Più della metà degli annegamenti in piscina riguarda bambini fino a 12 anni e, in generale, delle circa 330 persone che muoiono ogni anno per questo motivo, il 12% ha meno di 18 anni. Lo evidenzia il secondo rapporto – in via di pubblicazione – dell’Osservatorio per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti e incidenti in acque di balneazione.
In occasione della Giornata Mondiale della Prevenzione dell’Annegamento, istituita dalle Nazioni Unite e celebrata ogni anno il 25 luglio, rilanciamo l’attenzione sul tema, ancora sottovalutato. Oltre ai dati del nuovo rapporto, parliamo della campagna informativa dell’Istituto Superiore di Sanità che, insieme a nove Regioni, ha realizzato un video con consigli pratici rivolti ai genitori, spesso vittime di false convinzioni sulla sorveglianza dei propri figli in acqua.
Scopriamo dati e consigli utili per tutelare la sicurezza dei più piccoli in mare, lago e piscina.
I DATI
Il rapporto raccoglie dati di diversa provenienza, tra cui i database dell’ISTAT e un’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità attraverso l’analisi degli articoli sugli incidenti da annegamento sui diversi media nazionali. Ecco i dati principali.
In Italia muoiono ogni anno per annegamento in media circa 328 persone, di tutte le età. Nei 5 anni dal 2017 al 2021 (dati Istat), sono morte per annegamento 1642 persone. Di queste, il 12.5%, ovvero 206, aveva un’età dagli 0 ai 19 anni. Si tratta di circa 41 decessi ogni anno che riguardano bambini o ragazzi adolescenti, con i maschi che rappresentano un cospicuo 81% di tutte le mortalità per annegamento in età pediatrica. A morire per annegamento ogni anno, in media, sono 4 persone su un milione.
I casi aumentano con l’aumentare dell’età, anche se non in maniera lineare (la fascia di età 1-4 anni presenta più casi di quella 5-9 anni), fino ad arrivare agli adolescenti, che da soli coprono il 53.4% di tutti gli annegamenti da 0 a 19 anni. Nella quasi totalità dei casi, il bambino – che non sa nuotare - annega perché sfuggito all’attenzione dei genitori, cade in acqua o finisce, giocando, nell’acqua fonda.
OCCHIO ALLE PISCINE
Le piscine, specialmente quelle domestiche, rappresentano un fattore di rischio crescente: il 53% degli annegati in piscina ha meno di 9 anni
«L’acqua, anche quando è una pozza o uno stagno, esercita un’attrazione fatale su qualsiasi bambino», spiega Fulvio Ferrara, curatore del rapporto. «Un bambino caduto in acqua può scomparire alla vista in meno di 20 secondi».
COSA NON FARE
Negli articoli di cronaca ricorre spesso l’espressione “il bambino è sfuggito al genitore”, perso di vista per pochi istanti. Una delle cause più frequenti di annegamento infantile è infatti la mancata o inadeguata supervisione da parte degli adulti.
Secondo un’indagine ISS, mentre sorvegliavano i figli in prossimità dell’acqua:
- il 38% degli adulti parlava con altri,
- il 18% leggeva,
- il 17% stava mangiando,
- l’11% era al telefono.
Inoltre:
- il 48% dei genitori di bambini tra 0 e 12 anni riteneva erroneamente che avrebbe sentito urla o schizzi in caso di difficoltà,
- il 56% credeva che la responsabilità principale fosse del bagnino,
- il 32% lasciava i bambini completamente incustoditi in piscina per oltre 2 minuti.
I CONSIGLI DA SEGUIRE
Nel video – realizzato con Friuli Venezia Giulia, Liguria, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto e Sicilia – il pesciolino Salvo spiega ai genitori come comportarsi in acqua.
Ecco le raccomandazioni principali:
- Fare il bagno in acque sorvegliate da personale qualificato.
- Evitare il bagno con mare mosso o in presenza di correnti.
- Seguire la segnaletica e le istruzioni dei bagnini.
- Sorvegliare costantemente i bambini vicino a qualsiasi specchio d’acqua, soprattutto nelle piscine domestiche.
- Iniziare presto l’educazione all’acquaticità e insegnare a nuotare.
- Non entrare in acqua subito dopo aver mangiato o dopo lunga esposizione al sole.
- Evitare tuffi in zone sconosciute o non protette.
«Instaurare un corretto rapporto con l’acqua è fondamentale per la crescita dei nostri bambini, e con alcune attenzioni si possono ridurre i rischi che inevitabilmente sono connessi a questo elemento», afferma Andrea Piccioli, Direttore Generale dell’ISS. «Uno speciale ringraziamento va alle Regioni: insieme possiamo aumentare la diffusione di questa campagna e promuovere una prevenzione più efficace».