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Pediatria
Daniele Banfi
pubblicato il 27-07-2018

Dopo il vaccino non si è contagiosi



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Quando ci si vaccina non si contrae la malattia. Ecco perché il pericolo di contagiare qualcuno dopo l'iniezione è infondato. Storia di una falsa credenza

Dopo il vaccino non si è contagiosi

Chi si sottopone a vaccinazione è contagioso? Nei giorni scorsi, complice una proposta di legge regionale del gruppo Movimento Cinque Stelle della Regione Lazio circa la revisione del Decreto vaccini, si è tornato a parlare della contagiosità delle persone appena sottoposte a questo straordinario strumento di prevenzione. Il messaggio della comunità scientifica è chiaro e unanime: chi si sottopone a vaccinazione non è contagioso per la malattia per la quale si è vaccinato. Questo è valido per tutti i vaccini, anche per quelli realizzati con virus attenuati. L'unica rarissima eccezione è data dal vaccino per la varicella. In 30 anni di utilizzo si sono registrati soli 9 casi di contagio su milioni di dosi somministrate. 

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Vaccini e vaccinazioni. Perché sì. Le risposte della scienza

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VACCINARSI NON SIGNIFICA CONTRARRE LA MALATTIA

Al pari degli antibiotici, i vaccini hanno rivoluzionato la storia della medicina. Se oggi alcune malattie sono pressoché scomparse e alcune fanno molto meno paura di un tempo lo si deve essenzialmente a loro. Il prinicipio che sta alla base del funzionamento dei vaccini è molto semplice: attraverso il vaccino noi simuliamo ciò che avviene durante la malattia senza procurare i danni che la patologia porta con sé. Per fare ciò negli anni la ricerca ha sviluppato metodi sempre più efficaci di produzione dei vaccini che contemplano l'utilizzo o di virus attenuati o di frazioni proteiche contenute nell'agente infettivo. L'obbiettivo è mostrare l'aggressore sistema immunitario. Aggressore, sia un virus o un microrganismo, privato in laboratorio della sua capacità di portare la malattia.

LA BUFALA DEI VACCINI CONTAGIOSI

Il dubbio che le persone vaccinate possano trasmettere la malattia è diffuso da tempo, ultimo in ordine di tempo è quello relativo al ritorno del morbillo nel nostro Paese. La tesi è la seguente: poiché il vaccino del morbillo è del tipo vivo attenuato, sono stati i vaccinati a diffondere la malattia. La tesi, totalmente infondata, poggia sull'interpretazione di quanto scritto nel foglio illustrativo del vaccino quadrivalente MPRV (morbillo-parotite-rosolia-varicella). 

Una volta vaccinato -è possibile leggere- il suo bambino deve cercare di evitare per almeno 6 settimane dopo la vaccinazione, fin dove possibile, uno stretto contatto con i seguenti individui: - individui con una ridotta resistenza alle malattie, - donne in gravidanza che non hanno avuto la varicella o che non sono state vaccinate contro la varicella. - neonati da madri che non hanno avuto la varicella o che non sono state vaccinate contro la varicella.

La contagiosità, dunque, riguarda solo ed esclusivamente la varicella. Non ha nulla a che fare con le restanti malattie per le quali il vaccino è stato sviluppato. 

IL CASO DELLA VARICELLA

Attenzione però a pensare che la contagiosità sia un fenomeno così frequente. Ad oggi, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, sono stati registrati solo 9 casi di contagio di varicella persone vaccinate ed individui che mai sono entrati in contatto con il virus. Ciò si può verificare  solo quando il vaccinato sviluppa un esantema (piccole bolle simili a quelle tipiche della varicella, di solito in un’area limitata del corpo). Tale reazione avviene mediamente in non più di 6 casi su 100. Di questi, solo una minima parte -i 9 casi lo dimostrano- può portare al contagio di una persona non immunizzata. Non è un caso che in questi frangenti, ovvero quando si verifica la comparsa di lesioni, si consiglia di coprire la zona interessata dall’esantema se già non è coperta dagli abiti. Coprendo la zona infatti è altamente improbabile che il virus sia trasmesso. Ecco perché la proposta della quarantena da scuola di 4-6 settimane da applicare ai bambini vaccinati non ha alcun riscontro scientifico.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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