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Pediatria
Donatella Barus
pubblicato il 22-03-2023

L'obesità infantile? Un prodotto delle disuguaglianze sociali



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Sempre più evidente il nesso fra istruzione, reddito e obesità infantile. Anche in Italia

L'obesità infantile? Un prodotto delle disuguaglianze sociali

Molto più della somma di dieta ed esercizio fisico: l’obesità infantile è una questione complessa, legata a disuguaglianze sociali, culturali ed economiche, oltre alle calorie di troppo e alla sedentarietà. A sottolinearlo il lavoro di un gruppo di scienziati dell’Università di Sidney (Australia) che ha applicato modelli statistici e di analisi per mappare le cause che portano all’obesità durante l’infanzia e l’adolescenza. Ne è emerso un legame evidente con lo svantaggio sociale delle famiglie e, in particolare, con il livello di istruzione dei genitori.

 

L'INTRECCIO DI FATTORI CHE FAVORISCONO L'OBESITÀ

«Tendiamo ad ignorare le radici dell’obesità infantile che includono lo svantaggio sociale, un fattore che certamente i genitori o i bambini non si sono scelti» ha commentato Louise Baur, pediatra e prima autrice della ricerca, condotta su un campione rappresentativo di 10.000 bambini. In Australia un bambino sui quattro pesa troppo e uno su dodici è obeso. L’indagine ha mostrato che i ragazzi in condizioni socioeconomiche più complicate e i cui genitori avevano percorsi scolastici più brevi avevano più probabilità dei loro coetanei di essere in sovrappeso o obesi nell’adolescenza. Questi fattori, infatti, risultavano legati a doppio filo con l’indice di massa corporea dei genitori, con lo stile di vita (dieta, sedentarietà, tempo trascorso facendo attività fisica, ore di sonno) della famiglia e, in ultimo, con la forma fisica dei bambini.

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FRA GENETICA E SCREEN TIME

Se il nesso genitori-figli è centrale per i bambini piccoli, crescendo (8-10 anni) a fare la differenza subentrano le modalità con cui i ragazzini passano il loro tempo libero e le ore passate su giochi elettronici e smartphone. Certamente, sottolineano i ricercatori australiani, gioca un ruolo anche la genetica nelle probabilità di sovrappeso, ma sempre di più risulta evidente che l’obesità è «in gran parte un sottoprodotto dello status socio-economico».

 

LA SITUAZIONE IN ITALIA

Anche in Italia le chance di crescere in forma sembrano poco equamente distribuite. Ci sono evidenti differenze territoriali fra regioni del nord e del sud. Ma non solo.

Come ricorda l’ultimo rapporto dell’OMS sull’Europa, l’Italia resta fra i primi paesi per obesità infantile (17 per cento) e sovrappeso (39 per cento) nella popolazione fra i 7 e i 9 anni. Il 70 per cento di loro trascorre almeno due ore al giorno davanti ad uno schermo. Più del doppio della percentuale che si registra fra i bambini di paesi vicini, come l'Austria o la Germania. Rispetto alle rilevazioni di un decennio fa qualche miglioramento c’è stato, ma concentrato perlopiù sui bambini delle fasce sociali medio-alte. In 18 Paesi sui 33 esaminati la prevalenza dell’obesità diminuisce al crescere del livello di istruzione dei genitori. In particolare, l’alfabetizzazione sanitaria (la capacità di trovare, comprendere e utilizzare informazioni scientifiche corrette sulla salute) fa una differenza importante.

 

LA PREVENZIONE GUARDI ANCHE ALLE DISUGUAGLIANZE

L’obesità è una condizione cronica che predispone a molte altre malattie, dal diabete ai tumori, dalle cardiopatie ai problemi articolari, che abbrevia e peggiora la qualità di vita delle persone. Gli sforzi di prevenzione, prosegue allora il report OMS, devono puntare a colmare il gap sociale. Come? Creando ambienti «che supportano e facilitano comportamenti salutari», ovvero spazi sicuri e accessibili per muoversi e giocare in maniera attiva, meno esposizione a marketing di cibo-spazzatura, accesso più facile e conveniente a frutta e verdura. E poi un «approccio equo per ridurre obesità e sovrappeso dovrebbe puntare ai fattori sociali, fisici, economici e politici che modellano l’ambiente in cui ci nutriamo e ci muoviamo, con un’attenzione particolare al reddito e alle disuguaglianze socioeconomiche».

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Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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