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Antonella Cremonese
pubblicato il 26-05-2012

Per non dimenticare il testamento biologico



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E’ stata lanciata una mobilitazione per rimettere in discussione e cambiare la legge che riconosca il diritto di non soffrire e rifiutare idratazione e alimentazione artificiale

Per non dimenticare il testamento biologico

E’ stata lanciata una mobilitazione per rimettere in discussione e cambiare la legge che riconosca il diritto di non soffrire e rifiutare idratazione e alimentazione artificiale

Mobilitarsi per una nuova stagione dei diritti civili, come quella che negli anni ’70 conquistò (nonostante fosse crisi anche allora: due choc petroliferi e il debito pubblico al 20  per cento) la legge sul divorzio, sull’interruzione di gravidanza e sulla scuola media unica.

La proposta è stata lanciata a Milano, con l’obiettivo di  rimettere in discussione in Parlamento il testamento biologico e ottenere una legge «dalla parte dei cittadini», non l’attuale testo che non riconosce la volontà del paziente di rifiutare idratazione e  alimentazione artificiale.

La sostengono Umberto Veronesi, lo scrittore Carlo Troilo che ha appena pubblicato un libro sull’argomento («Liberi di morire», Rubbettino editore, euro 15), Marco Cappato  dell’Associazione «Luca Coscioni», l’anestesista Mario Riccio che fu il medico di Piergiorgio Welby, e il coraggioso padre di Eluana, Beppino Englaro. 

OPINIONE LAICA

Un primo passo sarà quello d’impegnare i partiti ad ascoltare la volontà dei cittadini. Come dice Troilo, «Ora c’è il governo tecnico, però si tornerà alla politica. Dobbiamo pretendere dai partiti che mettano nero su bianco quello che pensano sui diritti civili.

L’opinione laica del Paese, minoritaria in Parlamento, si è sempre confermata maggioritaria in tutti i sondaggi: il 60-70 per cento dei cittadini vogliono poter decidere come morire. Ma è una maggioranza che viene silenziata. C’è una soffocante ingerenza del Vaticano.»

SCELTA DI LIBERTA’

Umberto Veronesi, che si sdegnò quando il testo di legge presentato in Parlamento fu rimaneggiato fino ad essere irriconoscibile, e affermò con amarezza che allora era meglio non avere nessuna legge, adesso riparte con l’ostinata fiducia che gli è propria: «Sì, i tempi sono maturi, bisogna cominciare a programmare delle azioni.

Vivere è un diritto, non un dovere, e la medicina deve porsi dei limiti, perché non tutto quello che è possibile fare deve essere fatto. L’ho scritto in un libro, Il diritto di morire. Tra i diritti civili della persona c’è anche il diritto di scegliere come morire, e il tema del fine vita s’incrocia con un tema anche più importante, che è l’autodeterminazione.

C’è chi dice che la vita non ci appartiene, e che non possiamo deciderne la fine. Ovviamente, io non credo nella sacralità della vita, e penso che siamo maturi a sufficienza per decidere noi. Ai miei figli, ho insegnato che i pilastri della nostra vita non sono Dio, patria e famiglia. Ma libertà, responsabilità e solidarietà».

Appassionato di film, Umberto Veronesi racconta di aver visto tutti quelli che parlano di eutanasia: Le invasioni barbariche, Il paziente inglese, Il mare dentro, Million dollar baby: «Quando si riaccendeva la luce in sala, mi guardavo intorno per vedere come venivano accettati dagli spettatori. E sentivo che non un solo spettatore si sarebbe opposto a quell’aiuto dato con le lacrime agli occhi.

L’opinione pubblica è matura, la classe medica è matura. Per questo dico che il momento è arrivato, e che dobbiamo batterci perché sia rispettata l’autodeterminazione. Purtroppo i giornali e i politici hanno paura d’infrangere la loro popolarità nel mondo cattolico.

Ma la democrazia come la conosciamo adesso è destinata a lasciare lo spazio alla democrazia partecipativa, e i politici l’hanno capito. Per questo senatori e deputati vanno a vedere i blog e i twitter. Io credo che in un futuro molto prossimo non potranno non tenerne conto. Il mondo cambia in fretta, molto più in fretta delle scadenze elettorali.»

INGANNI POLITICI

Mario Riccio, l’anestesista che pagò di persona l’aiuto dato a Piergiorgio Welby e fu accusato e poi prosciolto dall’accusa di aver praticato l’eutanasia, parla d’inganni, e di un linguaggio neo-orwelliano con cui la politica  cerca di provocare confusione: «Il disegno di legge fermo al Senato è contraddistinto dall’acronimo DAT. Ma non significa disposizioni anticipate di trattamento, come i politici vogliono far credere. Significa invece dichiarazioni, senza nessun valore obbligante per i medici che avranno in cura il moribondo. »

In Italia, l’area cattolica ha osteggiato apertamente il testamento biologico, sostenendo che potrebbe aprire la strada all’eutanasia, ma Veronesi ricorda che la legge passata nei Paesi Bassi è molto severa, ed è soltanto una «deroga», perché si limita a depenalizzare un’azione che resta di rilievo penale, e prescrive controlli rigorosissimi. Marco Cappato, che condivise la lunga e penosissima battaglia di Luca Coscioni, è indignato: «Ci accusano di strumentalizzare i malati, quando è vero il contrario.

UN COLPO ALLA DEMOCRAZIA

Rifiutando  di dare regole  assestano un colpo enorme alla democrazia e autorizzano le anestesie clandestine. Ricordiamoci lo studio fatto dall’Istituto Mario Negri nel 2006: su 250mila pazienti ricoverati in un reparto di rianimazione, ogni anno ne muoiono 16mila per eutanasia non dichiarata. Siamo sicuri che sia stato sempre per pietà, e non magari per un interesse dei parenti ed altri motivi turpi?»

Beppino Englaro porta in sé tutta l’angoscia delle persone semplici catapultate all’improvviso in un incubo durato troppi anni: «Sono trascorsi 20 anni e 2 mesi da quando cercai di dare voce a mia figlia, che mai avrebbe voluto vivere così. Volevo sapere quando si può dire no, grazie all’offerta terapeutica, sapere se la Medicina è al servizio della non-morte oppure della persona.» 


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