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Serena Zoli
pubblicato il 22-08-2019

La prima pandemia di peste ricostruita con otto genomi



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Il flagello durò 200 anni. Resti umani recuperati da antiche tombe in tutta Europa mostrano che il bacillo fu lo stesso ovunque

La prima pandemia di peste ricostruita con otto genomi

Ritrovati otto nuovi genomi della prima pandemia di peste di cui si abbia notizia che imperversò in tutt’Europa e nel bacino del Mediterraneo per circa 200 anni. Scoppiata nell’impero romano orientale nel 541 d. C., ha preso il nome dell’imperatore regnante, Giustiniano I. La cosiddetta “peste di Giustiniano”, dunque, che viene considerata estinta solo nel 750 d. C. A ricostruire e analizzare gli otto genomi antichi è stato un team del Max Planck Institute for the Science of Human History di Monaco di Baviera.

L’interesse della ricerca, riportata sulla rivista Pnas, era individuare quali o quanti ceppi di batteri fossero stati all’origine della (cosiddetta) prima pandemia. Ricostruendo antichi Dna, raccontano i ricercatori tedeschi, finora si era dimostrata come causa del flagello un unico ceppo del batterio Yersinia pestis. Con la loro indagine, invece, sono riusciti a meglio delineare l’estensione geografica e a dimostrare delle micro-diversità nell’agente patogeno all’inizio del Medioevo, dove sono stari rinvenuti gli stessi due fattori di virulenza.

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“RISORTI” DALL’ARCHEOLOGIA

Un attimo per specificare che cosa si intende per pandemia, dal greco pan-demos, “tutto il popolo”: è un'epidemia la cui diffusione interessa più aree geografiche del mondo, con un alto numero di casi gravi ed una mortalità elevata. La Prima pandemia spazzò via il 25 per cento della popolazione del mondo romano del tempo. Gli studiosi del Max Planck dichiarano di aver prelevato resti umani da 21 siti archeologici con numerose sepolture in Austria, Gran Bretagna, Germania, Francia e Spagna. In questo modo sono riusciti a ricostruire gli 8 nuovi genomi di Yersinia pestis ed hanno potuto comparare questi ceppi dell’epidemia con i ceppi antichi e moderni già resi noti. E’ emerso che il batterio ha subito delle modificazioni diversificandosi, cosa che finora non si sapeva.

LA PESTE ATTRAVERSO’ LA MANICA

Abbiamo anche trovato – raccontano gli scienziati tedeschi - la prima evidenza genetica che la piaga arrivò fino all’Inghilterra, indagando nel cimitero anglo-sassone di Edix Hill. «I nuovi genomi hanno rivelato – spiega il dottor Marcel Keller – che esistevano molti ceppi, strettamente legati, di Yersinia pestis che circolavano durante i 200 anni della Prima pandemia, alcuni forse convivendo nelle stesse aree e negli stessi tempi». Scrive un altro ricercatore, Johannes Krause: «Questo studio mostra il potenziale della ricerca paleogenomica per capire le pandemie sia moderne sia antiche, confrontando i genomi attraverso i millenni».

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L’ORIGINE RESTA IGNOTA

Un limite non superato nell’indagine: non riuscire a chiarire dove e come sia sorta la peste di Giustiniano. Ci sono indicazioni genetiche che puntano, molti secoli prima, verso l’Asia centrale, tuttavia non sono sufficienti per un’affermazione precisa. Quanto poi al fatto che tutti i genomi della Yersinia pestis finora scoperti appartengano allo stesso lignaggio indica la persistenza del flagello in Europa o nel bacino del Mediterraneo per tutti i duecento anni della prima pandemia: non si trattò di varie ondate di peste immesse più volte dall’esterno. 

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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