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Contro HIV un’iniezione ogni sei mesi

Lenacapavir, approvato dalla FDA, è il primo farmaco per la PrEP contro l’HIV da somministrare ogni sei mesi. Ma costi e accessibilità ne limitano l’impatto globale

Due iniezioni all’anno per prevenire l’infezione da HIV. Uno scenario che fino a poco tempo fa sembrava lontano, ma che oggi è realtà. La Food and Drug Administration statunitense ha da poco approvato l’uso di lenacapavir, primo farmaco per la PrEP (la profilassi pre-esposizione) da somministrare ogni sei mesi nelle persone ad alto rischio di contagio. Una potenziale svolta nel contenimento delle nuove infezioni che lascia però aperto un interrogativo cruciale: questa innovazione raggiungerà davvero chi ne ha più bisogno?

COME SI CURA OGGI L’HIV?

Da oltre vent’anni, l’infezione da HIV non è più una condanna. Grazie alle terapie antiretrovirali chi scopre di essere sieropositivo può condurre una vita pressoché normale. Se trattate correttamente, le persone con HIV possono avere un'aspettativa di vita media identica a chi non è mai entrato in contatto con il virus. Il trattamento standard consiste in una combinazione di farmaci -spesso concentrati in una sola compressa al giorno- capaci di tenere sotto controllo la replicazione del virus. Se assunti correttamente, questi farmaci riducono la carica virale fino a renderla non rilevabile, e di conseguenza non trasmissibile.

IL RUOLO DELLA PreP

Ma i farmaci non servono solo a curare. Da tempo esiste la possibilità di usare gli stessi principi attivi in forma preventiva. È la cosiddetta PrEP, profilassi pre-esposizione, rivolta a persone HIV-negative ma ad alto rischio. Il limite, tuttavia, resta proprio l’aderenza: non tutti riescono o vogliono assumere una compressa ogni giorno, soprattutto in contesti in cui stigma, povertà o instabilità sociale rendono difficile seguire una terapia continuativa.

I FARMACI A LUNGA DURATA D'AZIONE

Per superare i limiti della somministrazione quotidiana, la ricerca si è concentrata negli ultimi anni sullo sviluppo di farmaci a lunga durata d’azione. Si tratta di molecole iniettabili che, anziché essere assunte ogni giorno, vengono somministrate ogni uno o due mesi. Una strategia pensata per migliorare l’aderenza terapeutica, soprattutto in quei pazienti che faticano a seguire regolarmente la terapia orale: persone con disturbi psichiatrici, condizioni di marginalità sociale, oppure semplicemente soggetti che desiderano una gestione più semplice e meno invasiva della propria condizione. Questi farmaci sono disponibili sia per il trattamento dell’HIV nelle persone già infette, sia -da qualche anno- per la PrEP, cioè per chi vuole proteggersi dal virus. Fino ad oggi, però, la durata massima era di circa due mesi.

UN'INIEZIONE OGNI SEI MESI

Uno scenario destinato a cambiare grazie all'avvento di lenacapavir, il primo farmaco per la PrEP a somministrazione semestrale. A dimostrare la bontà di questo approccio sono stati numerosi studi, ultimo in ordine di tempo un trial clinico di fase III pubblicato sulle pagine del New England Journal of Medicine: dalle analisi è emersa la capacità del farmaco di prevenire le infezioni da HIV con un'efficacia prossima al 100%. Una capacità dovuta essenzialmente al suo innovativo meccanismo d'azione che impedisce l'ingresso del virus nelle cellule. Ed è anche per questa ragione più "tecnica" che la rivista Science, sul finire dello scorso anno, ha deciso di premiare la "scoperta" con il "Breakthrough of the Year", il riconoscimento che ogni dicembre la rivista assegna per celebrare il più importante progresso scientifico dell'anno.

L'INCOGNITA SU CHI POTRÀ ACCEDERE AL FARMACO

Nonostante il potenziale rivoluzionario, l’approvazione di lenacapavir solleva più di un dubbio sulla reale accessibilità del farmaco. Il primo ostacolo è il costo: negli Stati Uniti il prezzo annuale supera i 28mila dollari, una cifra che rischia di limitarne fortemente la diffusione, soprattutto tra chi ha più bisogno di protezione. A livello globale l'azienda produttrice (Gilead) ha siglato accordi di licenza con alcuni produttori di farmaci generici per garantire la disponibilità in oltre 120 Paesi a basso e medio reddito. Ma i tempi sono lunghi: secondo le stime, una reale distribuzione su larga scala potrebbe non avvenire prima del 2027. E non mancano le critiche: diversi Paesi a medio reddito, dove l’HIV è ancora in crescita, sono esclusi dagli accordi, così come alcune nazioni che hanno contribuito ai trial clinici. Infine, la sostenibilità dei programmi internazionali come il PEPFAR – che finora hanno garantito l’accesso alla prevenzione in molti contesti fragili – è minacciata da tagli e incertezze politiche. Il rischio, concreto, è che un farmaco pensato per cambiare le sorti dell’epidemia resti alla portata di pochi.

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