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Pediatria
Caterina Fazion
pubblicato il 23-02-2023

Dislessia: perché le diagnosi sono in aumento?



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Le diagnosi di dislessia sono raddoppiate negli ultimi anni. Dove vanno ricercate le cause? Come individuare i bambini a rischio per intervenire precocemente? La parola all’esperto

Dislessia: perché le diagnosi sono in aumento?

A partire dal 2010, grazie alla legge 170, la dislessia, la disortografia e la discalculia sono riconosciuti come disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Negli ultimi anni le diagnosi sono raddoppiate. Dove vanno ricercate le cause? Esistono degli strumenti di screening che permettano di individuare i bambini a rischio e di intervenire precocemente?

Ne parliamo con il dottor Sergio Messina, neuropsichiatra infantile e già presidente AID (Associazione Italiana Dislessia).

 

QUANTE SONO LE DIAGNOSI?

Nel corso degli ultimi due anni scolastici monitorati, il 2019/2020 e il 2020/2021, gli alunni a cui è stato diagnosticato un disturbo d’apprendimento si sono attestati, rispettivamente con 318.678 e 326.548 alunni, al 5,3% e al 5,4% del numero complessivo dei frequentanti. Si tratta di alunni delle classi terza, quarta e quinta della scuola primaria e di tutte le classi della scuola secondaria di I e di II grado in possesso di certificazione di DSA ai sensi della Legge 170/2010. Entrando nel dettaglio delle tipologie di disturbo, nell’anno scolastico 2020/2021, 198.128 alunni presentavano dislessia, 99.769 disgrafia, 117.849 disortografia e 108.577 discalculia.

Le certificazioni dei disturbi specifici di apprendimento sono state rilasciate più frequentemente nelle regioni del Nord Ovest dove, nell’anno scolastico 2020/2021, la percentuale di alunni con DSA sul totale dei frequentanti è stata del 7,9%. Questa percentuale è superiore alla media nazionale, pari al 5,4%, anche per le regioni del Centro e del Nord Est, con quote di alunni con DSA sul totale alunni rispettivamente pari al 6,7% e al 5,8%. Per le regioni del Mezzogiorno il numero di certificazioni è invece estremamente più contenuta, pari mediamente al 2,8%. 

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DIAGNOSI IN AUMENTO, PERCHÉ?

Nel corso degli ultimi anni le diagnosi sono più che raddoppiate: nel 2016, infatti, si aggiravano intorno al 2%. A cosa è dovuto questo incremento così massiccio?

«La legge 170 ha cambiato totalmente l'attenzione posta su questi disturbi da parte delle scuole e delle famiglie», illustra il dottor Messina. «Questo aumento va di pari passo con l'aumento delle diagnosi di tutti i disturbi del neurosviluppo come i disturbi dello spettro dell’autismo, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), la sindrome di Tourette. Si sta lavorando molto in questo ambito, cosa che, fino a dieci anni fa, non si faceva in maniera così dettagliata. L’approccio sul piano della prevenzione e sul piano diagnostico è totalmente cambiato. Inoltre ad aumentare negli ultimi anni è stata anche la percentuale di ragazzini con difficoltà di apprendimento. Si tratta di quegli alunni che, nonostante la presenza di alcune difficoltà, nei primi anni di scuola riescono a compensarle, ma quando il carico di lavoro e la complessità degli argomenti trattati aumentano, queste ultime emergono e si slatentizzano con possibili ripercussioni non solo sul piano dell'apprendimento, ma anche sul piano emotivo-motivazionale».

 

LE DIFFICOLTÀ DEI RAGAZZI

Sono molti i fattori che determinano l'aumento delle difficoltà dei nostri ragazzi.

«Il periodo di Covid che abbiamo vissuto – prosegue Sergio Messina – ha creato molti disagi dal punto di vista sociale, soprattutto per i bambini della scuola materna che nel periodo della pandemia stavano sviluppando i processi di apprendimento e ponendo le basi per l’acquisizione della letto-scrittura. Inoltre, bisognerebbe rivedere i caratteri della didattica, ripensandoli e adattandoli ai giorni nostri e alle strategie di apprendimento, prettamente multimediali, dei giovanissimi. Non vanno poi sottovalutati gli stimoli che forniamo loro: se un bambino è esposto a video e cartoni animati in lingua inglese, non dobbiamo commettere l’errore di pensare che abbia problemi di linguaggio se fatica a esprimersi in italiano, si tratta invece di un problema di stimolo e di comunicazione. Così come non va sottovalutata l’importanza di interagire con i più piccoli, sia a scuola sia a casa, per non rallentare le loro capacità di linguaggio, uno dei prerequisiti dell’apprendimento scolastico».

 

GLI ALUNNI A RISCHIO DSA

La scuola ha il compito di individuare precocemente gli alunni e le alunne a rischio di sviluppare un Disturbo Specifico dell’Apprendimento osservando anomale difficoltà nella capacità di lettura, scrittura e calcolo. In alcuni casi, con un opportuno potenziamento didattico, queste difficoltà potrebbero risolversi, in alternativa, al loro persistere, gli alunni verranno indirizzati ad analisi specialistiche per un’attenta diagnosi. Ma come si fanno a individuare questi soggetti a rischio?

Per gli alunni frequentanti la scuola dell’infanzia e i primi due anni della scuola primaria esistono test specifici effettuati per individuare fattori di rischio predittivi di futuri disturbi di apprendimento che tuttavia non possono essere considerati ancora come diagnosi DSA. Secondo i dati del Ministero, per l’anno scolastico 2019/2020 gli alunni che hanno ricevuto una pre-diagnosi sono stati 5.572, corrispondenti allo 0,23%, e per l’anno scolastico 2020/2021 5.091, pari allo 0,22%, del numero complessivo di alunni frequentanti la scuola dell’infanzia e i primi due anni di scuola primaria.

 

DINO, STRUMENTO DI SCREENING 

Un importante strumento di screening in fase di sperimentazione è un videogioco di nome Dino, pensato per l’identificazione precoce dei soggetti a rischio di DSA, realizzato dalla startup torinese Paperbox Health, con il supporto degli esperti dell’Associazione Italiana Dislessia.

«Dino è uno strumento pensato per i bimbi degli ultimi anni di scuola dell'infanzia e per i primi due anni di scuola primaria», spiega Messina. «Tramite giochi interattivi, accattivanti e di breve durata, vengono valutate alcune abilità considerate predittive per i processi di lettura e scrittura, e quindi nello specifico ci riferiamo alla prevenzione della dislessia e della disortografia. Dai risultati ottenuti dal profilo, in termini sia di correttezza sia di velocità della risposte date, si delinea un profilo di massima del bambino, che può così essere confrontato da un esperto in relazione ai dati normativi relativi a quella determinata prova. Questa analisi consente di individuare eventuali punti di debolezza e di forza, in modo tale che, qualora sia necessario, si possa avviare un percorso di potenziamento specifico, così come previsto dalla legge 170. Non dimentichiamo infatti che, quando la scuola o la famiglia individua soggetti in difficoltà o a rischio da DSA, la prima cosa da fare prima di inviarli alla valutazione diagnostica è effettuare un percorso di potenziamento delle aree più fragili, conclusosi il quale si potrà stabilire se è il caso o meno di richiedere un approfondimento clinico, tramite il quale potrà essere fatta o esclusa una diagnosi di DSA. Per adesso il videogioco Dino è ancora in fase di testing pre clinico nelle scuole, ma una volta messo a punto sarà disponibile per le scuole e per le famiglie».

 

ESISTE IL RISCHIO DI SOVRADIAGNOSI?

Quando un bambino riceve diagnosi di DSA, la possibilità che in realtà, con un semplice potenziamento, avrebbe potuto risolvere le sue difficoltà, esiste?

«La comunità scientifica – conclude il dottor Messina – ha lavorato tantissimo per ridurre al minimo la presenza di falsi positivi, ovvero soggetti che non hanno un disturbo, ma una difficoltà che potrebbe essere risolta con un potenziamento didattico. Le nuove linee guida sui DSA, pubblicate lo scorso anno, sono frutto di un lavoro accurato, volto a rendere sempre più dettagliati e attendibili i protocolli diagnostici. Per arrivare a una diagnosi di DSA il bambino è sottoposto a numerose prove tanto che oggi il rischio di falsa positività è molto ridotto». 

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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