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Alessandro Vitale
pubblicato il 16-12-2019

Nuovi strategie per il neuroblastoma ad alto rischio



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I nuovi farmaci in grado di potenziare il sistema immunitario contro il tumore rappresentano una prospettiva interessante anche per i neuroblastomi ad alto rischio. La ricerca di Valeria Lucarini

Nuovi strategie per il neuroblastoma ad alto rischio

Il neuroblastoma è una forma tumorale prevalentemente pediatrica che origina da cellule del sistema nervoso periferico, cioè l’insieme dei neuroni presenti in tutto il corpo che controllano attività involontarie come il respiro e la frequenza cardiaca. Questo tumore colpisce tanto i neuroni (da qui il nome «neuro») quanto le cellule immature in fase di sviluppo («blastoma»): circa un neuroblastoma su tre origina a livello delle ghiandole surrenali, uno su quattro nei gangli nervosi presenti nell'addome e la maggior parte dei casi rimanenti nei gangli lungo la colonna vertebrale a livello del collo, del torace o pelvico.

Il decorso della malattia è variabile, e dipende molto dal momento in cui il tumore viene identificato. In particolare, la tipologia di neuroblastoma «ad alto rischio» è caratterizzata da metastasi e da una prognosi sfavorevole. Da qui la necessità di sviluppare nuove tecniche di intervento. Tra le opzioni più promettenti c’è l’immunoterapia, l’insieme di tecniche che vuole addestrare o riattivare le cellule del sistema immunitario contro i tumori per eliminarli.

Su questi temi si concentra il lavoro di Valeria Lucarini, ricercatrice all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, che porta avanti il suo progetto col sostegno di una borsa di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi.  

 

Valeria, il tuo progetto è dedicato al neuroblastoma e in particolare al microambiente tumorale, il «luogo» dove il tumore si sviluppa. Perché è così importante?

«Il microambiente tumorale svolge un ruolo cruciale nella progressione del cancro. Il trattamento con i farmaci chemioterapici classici stimola il richiamo di cellule immunitarie nel microambiente in diversi tipi di tumori solidi, come nel neuroblastoma. Queste cellule immuni, però, sono poco efficaci nel combattere il tumore».

 

Come mai?

«La ricerca ha identificato i cosiddetti checkpoint immunitari ("posti di blocco" che impediscono al sistema immunitario di diventare troppo distruttivo aggredendo anche le cellule sane, ndr). Questi meccanismi di blocco sono importanti, ma alcuni tumori li sfruttano per ridurre la risposta immunitaria contro il tumore stesso. Oggi però sono state sviluppate nuove terapie chiamate inibitori del checkpoint immunitario, capaci di sbloccare il sistema immunitario e rinvigorire la risposta antitumorale».

 

Qual è l’obiettivo del tuo progetto?

«La chemioterapia classica e gli inibitori del checkpoint immunitario possono essere utilizzati insieme, ma attualmente non abbiamo informazioni sulla loro efficacia combinata nel neuroblastoma, il tumore solido extracranico più comune dell'infanzia, responsabile del 15 per cento delle morti per cancro in età pediatrica. In breve, questo progetto vuole valutare le potenzialità dei due approcci combinati nel neuroblastoma».

 

Come riuscirete a stabilire l’efficacia?

«Utilizzeremo una tecnica  in vitro chiamata “organo-su-chip”, che consente di monitorare in tempo reale il movimento e le interazioni delle componenti cellulari presenti nel microambiente tumorale, come neuroni e cellule del sistema immunitario. In questo modo sarà possibile avere una riproducibilità sperimentale sovrapponibile a ciò che avviene in vivo. Proveremo diversi farmaci chemioterapici e inibitori del checkpoint. La combinazione più promettente verrà successivamente sperimentata in modelli murini. In questo modo identificheremo nuovi approcci terapeutici per potenziare le risposte immunitarie nel neuroblastoma ad alto rischio».

 

Valeria, sei mai stata all’estero per un’esperienza di ricerca?

«Non sono mai stata all'estero, è un'esperienza che mi manca e che mi piacerebbe fare un giorno. Sicuramente potrebbe essere un'ottima opportunità di crescita personale e professionale».

 

Ricordi il momento in cui hai capito che la tua strada era quella della scienza?

«Sono sempre stata una bambina molto curiosa e la medicina in generale mi ha sempre appassionato molto. Al liceo, poi, aspettavo con ansia le lezioni di biologia, soprattutto le lezioni di laboratorio, ma è all'università che ho realmente capito che questa poteva essere la mia strada».

 

Un momento della tua vita professionale da incorniciare e uno da dimenticare.

«L’istante in cui ho visto il mio nome sul mio primo paper, un momento che non dimenticherò mai. Momenti difficili in questi anni ce ne sono stati molti, ma nessuno da dimenticare».

Cosa ti piace di più della ricerca?

«Il fatto che è un lavoro che ti sottopone a continui stimoli, non monotono e nel quale non ci si può mai annoiare».

 

E cosa invece eviteresti volentieri?

«I contratti che oggi vengono proposti ai ricercatori: ci sottopongono ad anni di precarietà e allontanano moltissimi giovani dalla ricerca».

 

Hai un modello di vita che ti ispira?

«Sicuramente i miei genitori, sono persone molto tenaci che mi hanno insegnato a non mollare alle prime difficoltà ma a insistere e perseguire i miei obiettivi, anche quelli che sembrano irraggiungibili».

 

Cosa avresti fatto se non avessi fatto la ricercatrice?

«La biologia è una materia che mi ha sempre appassionata fin da piccola perciò non saprei vedermi in una veste diversa. Probabilmente avrei fatto comunque la biologa, concentrandomi di più sulla parte diagnostica».

 

C’è un significato più profondo che ti motiva e dà senso alle tue giornate lavorative?

«Il sapere che quello che faccio non è fine a se stesso, che i piccoli risultati raggiunti un giorno potranno essere utili per capire le malattie che oggi si conoscono poco e per le quali non sempre c'è una terapia efficace».

 

Sei felice della tua vita?

«Sì. Nonostante le tante difficoltà che ci sono per i giovani d’oggi mi ritengo fortunata, ho un lavoro che mi piace e mi appassiona, e una famiglia fantastica che mi sostiene e incoraggia in tutto quello che faccio».

 

Raccontaci di Valeria nel tempo libero.

«Mi piace molto viaggiare, il cinema, il teatro e ho una grandissima passione per i libri. Leggere mi rilassa ed è una cosa a cui dedico quasi tutto il mio tempo libero».

 

C’è una cosa che vorresti assolutamente almeno una volta nella vita?

«Essendo appassionata di viaggi, non posso che rispondere il giro del mondo».

 


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