Rallentare la malattia di Huntington è possibile. Il merito è della terapia genica AMT-130 sviluppata dalla biotech Uniqure. Il trattamento ha dimostrato di poter rallentare in modo significativo la progressione della malattia. A darne notizia è l'azienda produttrice sulla base dei risultati a lungo termine ottenuti grazie ad una sperimentazione che ha coinvolto 29 pazienti. A tre anni dal trattamento le persone con Huntington hanno mostrato un rallentamento del 75% del declino motorio e cognitivo rispetto a chi non è stato trattato. Un traguardo storico che apre la strada alla prima possibile approvazione di un trattamento capace di modificare il decorso naturale della malattia.
LA MALATTIA DI HUNTINGTON
La malattia di Huntington -nota anche con il nome di Corea di Huntigton, è una rara patologia neurodegenerativa ereditaria che affligge circa 75.000 persone tra Stati Uniti ed Europa. La patologia è causata da mutazioni nel gene responsabile della produzione di hungtintina, una proteina essenziale nello sviluppo cerebrale. Nei casi in cui è mutata, la proteina si accumula e diventa tossica per i neuroni. Il risultato finale è una progressiva perdita del controllo motorio, cognitivo e comportamentale. I sintomi compaiono in genere a mezza età e peggiorano costantemente, portando alla perdita dell’autonomia e, nel giro di 15-20 anni, al decesso.
Purtroppo la malattia appartiene alla categoria delle patologie ereditarie autosomiche dominanti. Ciò significa che ogni discendente di un individuo affetto avrà un rischio del 50% di ereditare il gene mutato e sviluppare dunque la malattia. Ad oggi non esistono cure in grado di rallentarne il decorso.
LA CURA CON AMT-130
Come per molte delle malattie genetiche, una delle possibili soluzioni è rappresentata dalla terapia genica. Ma a differenza di quella classica, la terapia con AMT-130 è finalizzata a far produrre nei neuroni delle molecole capaci di bloccare la sintesi della proteina huntingtina mutata. In particolare AMT-130 utilizza un virus reso innocuo come vettore per portare nei neuroni una sequenza di RNA che viene trasformata in piccoli frammenti capaci di interferire con l’espressione del gene huntingtin. In questo modo si riduce la produzione della proteina tossica responsabile della malattia. La somministrazione avviene tramite un intervento neurochirurgico: i medici praticano piccoli fori nel cranio e, sotto guida di risonanza magnetica, infondono la terapia in aree specifiche del cervello.
I RISULTATI
Lo studio ha coinvolto 29 pazienti trattati con AMT-130, divisi in due gruppi a seconda della dose ricevuta. I loro risultati sono stati confrontati con quelli di centinaia di persone con Huntington seguite in un ampio registro internazionale che descrive l’evoluzione naturale della malattia.
Nei pazienti che hanno ricevuto la dose più alta, la terapia ha rallentato del 75% la progressione della malattia secondo la scala clinica più usata per valutarne l’andamento (cUHDRS). Dopo tre anni, i trattati avevano perso in media 0,38 punti contro 1,52 punti dei controlli.
Anche un altro indicatore chiave, la capacità funzionale totale (TFC) – che misura la possibilità di lavorare, guidare e svolgere le attività quotidiane – ha mostrato un rallentamento del 60% rispetto ai controlli.
Segnali positivi sono emersi anche su altri test che misurano le funzioni cognitive e motorie. In particolare:
- nel test di velocità di elaborazione mentale (SDMT) la progressione è stata rallentata dell’88%;
- nella prova di lettura (SWRT) l’effetto è stato ancora più marcato, con un rallentamento del 113%;
- nella valutazione delle capacità motorie globali (TMS) si è osservata una tendenza a un rallentamento del 59%, anche se non statisticamente significativa.
Infine, è stata rilevata una riduzione media dell’8% dei livelli di neurofilamenti nel liquido cerebrospinale, una proteina considerata un marcatore affidabile di danno neuronale.
I PROSSIMI PASSI
Secondo gli esperti, si tratta dei dati più incoraggianti mai ottenuti in questo ambito. Per la malattia di Huntington, ad oggi, non esiste ancora alcun farmaco in grado di cambiare il corso della patologia. Uniqure prevede di presentare la richiesta di approvazione accelerata alla Food and Drug Administration (FDA) nei primi mesi del 2026. Se accolta, AMT-130 potrebbe essere disponibile per i pazienti già entro la fine dello stesso anno. Restano però sfide importanti: la procedura chirurgica invasiva, che potrebbe limitarne la diffusione, e la necessità di confermare la durata del beneficio a lungo termine. Nonostante questi limiti, i dati rappresentano un passo senza precedenti verso un trattamento in grado di modificare il decorso della malattia.