

Nonostante le scuole abbiano a cuore il benessere mentale e fisico dei ragazzi, fino a pochi mesi fa, in Italia, a differenza di tutti gli altri paesi europei, le ore di ginnastica nelle scuole elementari erano facoltative. Proprio tra i sei e gli undici anni, dunque, età cruciale per la formazione fisica dei bambini, l’attività fisica era subordinata alla disponibilità delle maestre e alla presenza delle palestre. Da quest’anno, fortunatamente, è stato introdotto l’obbligo di svolgere educazione fisica anche nelle scuole elementari, dove gli insegnanti devono essere debitamente formati e specializzati, con competenze motorie e pedagogiche.

La legge di Bilancio 2021 prospettava un ottimo sostegno all'attività fisica scolastica: per l'assunzione di nuovi insegnanti di educazione fisica, infatti, era previsto lo stanziamento di 29,91 milioni per il 2022, 116 per il 2023, 169 per il 2024 e 171 per il 2025. Purtroppo, però, come annunciato nel decreto attuativo di aprile 2022, a causa delle poche risorse, Miur e Governo hanno deciso che con questa importante novità si parte solo nelle 24.500 classi di quinta elementare.

 

QUALI CRITICITÀ?

I problemi non sono finiti: soltanto il 40,8% delle scuole italiane ha una palestra, con enormi differenze regionali (la percentuale precipita in Calabria con il 20,5%). Sono quindi gli uffici scolastici a dover contattare i Comuni per trovare degli spazi adeguati vicini alla scuola, da attrezzare opportunamente. La decrescita demografica, inoltre, fa sì che in molte scuole elementari ci siano poche classi quinte, solo una o due, questo significa che per arrivare alle 18 ore minime di lavoro che di norma un insegnante totalizza in un solo istituto, quello di motoria dovrà muoversi tra tanti plessi diversi, talvolta in comuni diversi, non certo la situazione più comoda e funzionale.

 

UNO SPORT PER OGNI ETÀ

La pratica dell’attività fisica, nonostante gli intoppi elencati, è resa obbligatoria nelle scuole a partire dalle elementari, ma anche i piccolissimi dovrebbero iniziare a muoversi il prima possibile. Sono i primissimi anni di vita, infatti, il momento in cui si verifica il maggior sviluppo motorio e cognitivo: tutti i bambini devono essere spinti a muoversi e sperimentare ogni tipo di movimento per avere una base solida sulla quale poter successivamente costruire movimenti più complessi. Ma come scegliere lo sport ideale?

«Nella prima infanzia è preferibile scegliere sport individuali come il nuoto o la ginnastica – chiarisce Giulia Cafiero –, con i quali è possibile formare schemi motori di base. Successivamente, intorno agli 8-13 anni, si può invece iniziare a sperimentare sport di squadra come il calcio, il rugby e la pallacanestro, e anche discipline che richiedono maggiore tecnica e coordinazione come tennis o scherma.

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SCUOLA E SPORT POSSONO CONVIVERE?

Una grande preoccupazione dei genitori è la possibilità di conciliare l’attività fisica con un buon rendimento scolastico. Gli studi scientifici non solo confermano che lo sport non rappresenta un ostacolo al percorso scolastico, ma contribuisce anche a supportarlo. Aiuta lo sviluppo cognitivo, sociale e affettivo dei giovani e favorisce un maggior livello di attenzione e un minore assenteismo a livello scolastico. I giovani atleti hanno anche, in genere, una maggiore autostima rispetto ai coetanei sedentari. E alcuni studi dimostrano addirittura un miglioramento del rendimento scolastico in relazione all’aumento dell’attività sportiva.

«L’adolescenza è il periodo in cui si verifica il più alto tasso di drop out sportivo, fenomeno che consiste nell'abbandono dell'attività sportiva. Le cause che inducono a non praticare nessuno sport sono principalmente il carico di compiti, la difficoltà a conciliare non solo sport e scuola, ma anche sport e amicizie e, più in generale, sport e attività extra scolastiche. Tuttavia, va considerato che l’adolescenza è un periodo di grande fragilità per i ragazzi: abbandonare uno sport al quale non sono riusciti ad appassionarsi spesso rappresenta un campanello di allarme che indica un disagio un po' più importante, magari l’inizio di una depressione giovanile. L’abbandono in età adolescenziale ci deve far riflettere e indagare eventuali cause più profonde».

 

MALATTIE E SPORT, CHE FARE?

La restrizione dell'attività fisica in caso di patologia è ancora un fenomeno molto importante, spesso dovuto all'apprensione di genitori e insegnanti. Tuttavia, come per i ragazzi sani, i vantaggi derivati dallo sport valgono anche per chi ha disabilità: miglioramento della qualità di vita, non solo fisica, ma anche psicologica e sociale. Dopo aver sottoposto bambini e ragazzi a una valutazione cardiovascolare, l’importante è scegliere lo sport più adatto a ogni situazione, adeguando l'attività fisica e lo sforzo richiesto al singolo soggetto. Non dimentichiamo che lo sport rappresenta uno strumento fondamentale nel percorso di recupero da una patologia.

«Il bambino vede nell'attività fisica una sorta di normalità – specifica la dottoressa Giulia Cafiero –, grazie alla quale non si sente più medicalizzato. Se gli adulti di riferimento, genitori, medici, insegnanti, riescono a proporre l'attività fisica come una possibilità di riabilitazione, avremo un duplice beneficio: allontanare il bambino dal concetto di medicalizzazione e riabilitarlo nel suo percorso di cura».

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CONSIGLI UTILI

  • Per i ragazzi con asma bronchiale: via libera all’esercizio fisico di tipo aerobico come bicicletta, corsa, pattinaggio, danza, giochi di squadra o nuoto. Sono da preferire ambienti caldo umidi (la piscina è l’ideale), rispetto ad ambienti freddi con aria secca. Ricordiamo l’importanza di intervalli di recupero in caso di esercizi ad alta intensità.
  • Bambini con ipertensione arteriosa: è consigliata attività aerobica a bassa intensità e lunga durata. Un’ottima soluzione, che permette di ridurre la pressione data dal peso corporeo, è rappresentata dal nuoto.
  • Pazienti con cardiopatie congenite: a causa dell’atteggiamento iperprotettivo dei genitori, sono spesso esposti al rischio di diventare bambini sedentari, sviluppando ulteriori malattie. Gli studi hanno invece dimostrato che non ci sono delle vere controindicazioni alla pratica di tipo aerobico, adeguando l’intensità dello sforzo.
  • Per i pazienti diabetici: sono preferibili sport alternati aerobici e anaerobici, evitando attività a rischio intrinseco, come quelle svolte ad alta quota. In caso di ipoglicemia è fondamentale fornire tempestivamente il giusto soccorso. Per questi soggetti è importante ricordare di non iniziare mai attività quando la glicemia è troppo bassa, o comunque in calo, e di portare sempre con loro zuccheri semplici facilmente assimilabili come bustine di zucchero, succhi di frutta o cola.
  • Anche i bambini o i ragazzi oncologici che riescano a tollerare bene la terapia, già nei primissimi mesi possono ricominciare ad allenarsi, stando attenti al rischio infettivo legato a determinati ambienti, o al rischio di trauma, se la malattia è collegata all’apparato muscolo-scheletrico.

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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