Dimmi che DNA hai e ti dirò quali malattie potresti sviluppare. È questo, in estrema sintesi, il principio alla base della futura medicina predittiva: leggere nel genoma -ma non solo- le tracce del rischio individuale, per intervenire prima che la malattia si manifesti. Ed è proprio a questo tema che guarda il premio “Lombardia è Ricerca” 2025 assegnato a i pionieri Douglas F. Easton (Centre for Cancer Genetic Epidemiology all’University of Cambridge) e Mark Caulfield (Queen Mary University di Londra). I due scienziati, grazie alla loro decennale attività di ricerca, stanno contribuendo a riscrivere il modo di fare prevenzione nel campo delle malattie oncologiche e cardiovascolari. I loro studi, si legge nella motivazione, hanno permesso di identificare geni e varianti che influenzano la suscettibilità queste malattie con effetti concreti su diagnosi precoce, prevenzione e medicina di precisione.
La premiazione avverrà la mattina dell’8 novembre al Teatro alla Scala di Milano nel corso della Giornata della Ricerca in memoria di Umberto Veronesi, promossa da Regione Lombardia in collaborazione con Fondazione Veronesi.
QUANDO IL CANCRO È QUESTIONE DI GENETICA
Le probabilità di ammalarsi di tumore nel corso della propria vita dipendono da una infinità di variabili quali gli stili di vita, l'esposizione a sostanze cancerogene e la predisposizione individuale. Se alcune possono essere controllate riducendo così il rischio, altre sono irrimediabilmente scritte nel nostro DNA. Attenzione però alle facili conclusioni: essere portatori di mutazioni che predispongono allo sviluppo di un tumore significa avere un rischio maggiore di svilupparne uno. Il caso più noto è quello dei BRCA, geni che quando sono mutati aumentano il rischio di sviluppare in primis un tumore al seno e un tumore all'ovaio (e in misura minore a prostata e pancreas). Scoperti negli anni '90, anche grazie alle ricerche di Easton, oggi vengono "ricercati" correntemente sia per scegliere come fare prevenzione sia per orientare le terapie anticancro.
Ma le mutazioni nei geni BRCA non sono le sole. Nel tempo sono emersi anche altri geni che, se mutati, aumentano il rischio di sviluppare la malattia. Un esempio sono PALB2, CHEK2, ATM, RAD51C e RAD51D. La presenza di questi "difetti" però pone un problema di interpretazione poiché non tutte le mutazioni "pesano" in egual modo. Non solo, tali mutazioni devono essere inserite in un contesto più ampio che tenga conto di altre variabili individuali. Ed è proprio per questa ragione che negli anni sono nati diversi progetti volti a quantificare il cosiddetto Polygenic Risk Score, una misura che tiene conto di centinaia di piccole variazioni genetiche diffuse nella popolazione.
CALCOLARE IL RISCHIO INDIVIDUALE
In questo contesto il contributo di Easton è stato fondamentale: dai primi studi sui geni BRCA1 e BRCA2 fino alla guida di grandi consorzi internazionali come il Breast Cancer Association Consortium (BCAC), il Consortium of Investigators of Modifiers of BRCA (CIMBA) e il PRACTICAL, dedicato al carcinoma della prostata, Easton ha contribuito a individuare centinaia di varianti genetiche associate a un aumento del rischio di tumore al seno, all’ovaio e alla prostata. La sua ricerca ha permesso di passare dall’analisi di singole mutazioni rare all’integrazione di molteplici fattori genetici in un unico modello di previsione del rischio.
È da questo approccio che è nato BOADICEA, un algoritmo sviluppato a Cambridge per stimare la probabilità individuale di ammalarsi, combinando informazioni su geni ad alto rischio (come BRCA, PALB2, CHEK2, ATM), punteggi poligenici, storia familiare, caratteristiche ormonali, dati provenienti dall'imaging e stili di vita. BOADICEA -oggi reso disponibile in forma clinica attraverso la piattaforma CanRisk- rappresenta uno degli strumenti più avanzati al mondo per personalizzare la prevenzione e lo screening nei tumori femminili e maschili su base genetica. Il risultato finale dell'integrazione dei diversi dati è una stima numerica della probabilità di sviluppare un tumore al seno (o all’ovaio) nei successivi 10 anni e nel corso della vita e una classificazione del rischio in tre categorie (basso, intermedio, alto), usata per guidare le decisioni cliniche.
NON PIÙ SCREENING BASATI SULL'ETÀ
Ma in cosa consiste, nella pratica, uno screening personalizzato calcolato con Canrisk? Ad oggi gli screening oncologici sono concepiti, salvo rare eccezioni dovute a familiarità conclamata, avendo come criterio quello anagrafico. Da tempo però la ricerca ha mostrato l'utilità di inserire nuovi criteri poiché, a parità di età, non siamo affatto tutti uguali. Attraverso gli indicatori ottenuti tramite Canrisk alcune nazioni europee hanno incominciato ad avviare progetti pilota di screening personalizzati. Un esempio è l'Inghilterra, dove i progetti PROCAS, CanRisk Implementation Study e MyPeBS-UK si stanno ponendo l'obiettivo di spostare lo screening mammografico per età a uno screening stratificato sul rischio individuale.
Progetti simili sono nati anche in Nord Europa e in particolare in Danimarca e Norvegia. I risultati preliminari sembrerebbero indicare che uno screening calibrato sul rischio genetico è non solo fattibile, ma anche efficace: permette di individuare più precocemente i tumori nelle donne ad alto rischio e, al tempo stesso, di ridurre esami superflui in chi ha una probabilità molto bassa di ammalarsi, senza aumentare ansia o ridurre l’adesione ai controlli. Dati ancora incompleti che sembrano però indicare la bontà di questo approccio.
NON SOLO CANCRO: LA GENETICA DELL'IPERTENSIONE
Se Easton ha rivoluzionato la genetica dei tumori, Mark Caulfield ha fatto lo stesso nel campo delle malattie cardiovascolari. Medico e genetista alla Queen Mary University of London, è stato tra i primi a dimostrare che anche nel caso dell’ipertensione -uno dei principali fattori di rischio per ictus e infarto- una parte del rischio è scritta nel DNA. Inizialmente impegnato nello studio delle rare forme ereditarie di ipertensione, nel tempo Caulfield ha guidato grandi progetti di genetica di popolazione come l’International Consortium for Blood Pressure (ICBP) e la UK Biobank, che hanno permesso di identificare centinaia di varianti genetiche associate alla regolazione della pressione arteriosa e al rischio di eventi cardiovascolari.
Queste scoperte hanno aperto la strada alla costruzione di punteggi poligenici di rischio anche per l’ipertensione, capaci di stimare con anni di anticipo chi è più predisposto a svilupparla. Un approccio che consente di intervenire prima, personalizzando controlli e strategie preventive. In prospettiva, conoscere il proprio profilo genetico potrebbe aiutare i medici a stabilire chi beneficia maggiormente di modifiche dello stile di vita o di una terapia precoce, spostando l’attenzione dalla cura alla prevenzione.
PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE
Da questa visione nasce anche l’impegno di Caulfield come direttore scientifico di Genomics England, il programma nazionale che ha dato vita al celebre 100.000 Genomes Project. L’iniziativa, avviata nel 2012, ha portato al sequenziamento del genoma di decine di migliaia di persone con malattie rare e tumori, creando un modello di riferimento mondiale per l’integrazione della genomica nella pratica clinica. Oggi quella infrastruttura è alla base di nuovi programmi del Servizio Sanitario britannico dedicati proprio alla prevenzione genomica delle malattie comuni, inclusa l’ipertensione.
I primi progetti pilota –come Our Future Health e il Cardiovascular Genomics Programme – stanno valutando la possibilità di offrire ai cittadini un profilo genetico di rischio per le principali patologie cardiovascolari. L’obiettivo è semplice ma ambizioso: anticipare la malattia prima che compaia la prima alterazione clinica, trasformando il DNA in uno strumento di salute pubblica. Al momento il tutto è ancora in una fase sperimentale, lontana dall’applicazione strutturata raggiunta in ambito oncologico. Tuttavia quanto si sta ottenendo in campo oncologico dimostra che la genomica può diventare anche nel cardiovascolare la chiave per una prevenzione sempre più precoce e personalizzata, capace in futuro di affiancare i tradizionali programmi di controllo della pressione e del rischio metabolico.
